Tree 3
Mixed media on wood. Iron, wood, acrylics, hearts, water, resin.
Dove Albero è Foresta
Pietro Panza sin dal suo primo progetto artistico, stabilisce un confronto con l’ambiente inteso anche come processo formale politico storico e sociale. In Abitare la Terra “dall’Antropocene al Tecnocene”, riflette a quanto il superamento della “crisi ecologica” stia fuori di noi così come dentro di noi, un archetipo chiaro e complesso come è la natura così l’arte. Nelle opere sperimenta la relazione tra arte, natura e tecnica in una “Terra Incognita Planetaria” con la quale ci dobbiamo riconcettualizzare anche in chiave etica-antropologica, una ricerca che pone l’Artista in un flusso di coscienza personale, dove esprimere una narrazione di carattere filosofico. Da uno scritto di Panza: “in questo tempo di tardo Antropocene per homo fictus è necessario immaginare e comprendere quanto cultura e natura siano indissolubilmente intrecciate. Non possiamo limitarci al vederci dal di fuori, ma vedendoci dal di dentro come corpo. Così come quello strano agire delle piante dove tutto è poroso, dove tutto è in tutto”. L’artista esprime un procedere narrativo fuori dal self, oltre il paradigma in vigore, affinché non si determini un collasso. Come nelle opere “Tramateria” un lavoro al riconoscimento di un valore anche sensibile tra l’estetica, l’ecologia e la biodiversità. È in un respiro cosmico la sua radice, nella materia che graffia, nelle immagini, simboli ed archetipi che esprimono il fallimento del processo di modernizzazione pensato come sostituzione della natura con la tecnonatura. Una spinta così profonda e pervasiva da divenire “la tecnica stessa” il nuovo soggetto della storia.
Autodidatta da un intimo inconscio di echi del ‘900, sperimenta un legame tra pittura e scultura in un complesso linguaggio materico. Nella sua poetica sente il bisogno di incontrare la vitalità del nero, nella ruggine gli alberi, un cielo di rame dai grigi a confine e rossa la solitudine.
Marzo 2024
Dott.ssa Curatrice Claudia D’Angelo
Pietro Panza sin dal suo primo progetto artistico, stabilisce un confronto con l’ambiente inteso anche come processo formale politico storico e sociale. In Abitare la Terra “dall’Antropocene al Tecnocene”, riflette a quanto il superamento della “crisi ecologica” stia fuori di noi così come dentro di noi, un archetipo chiaro e complesso come è la natura così l’arte. Nelle opere sperimenta la relazione tra arte, natura e tecnica in una “Terra Incognita Planetaria” con la quale ci dobbiamo riconcettualizzare anche in chiave etica-antropologica, una ricerca che pone l’Artista in un flusso di coscienza personale, dove esprimere una narrazione di carattere filosofico. Da uno scritto di Panza: “in questo tempo di tardo Antropocene per homo fictus è necessario immaginare e comprendere quanto cultura e natura siano indissolubilmente intrecciate. Non possiamo limitarci al vederci dal di fuori, ma vedendoci dal di dentro come corpo. Così come quello strano agire delle piante dove tutto è poroso, dove tutto è in tutto”. L’artista esprime un procedere narrativo fuori dal self, oltre il paradigma in vigore, affinché non si determini un collasso. Come nelle opere “Tramateria” un lavoro al riconoscimento di un valore anche sensibile tra l’estetica, l’ecologia e la biodiversità. È in un respiro cosmico la sua radice, nella materia che graffia, nelle immagini, simboli ed archetipi che esprimono il fallimento del processo di modernizzazione pensato come sostituzione della natura con la tecnonatura. Una spinta così profonda e pervasiva da divenire “la tecnica stessa” il nuovo soggetto della storia.
Autodidatta da un intimo inconscio di echi del ‘900, sperimenta un legame tra pittura e scultura in un complesso linguaggio materico. Nella sua poetica sente il bisogno di incontrare la vitalità del nero, nella ruggine gli alberi, un cielo di rame dai grigi a confine e rossa la solitudine.
Marzo 2024
Dott.ssa Curatrice Claudia D’Angelo