Fulvio Morella

Sculptor
Tovo di Sant'Agata
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Fulvio Morella, nato a Grosio (Sondrio) nel 1971, è noto per aver portato la tornitura del legno nell’arte contemporanea. Si può dire che sia cresciuto con il legno: fin dall'infanzia ha imparato ad amare questa materia nella falegnameria del padre, che ha affiancato fin da ragazzo. Dalla fine degli anni '90 Morella lascia le tecniche della lavorazione del legno imparate in famiglia per approcciare la tornitura del legno, alla base di tutte le sue opere. Il suo obiettivo è non solo scardinare l'idea di tornitura intesa come tecnica per la realizzazione di oggetti di design "rustici", ma superare il confine tra arte e design. La creatività non ha né forme né confini prestabiliti.

Da anni lavora nel settore bancario e ha deciso di approcciare il legno in modo diverso, come materia di ricerca estetica e concettuale, al di là della funzionalità. L'artista nega la funzionalità delle forme di design evocate dalle proprie opere. Determinante per la maturazione di tale approccio è stata la lunga conoscenza - anche lavorativa - con Laura de Santillana, maestra del vetro prematuramente scomparsa, e con Franco Mazzucchelli, noto a livello internazionale per le sue opere d'arte gonfiabili in PVC. Dalla collaborazione con Franco Mazzucchelli è nata una fortunata serie di opere - “I Bifacciali” - esposte a Milano e a Venezia in occasione della Biennale Arte del 2019.

La ricerca artistica di Fulvio Morella è la conseguenza di una continua ricerca - artistica e tecnica - sulla materia lignea e sull'interazione tra il legno e gli altri materiali. Negli anni la scelta materica è sempre più diventata una questione di contenuto: la materia diventa concetto per l'artista che unisce sempre nei suoi lavori l'armonia delle forme e dei colori a un concetto che permea il senso del lavoro, al di là della sola apparente astrazione. Forme geometriche, curve prive di eccessi e di fronzoli sono invece i segni distintivi della sua ricerca visiva. Nulla è un caso e la tensione alla perfezione e alla pulizia delle forme è una costante nelle sue opere. Per perseguire tale ambizione, da anni la ricerca visiva è solo l'ultimo anello di un lungo processo di sperimentazione e progettazione non solo materica, ma anche strumentale: fondamentale per l'artista è in primo luogo lo studio e la realizzazione di strumenti di lavoro all'altezza dell'obiettivo di superare i limiti della materia e della storia del legno. Da qui la necessità di ideare, progettare e spesso realizzare personalmente anche gran parte dell'attrezzatura impiegata. Un vecchio tornio in lastra è stato così riadattato meccanicamente alla lavorazione del legno, numerosi nuovi accessori sono stati progettati e infine realizzati dallo stesso artista. Tanti mesi di ricerca sulla strumentazione e la lavorazione interamente manuale hanno come risultato cicli di opere sempre molto limitati, dal momento che Fulvio Morella non crede nella serialità dell'opera d'arte: una volta superato il limite e completata a livello espressivo la sua ricerca, procede con una nuova ricerca e nuovi limiti da superare.

Riflettendo sull'idea di superamento di limite e su un'arte per tutti, inclusiva o meglio olistica, dal 2020 si dedica al progetto Blind Wood, protagoniste di due mostre personali a Milano (al Gaggenau Hub e all'Istituto dei ciechi di Milano in occasione del bicentenario del Braille) promosse dal progetto non-profit Cramum e curate da Sabino Maria Frassà. Morella lavora perciò alla realizzazione di queste opere che sono quadri-scultura in legno e metallo con l'aggiunta di greche stampate in 3D. Tali "greche" non sono soltanto decorative; sono infatti scritte in braille (sempre in più lingue). Le opere quindi devono sempre essere viste e toccate per essere comprese pienamente.

Le forme geometriche che si combinano in raffinate armonie solo a prima vista astratte rimangono la cifra caratteristica di Morella, che nelle ultime mostre osa sempre di più non solo a livello estetico quanto soprattutto esperienziale e performativo. La tornitura del legno, spesso integrata dal braille, è sempre più il punto di partenza per sperimentare insieme allo spettatore nuove prospettive e nuovi superamenti dei limiti. La conclusione della sua ricerca porta però riflettere all'inevitabile parzialità della conoscenza del mondo: siamo tutti limitati e infinitamente capaci. Le persone ipovedenti colgono il senso dell'opera attraverso il tatto, mentre le persone normo-vedenti faticano ad andare al di là della fruizione visiva frontale. La soluzione? Vedere e conoscere insieme il mondo che ci circonda, integrando e supportandoci al di là dei nostri soli apparenti limiti.

Sue opere sono presenti in numerose e prestigiose collezioni private e pubbliche tra cui quella del Museo del Braille di Milano.
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