BIO
Giulia Guasta Guarnaccia (1999) Milano. È una artista digitale una hack-attivista, il suo approccio teorico e pratico è intersezionale e multidisciplinare.
Si è aurate in Nuove Tecnologie dell’Arte all’Accademia di Brera di Milano, sta attualmente frequentando il corso di laurea magistrale in Arti Visive e Studi Curatoriali alla NABA a Milano e un Master in Etica e Intelligenza Artificiale all’Università di Torino.
I suoi lavori e la sua ricerca critica e posizionata è stata pubblicata dal Visual Art Journal nell’edizione #13 con un’intervista focalizzata sulle opere “Data Center[ed] 2024”, “Climate Evidences 2024”, e“Server the Planet 2024”.
“Server the Planet” è stato pubblicato anche sul magazine di Al-Tiba9 nell’edizione #17. “Data Center[ed] 2024” è stata esposta all’interno della mostra collettiva “Connections 2024” organizzata dalla Fondazione Acqua dell’Elba. “Climate Evidences 2024” è stata esposta all’interno della mostra virtuale collettiva “Code 2024” organizzata da. The Holy Art Gallery.
Artist Statement:
Mescola l'impegno sociale con pratiche artistiche variegate che spaziano dalla net art alla scultura. Per comprendere meglio il mondo e la sua complessità stratificata, è cruciale adottare un approccio interdisciplinare e plurale.
Nella società contemporanea, gli artisti sono come i filosofi del passato: c’è un forte bisogno di andare in profondità, osare, gridare ciò che non va e come le persone possano collaborare in modo reciproco. L’arte deve essere sociale e politica, non può essere neutrale, così come il sistema e tutte le sue parti non lo sono. Credere e avere fiducia nella molteplicità, nel plurale, in ciò che è divergente dagli standard è l’inizio di un percorso trasformativo. Ciò che cerca di fare è sempre legato a questioni etiche: c’è un forte bisogno di decostruire noi stessi attraversando privilegi e marginalità in ogni contesto.
Per lei, quindi, l’arte non è solo un vettore, ma anche una forza fisica e sociale. Usare le tecnologie per creare arte che denunci e sensibilizzi sugli impatti delle tecnologie può sembrare una contraddizione, ma in realtà è un modo per restare nel conflitto e credere comunque in un modo diverso di usare i dispositivi. Una risposta anti-tecnologica, per quanto legittima e rispettabile, significherebbe rinunciare alla possibilità di fare qualcosa di diverso. L’arte dovrebbe ripensare la vita e le relazioni, dovrebbe spingere le persone ad agire insieme e non permettere alla dominazione di prevalere.
Giulia Guasta Guarnaccia (1999) Milano. È una artista digitale una hack-attivista, il suo approccio teorico e pratico è intersezionale e multidisciplinare.
Si è aurate in Nuove Tecnologie dell’Arte all’Accademia di Brera di Milano, sta attualmente frequentando il corso di laurea magistrale in Arti Visive e Studi Curatoriali alla NABA a Milano e un Master in Etica e Intelligenza Artificiale all’Università di Torino.
I suoi lavori e la sua ricerca critica e posizionata è stata pubblicata dal Visual Art Journal nell’edizione #13 con un’intervista focalizzata sulle opere “Data Center[ed] 2024”, “Climate Evidences 2024”, e“Server the Planet 2024”.
“Server the Planet” è stato pubblicato anche sul magazine di Al-Tiba9 nell’edizione #17. “Data Center[ed] 2024” è stata esposta all’interno della mostra collettiva “Connections 2024” organizzata dalla Fondazione Acqua dell’Elba. “Climate Evidences 2024” è stata esposta all’interno della mostra virtuale collettiva “Code 2024” organizzata da. The Holy Art Gallery.
Artist Statement:
Mescola l'impegno sociale con pratiche artistiche variegate che spaziano dalla net art alla scultura. Per comprendere meglio il mondo e la sua complessità stratificata, è cruciale adottare un approccio interdisciplinare e plurale.
Nella società contemporanea, gli artisti sono come i filosofi del passato: c’è un forte bisogno di andare in profondità, osare, gridare ciò che non va e come le persone possano collaborare in modo reciproco. L’arte deve essere sociale e politica, non può essere neutrale, così come il sistema e tutte le sue parti non lo sono. Credere e avere fiducia nella molteplicità, nel plurale, in ciò che è divergente dagli standard è l’inizio di un percorso trasformativo. Ciò che cerca di fare è sempre legato a questioni etiche: c’è un forte bisogno di decostruire noi stessi attraversando privilegi e marginalità in ogni contesto.
Per lei, quindi, l’arte non è solo un vettore, ma anche una forza fisica e sociale. Usare le tecnologie per creare arte che denunci e sensibilizzi sugli impatti delle tecnologie può sembrare una contraddizione, ma in realtà è un modo per restare nel conflitto e credere comunque in un modo diverso di usare i dispositivi. Una risposta anti-tecnologica, per quanto legittima e rispettabile, significherebbe rinunciare alla possibilità di fare qualcosa di diverso. L’arte dovrebbe ripensare la vita e le relazioni, dovrebbe spingere le persone ad agire insieme e non permettere alla dominazione di prevalere.