opera
URLA BASTA
categoria | Pittura |
soggetto | Politico/Sociale |
tags | SOCIALE, CONCETTUALE |
base | 140 cm |
altezza | 140 cm |
profondità | 3 cm |
anno | 2024 |
acrilico e tecnica mista su tela opera unica
Perché agiamo in un modo piuttosto che in un altro? Perché ci definiamo con alcuni termini e non con altri? Ho scelto di ripetere ossessivamente 200 definizioni, ognuna delle quali mi appartiene e rappresenta frammenti della nostra identità quotidiana. Queste ripetizioni creano un effetto ipnotico, uno specchio della monotonia della vita di tutti i giorni.
alla fine di ogni riga, ho aggiunto un anagramma che rompe questa monotonia, trasformando la frase originale in una nuova espressione più specifica, pur preservandone il significato. Ogni giorno, aggiungiamo e togliamo elementi dalla nostra vita, proprio come nel mio anagramma, dove le lettere si spostano e si combinano diversamente.
La vita è un biglietto di sola andata, tutti i giorni iniziamo la nostra giornata, il nostro viaggio tra incontri, riflessioni, errori, casualità e introspezione; visitiamo luoghi fuori e dentro di noi, ci emozioniamo, ci stupiamo, ci isoliamo, ci aggreghiamo, Ci attribuiamo definizioni sia positive che negative che riflettono la nostra dualità, contraddittoria e complessità.
Ogni parola che ho scritto e rappresentata da lettere in rilievo per sottolineare che ciò che siamo deve essere sempre considerato importante, che tutto ha il suo peso la sua forma.
Al centro del quadro emerge una frase: "tabularasa". è la prima cosa che notiamo guardando l’opera, ma avvicinandoci ci accorgiamo che è stata creata dalla cancellazione di altre frasi, questa volta scritte in italiano. Tradizionalmente, è dal latino che nasce l’italiano, ma in questo quadro ho applicato un processo inverso. Bisogna scavare e andare a ritroso, bisogna viaggiare dentro noi stessi fino ad arrivare alle 200 definizioni e solo allora possiamo cancellarle e ricominciare da capo.
Urla basta, (anch’esso un’anagramma di Tabularasa) una voce silente che si muove dentro di noi e crea la “cancellazione”.
Questo processo si trasforma così in un atto creativo, una tappa del nostro viaggio, dove l’eliminazione consapevole di alcune parti di noi stessi dà vita al cambiamento.
Perché agiamo in un modo piuttosto che in un altro? Perché ci definiamo con alcuni termini e non con altri? Ho scelto di ripetere ossessivamente 200 definizioni, ognuna delle quali mi appartiene e rappresenta frammenti della nostra identità quotidiana. Queste ripetizioni creano un effetto ipnotico, uno specchio della monotonia della vita di tutti i giorni.
alla fine di ogni riga, ho aggiunto un anagramma che rompe questa monotonia, trasformando la frase originale in una nuova espressione più specifica, pur preservandone il significato. Ogni giorno, aggiungiamo e togliamo elementi dalla nostra vita, proprio come nel mio anagramma, dove le lettere si spostano e si combinano diversamente.
La vita è un biglietto di sola andata, tutti i giorni iniziamo la nostra giornata, il nostro viaggio tra incontri, riflessioni, errori, casualità e introspezione; visitiamo luoghi fuori e dentro di noi, ci emozioniamo, ci stupiamo, ci isoliamo, ci aggreghiamo, Ci attribuiamo definizioni sia positive che negative che riflettono la nostra dualità, contraddittoria e complessità.
Ogni parola che ho scritto e rappresentata da lettere in rilievo per sottolineare che ciò che siamo deve essere sempre considerato importante, che tutto ha il suo peso la sua forma.
Al centro del quadro emerge una frase: "tabularasa". è la prima cosa che notiamo guardando l’opera, ma avvicinandoci ci accorgiamo che è stata creata dalla cancellazione di altre frasi, questa volta scritte in italiano. Tradizionalmente, è dal latino che nasce l’italiano, ma in questo quadro ho applicato un processo inverso. Bisogna scavare e andare a ritroso, bisogna viaggiare dentro noi stessi fino ad arrivare alle 200 definizioni e solo allora possiamo cancellarle e ricominciare da capo.
Urla basta, (anch’esso un’anagramma di Tabularasa) una voce silente che si muove dentro di noi e crea la “cancellazione”.
Questo processo si trasforma così in un atto creativo, una tappa del nostro viaggio, dove l’eliminazione consapevole di alcune parti di noi stessi dà vita al cambiamento.