Yara Piras

Artist
Turin
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Le cose, le entità, i soggetti esistono come entità distinte e separate, chiuse tra confini, ma si coinvolgono reciprocamente, si compenetrano, così come si compenetrano inevitabilmente l’identità e l’alterità. Tuttavia il mutamento, che vede l’alterità direttamente coinvolta in un processo di formazione, non avviene affatto per caso, bensì lungo una direzione del valore universale. L’etimologia della parola identità,  termine derivante dal latino tardo identĭtas -atis come derivazione di idem «medesimo», suggerisce una definizione:  complesso dei dati personali caratteristici e fondamentali che consentono il riconoscimento o garantiscono l’autenticità, specialmente dal punto di vista anagrafico o burocratico. Questa semplificazione efficiente del concetto di identità ha permesso alla società di impadronirsene: di fatto oggi gli individui sono descritti all’interno del nostro contesto sociale da dati e informazioni. Proprio questa declinazione utilitaristica di un concetto così personale, ha trasformato la percezione che gli individui hanno della propria individualità. Di fatto ci si è spogliati di una effettiva essenza legata  all’individuo come uomo.
La mia ricerca ha inizio con il tentativo di riconversione dell’individuo-uomo e la propria identità come essenza dell’uomo stesso e non come carattere descrittivo. In questo contesto la mia profonda attrazione per la fotografia è dettata dalla connessione con questa tematica di fondo. Fotografia come campo di indagine, come specchio della realtà, come altro da se’, come ricerca identitaria. Grandi autori hanno basato le loro progettualità sul concetto ambiguo della fotografia ; Alighiero Boetti mette in crisi l’identità dell’artista firmandosi Alighiero e Boetti, Marchel Duchamp aveva un alter ego femminile Rrose Sellavie ; Francis Beacon, trasfigura i suoi volti per cercarne un moto interiore, Cindy Sherman, affronta il tema in maniera esclusivamente psicologica, dove non sono mai perfettamente chiari i ruoli e le situazioni,Yasumasa Morimura senza freni si identifica ora con Che Guevara e ora Frida Kahlo, ora con Hitler e ora con la Monroe mettendo a dura prova il talento e tutte le forze di identità in gioco.
Nasce quindi Identità n.02 in un contesto legato al concetto di contaminazione d’identità, viene creata un’umanità diversa, ma anche uguale a se stessa. L’esperimento: chi si guarda riconosce una parte di sé, ma anche una parte di quel qualcuno che potrebbe essere, quasi come una ricerca introspettiva di un essere diverso da quello che si è e da ciò che si conosce di se stessi. Alla fine ci si rende conto che ciò che si vede non sempre è ciò che si è. Il concetto di identità viene ampliato in senso più lato, la ricerca verte prettamente sull’indagine del proprio io attraverso la proiezione delle opere trovano la loro dimensione in un contesto che diventa installativo/scultoreo. Il ruolo dell’artista sempre messo in discussione, con naturalezza, da un mezzo prettamente statico e fisso decide di avvicinarsi a un concetto più ampio che dialoga con lo spazio e il tempo.
La funzione fotografica primordiale viene contaminata da queste due variabili. La diversa interazione tra le due con la fotografia ha determinato una modificazione dell’intento originario determinando due punti cardine. Il primo estende il concetto di esposizione fotografica che divine proiezione filmica. Il secondo modifica la presenza diventando predominante l’aspetto motorio-coreografico.
Il cinema dal punto di vista intimo e personale, molto vicino alla visione di Jonas Mekas. Un gigante e un poeta con la macchina da presa. Inspirazioni in Maya Deren, non solo per essere donna, regista sperimentale, ballerina e coreografa ma anche per aver affrontato tematiche affini biograficamente, quali i rituali Haitiani, luogo da dove proviene il mio nome. Diversi possono essere i mezzi espressivi per creare lʼopera. Scelgo il mezzo che mi sembra più adatto per il contenuto che andrò a creare. Il materiale utilizzato è prevalentemente trasparente, solido e in movimento, con un legame ad un tempo passato. Lʼinnovazione risiede nel contenuto, non nel mezzo di cui si usufruisce.
Spesso le installazioni si riferiscono a un passato vissuto in prima persona, a legami di memoria e esperienza, come per esempio, 44.86.96 , creata con bobine mediche alle quali sono legata in modo personale, o crocifissione contemporanea o pianto ai funerali di Mao.
La testimonianza rimane come chiave narrativa in tutti campi di indagine a cui mi pongo.
SHORT BIO
Nata e cresciuta con unʼattenzione particolare verso la fotografia intesa come
forma dʼarte contemporanea.
Con il tempo, maturando pensieri e gusto personale sposta lʼattenzione in
modo particolare allʼarte installativa.
Gli studi di tipo umanistico realizzati negli anni della prima formazione hanno
permesso di conoscere lʼimportanza del pensiero analitico e di rinnegarlo
successivamente.
In seguito consciamente ha scelto un percorso didattico legato ai più sentiti
interessi e pensieri , quali , le arti visive , che hanno permesso
lʼapprofondimento personale del suo percorso.
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ideato e organizzato da exibartlab srl,
Via Placido Zurla 49b, 00176 Roma - Italy
 
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