Enzo Tempesta si diploma in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Bari nel 1974.
Nel 1975 una sua opera viene selezionata per la X Quadriennale Nazionale d’Arte “La nuova generazione” – Roma, Palazzo delle Esposizioni. Parallelamente al percorso artistico, svolge l’attività di graphic designer e direttore creativo nell’agenzia di comunicazione da lui fondata. Vive e lavora a Bari.
In sintonia con quel filone di “analitica dell’esistenza” che riflette sullo scorrere del tempo, reinterpretato però con una più calda sensibilità materica, a partire da cassetti di ricordi, contenitori mentali o reali, Tempesta si concentra su ciò che del passato permane nel presente e aspira a transitare nel futuro.
Da oggetti di uso comune e vecchi reperti, raccolti con emotivo “impulso archivistico” e vocazione spontanea da collezionista, è attratto per il loro essere “cose”, sulle quali si sono depositati dei significati, affettivi, intellettuali o altro. Schegge di vissuti sconosciuti, brandelli di esistenze immaginarie eppure sorprendentemente verosimili, piccoli fuochi in grado di attivare ricordi personali e collettivi.
Nei lavori di Tempesta, realizzati con diverse tecniche e materiali, le cose semplici della vita quotidiana funzionano quindi come serbatoi di memorie individuali o collettive, filtro tra memoria privata e memoria storica, innesco di storie in cui tempo e spazio si fondono.
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Pièces 10 opere ispirate a La Vita istruzioni per l’uso di Georges Perec
2/27 ottobre 2020 - Artoteca Alliance Française, Bari
(…) Tempesta allestisce dieci microinstallazioni riferite alla propria biografia e a una narrazione aperta affidata a oggetti, fotografie e ogni sorta di cimelio personale. Elementi che intrecciano riferimenti a esperienze maturate a partire dagli anni Settanta, alla sua stessa abitazione o a quella di amici, accanto, ovviamente, a citazioni tratte dal libro e a suggestioni che ne ricalcano il format. Il tutto conforme a un’estetica del frammento, a una decostruzione priva di gerarchia che, scrive Antonella Marino nel testo in catalogo, è una cifra interpretativa della condizione moderna dello stare al mondo.
Le dieci stazioni dell’artista barese mettono in scena le cose costringendole a stimolare storie e memorie, a funzionare come condensatori di associazioni, combinazioni e cortocircuiti mentali. Pratica, del resto, condivisa dallo stesso Perec, che toglieva la facciata al suo palazzo di fantasia per spiarne la vita degli abitanti, senza ordine, con tracce immerse in un ritmo temporale dilatato e altalenante.
Su questo stesso mood Tempesta asseconda i processi mnemonici, recuperando un complesso di dati che entrano in risonanza tra loro. Per esempio, fotografie d’antan che fuoriescono da valigette di gusto duchampiano; immagini di interni o di gruppi familiari; oggetti isolati con criptici riferimenti a luoghi o a persone; la prima edizione del capolavoro di Perec, custodita in una teca reliquiario; suggestive manipolazioni tra testi e icone, intessute in regolari geometrie. Per finire, un irradiante cerchio-collage che rimescola nuovamente le carte consentendo ad altre memorie di riguadagnare il caos originario.
Marilena Di Tursi – Corriere del Mezzogiorno del 16/11/2020
Nel 1975 una sua opera viene selezionata per la X Quadriennale Nazionale d’Arte “La nuova generazione” – Roma, Palazzo delle Esposizioni. Parallelamente al percorso artistico, svolge l’attività di graphic designer e direttore creativo nell’agenzia di comunicazione da lui fondata. Vive e lavora a Bari.
In sintonia con quel filone di “analitica dell’esistenza” che riflette sullo scorrere del tempo, reinterpretato però con una più calda sensibilità materica, a partire da cassetti di ricordi, contenitori mentali o reali, Tempesta si concentra su ciò che del passato permane nel presente e aspira a transitare nel futuro.
Da oggetti di uso comune e vecchi reperti, raccolti con emotivo “impulso archivistico” e vocazione spontanea da collezionista, è attratto per il loro essere “cose”, sulle quali si sono depositati dei significati, affettivi, intellettuali o altro. Schegge di vissuti sconosciuti, brandelli di esistenze immaginarie eppure sorprendentemente verosimili, piccoli fuochi in grado di attivare ricordi personali e collettivi.
Nei lavori di Tempesta, realizzati con diverse tecniche e materiali, le cose semplici della vita quotidiana funzionano quindi come serbatoi di memorie individuali o collettive, filtro tra memoria privata e memoria storica, innesco di storie in cui tempo e spazio si fondono.
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Pièces 10 opere ispirate a La Vita istruzioni per l’uso di Georges Perec
2/27 ottobre 2020 - Artoteca Alliance Française, Bari
(…) Tempesta allestisce dieci microinstallazioni riferite alla propria biografia e a una narrazione aperta affidata a oggetti, fotografie e ogni sorta di cimelio personale. Elementi che intrecciano riferimenti a esperienze maturate a partire dagli anni Settanta, alla sua stessa abitazione o a quella di amici, accanto, ovviamente, a citazioni tratte dal libro e a suggestioni che ne ricalcano il format. Il tutto conforme a un’estetica del frammento, a una decostruzione priva di gerarchia che, scrive Antonella Marino nel testo in catalogo, è una cifra interpretativa della condizione moderna dello stare al mondo.
Le dieci stazioni dell’artista barese mettono in scena le cose costringendole a stimolare storie e memorie, a funzionare come condensatori di associazioni, combinazioni e cortocircuiti mentali. Pratica, del resto, condivisa dallo stesso Perec, che toglieva la facciata al suo palazzo di fantasia per spiarne la vita degli abitanti, senza ordine, con tracce immerse in un ritmo temporale dilatato e altalenante.
Su questo stesso mood Tempesta asseconda i processi mnemonici, recuperando un complesso di dati che entrano in risonanza tra loro. Per esempio, fotografie d’antan che fuoriescono da valigette di gusto duchampiano; immagini di interni o di gruppi familiari; oggetti isolati con criptici riferimenti a luoghi o a persone; la prima edizione del capolavoro di Perec, custodita in una teca reliquiario; suggestive manipolazioni tra testi e icone, intessute in regolari geometrie. Per finire, un irradiante cerchio-collage che rimescola nuovamente le carte consentendo ad altre memorie di riguadagnare il caos originario.
Marilena Di Tursi – Corriere del Mezzogiorno del 16/11/2020