Ho iniziato la mia attività artistica elaborando un surrealismo lirico in cui emergevano soprattutto le condizioni esistenziali dell'uomo contemporaneo. Successivamente mi sono gradualmente spostato sull'arte informale e soprattutto concettuale, ad esempio con un ciclo di opere che tematizzavano la "firma" come espressione della singolarità dell'individuo, ma anche come marca o brand di un'artista presente nel mercato. Nel 2003 ho conosciuto e ho lavorato con Shozo Shimamoto del Gruppo Gutai, con il quale ho fatto diverse mostre, dalla 50. Biennale di Venezia a una mostra presso il Trevi Flash Art Museum (2005), alla quale tra l'altro partecipò Ben Vautier. Negli anni 2004-2012 mi sono dedicato a delle performance multimediali e all'utilizzo di software IA per generare dei pensieri astratti. Da qui il progetto per un evento collaterale alla Biennale del 2009 (Blue Zone) e del 2013 (Overplay). La mia idea è che l'arte contemporanea debba essere poliedrica e, quindi, debba utilizzare tutte le tecniche e le discipline disponibili per esprimere dei concetti. Non si tratta di tradurre linguisticamente un pensiero, perché per questa cosa ci sono già la scienza e la filosofia, ma di far sì che un'idea diventi emozione, che tocchi l'anima e il cuore. Non dobbiamo pertanto più pensare al cliché di un'artista che deve distinguersi per uno stile, un tratto, una tecnica specifica da lui elaborata: si tratta di "far sentire" alla gente il mondo che stiamo vivendo e i cambiamenti epocali che ci aspettano, e ciò con tutti i mezzi a disposizione, dalla perfomance alla musica, dall'installazione alla pittura, dall'opera digitale alla più pura elaborazione software.