Massimo Falsaci

Photographer, Digital artist, Painter, Artist
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Nato a Cannobio (VB) nel 1974, Massimo Falsaci è un artista Italiano contemporaneo. Il suo linguaggio artistico, iniziato alla fine degli anni '90, parte dall'espressività fumettistica ed editoriale affinata, nelle tecniche e nella soggettivistica, con l' illustratore Karel Thole. E' solo però a partire dal 2000, quando frequenta la scuola milanese di pittura di Gianna Berrettini, che la personale esigenza sperimentale prende piede; Falsaci sperimenterà infatti tutte le diverse tecniche pittoriche: olio, acrilico, acquerello, gessetti, sanguigna e carboncino, arrivando a prediligere il connubio immagine digitale-acrilico. Inizialmente legato al filone della Nuova Figurazione, i suoi lavori hanno sviluppato una rielaborazione asettica dell'immaginario contemporaneo, prelevato dal vivere metropolitano e dalle figure massmediatiche quotidiane. Attraverso le sue opere, Falsaci si propone quale interprete-intermediario dell'evoluzione sociale: se da un lato, il giovane artista, calato concretamente nella modernità, vive in prima persona il cambiamento comunicativo della nostra epoca, dall'altro, proprio come un antico bardo medievale, è capace di trasmettere alla collettività le sfumature più nascoste di questo nostro frenetico mondo, spesso sconosciuto ai più.
Nell'arco del 2010, l'artista-comunicatore Falsaci, (caratterizzato sempre da una pungente e attenta critica verso la civiltà contemporanea), ha introdotto, nel proprio linguaggio rappresentativo, delle sfumature concettuali provenienti dal mondo della rete web. Le sue opere più recenti tendono a rievocare sia fotogrammi pubblicitari, sia sezioni-vetrina di portali internet, dove ogni soggetto/oggetto in vista rivela esclusivamente l'idea “perfetta” del prodotto che si vuole mostrare: sia esso un ponte, un edificio o il profilo umano di una persona. Alla quotidiana richiesta, da parte della società di oggi, di vedere e consumare esclusivamente il bello, il perfetto e l'impersonale, Falsaci risponde proponendo degli insiemi, ironicamente preconfezionati, di “perfezione e bontà ad oltranza”. A quella larga massa di pubblico che desidera non esporsi alle proprie emozioni, questa particolare visione artistica-sociale permette paradossalmente di diventare spettatore della propria esistenza.
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