Diplomata all'accademia di Brera in scultura, ho esordito nel '98 con la collettiva Tras los pasos de Llorca. Casa de Garcìa Lorca en Valderrubio – Granada, cui seguiranno tante altre tra cui La via italiana all’informale - Venezia, Ut poesi pictura – Ferrara, Saatchi screen at Saatchi Gallery – Londra, Art de Mai - Manosque (FR).
Tra le personali più recenti: Incontri d’arte. Dialogo con le opere del Museo di Archeologia - Università di Pavia (2018), Urgenti Attese, Galleria E3 Artecontemporanea - Forno fusorio di Tavernole sul Mella, Brescia (2017), Kostant schwebend, Bipolar Galerie - Leipzig (2015), Confini d’Identità, Massenzio Arte - Roma (2014), Tempo sospeso - OCA Officine Creative Ansaldo - Milano (2013), Legami in-dissolti - Galleria de l’Europe - Parigi (2011). Sono vincitrice dei premi Massenzio Arte International Prize e Symposium of Land Art.
Le mie scenografie sono state allestite presso lo Chateau Greoux Le Bain e il teatro Jean Le Bleu a Manosque (FR).
Ho partecipato alle fiere internazionali di Torino, Verona, Monaco, Barcellona, Stoccolma, Nizza e Strasburgo.
Tra le pubblicazioni più rilevanti “La via italiana all’informale: da Afro, Vedova, Burri alle ultime tendenze“. Giorgio Mondadori Editore, 2013.
Utilizzando garza e ferro quali materiali in antitesi cerco di esprimere la labilità del concetto di limite, sia esso fisico, temporale o introspettivo.
Da un testo critico di Simona Bartolena: I segni che Marta Vezzoli traccia nell’ambiente, solcando le pareti o attraversando la sottile superficie di una garza, sono lavori che rivelano un approccio lento e meditato, meticolosi nel gesto come un bel ricamo, ma incisivi e nervosi come un graffio. Le sue opere – apparentemente tanto fragili e invece forti e determinate - raccontano in chiave concettuale di confini culturali e identitari: temi legati al sociale e alla psiche umana.
I materiali a lei cari – la garza ricamata e il tondino di ferro – rispecchiano a pieno il motivo della sua ricerca, rendendolo visibile e tangibile: concetti universali quali l’immigrazione, i limiti territoriali e sociali che l’umanità impone e si impone, ma anche le fragilità e la capacità di affrontarli. Il gioco di luci e ombre prodotto dai sottili disegni in metallo, la semitrasparenza della stoffa velata, le sovrapposizioni dei tessuti, i continui chiari-scuri, ben simboleggiano il rifiuto delle certezze predisposte e la volontà di farsi sempre delle domande: sulla storia dell’uomo, sulle capacità relazionali, sui ruoli sociali, sul valore dell’identità.
Tra le personali più recenti: Incontri d’arte. Dialogo con le opere del Museo di Archeologia - Università di Pavia (2018), Urgenti Attese, Galleria E3 Artecontemporanea - Forno fusorio di Tavernole sul Mella, Brescia (2017), Kostant schwebend, Bipolar Galerie - Leipzig (2015), Confini d’Identità, Massenzio Arte - Roma (2014), Tempo sospeso - OCA Officine Creative Ansaldo - Milano (2013), Legami in-dissolti - Galleria de l’Europe - Parigi (2011). Sono vincitrice dei premi Massenzio Arte International Prize e Symposium of Land Art.
Le mie scenografie sono state allestite presso lo Chateau Greoux Le Bain e il teatro Jean Le Bleu a Manosque (FR).
Ho partecipato alle fiere internazionali di Torino, Verona, Monaco, Barcellona, Stoccolma, Nizza e Strasburgo.
Tra le pubblicazioni più rilevanti “La via italiana all’informale: da Afro, Vedova, Burri alle ultime tendenze“. Giorgio Mondadori Editore, 2013.
Utilizzando garza e ferro quali materiali in antitesi cerco di esprimere la labilità del concetto di limite, sia esso fisico, temporale o introspettivo.
Da un testo critico di Simona Bartolena: I segni che Marta Vezzoli traccia nell’ambiente, solcando le pareti o attraversando la sottile superficie di una garza, sono lavori che rivelano un approccio lento e meditato, meticolosi nel gesto come un bel ricamo, ma incisivi e nervosi come un graffio. Le sue opere – apparentemente tanto fragili e invece forti e determinate - raccontano in chiave concettuale di confini culturali e identitari: temi legati al sociale e alla psiche umana.
I materiali a lei cari – la garza ricamata e il tondino di ferro – rispecchiano a pieno il motivo della sua ricerca, rendendolo visibile e tangibile: concetti universali quali l’immigrazione, i limiti territoriali e sociali che l’umanità impone e si impone, ma anche le fragilità e la capacità di affrontarli. Il gioco di luci e ombre prodotto dai sottili disegni in metallo, la semitrasparenza della stoffa velata, le sovrapposizioni dei tessuti, i continui chiari-scuri, ben simboleggiano il rifiuto delle certezze predisposte e la volontà di farsi sempre delle domande: sulla storia dell’uomo, sulle capacità relazionali, sui ruoli sociali, sul valore dell’identità.