opera
Candy Skkinn
categoria | Scultura |
soggetto | Politico/Sociale |
tags | |
base | 68 cm |
altezza | 30 cm |
profondità | 15 cm |
anno | 2014 |
In un momento storico in cui si dà maggiore importanza all’apparenza,
più che alla sostanza, il mondo colorato di dolcezze ingannevoli
di Candy Skkinn racchiude una cruda verità.
Caramelle, lecca lecca, pasticcini in dimensioni giganti che,
come uno specchio per allodole, attira il visitatore che, solo in un secondo
momento, rimane colpito da ciò che vi è al suo interno.
Opere che rappresentano l’individuo nella società di oggi,
così preoccupato di apparenza, che ha perso il contatto con la
vera sostanza delle cose: l’identità dell’uomo, unica in ognuno
di noi, viene messa in disparte per preferire un’omologazione di
massa. Guardare dunque oltre la superficie, oltre la pelle che troviamo
all’interno delle opere, la parte esterna, quella che prima vediamo, quella
da cui veniamo attirati. La mano con la sua impronta, le linee, la sua
unicità, aperta, che ci esorta a fermarci, a pensare, a riflettere.
Oggi che tutto va nella direzione dell’omologazione e si tende a
soffocare l’unicità dell’individuo, l’arte deve essere una sorta di denuncia
messa in atto per far riscoprire la consapevolezza dell’unicità
dei nostri corpi, quali individui.
Dolci ingannevoli e tossici, avvolti dal petrolio sotto forma di
plexyglass, di plastica, da cui oggi veniamo soffocati.
Una riflessione sulla direzione che stiamo prendendo in rapporto
con la natura.
I dolci come metafora della vita, che ci assorbe, ci fagocita: i dolci
non indispensabili alla nostra vita sotto forma di bellezza estetica.
Per invogliare ancor di più, ho scelto di riecheggiare la pop art
nei colori e nelle forme degli anni ’50 del Novecento, con le etichette
indicanti gli ingredienti, la scritta “Prodotto Italiano” e il codice a barre,
necessario per il mercato che indica con il numero 8 proprio l’Italia,
seguito dalla data di nascita dell’opera e di quella dell’artista.
più che alla sostanza, il mondo colorato di dolcezze ingannevoli
di Candy Skkinn racchiude una cruda verità.
Caramelle, lecca lecca, pasticcini in dimensioni giganti che,
come uno specchio per allodole, attira il visitatore che, solo in un secondo
momento, rimane colpito da ciò che vi è al suo interno.
Opere che rappresentano l’individuo nella società di oggi,
così preoccupato di apparenza, che ha perso il contatto con la
vera sostanza delle cose: l’identità dell’uomo, unica in ognuno
di noi, viene messa in disparte per preferire un’omologazione di
massa. Guardare dunque oltre la superficie, oltre la pelle che troviamo
all’interno delle opere, la parte esterna, quella che prima vediamo, quella
da cui veniamo attirati. La mano con la sua impronta, le linee, la sua
unicità, aperta, che ci esorta a fermarci, a pensare, a riflettere.
Oggi che tutto va nella direzione dell’omologazione e si tende a
soffocare l’unicità dell’individuo, l’arte deve essere una sorta di denuncia
messa in atto per far riscoprire la consapevolezza dell’unicità
dei nostri corpi, quali individui.
Dolci ingannevoli e tossici, avvolti dal petrolio sotto forma di
plexyglass, di plastica, da cui oggi veniamo soffocati.
Una riflessione sulla direzione che stiamo prendendo in rapporto
con la natura.
I dolci come metafora della vita, che ci assorbe, ci fagocita: i dolci
non indispensabili alla nostra vita sotto forma di bellezza estetica.
Per invogliare ancor di più, ho scelto di riecheggiare la pop art
nei colori e nelle forme degli anni ’50 del Novecento, con le etichette
indicanti gli ingredienti, la scritta “Prodotto Italiano” e il codice a barre,
necessario per il mercato che indica con il numero 8 proprio l’Italia,
seguito dalla data di nascita dell’opera e di quella dell’artista.