MARTINA ANTONIONI
Milano, 1986.
Vive e lavora a Milano.
Sono mutuate dalle parole della poetessa statunitense Adrienne Rich, quelle che Martina Antonioni usa per descrivere se stessa: “sono uno strumento a forma di donna che cerca di tradurre le pulsazioni in immagini per il sollievo del corpo e la ricostruzione della mente”.
Traduce, senza strategie di carattere estetico o gerarchie, l’indefinita imperfezione che caratterizza la vita, portandoci in una surrealtà astratta, onirica, ma contemporaneamente ordinaria e concreta.
Si rivolge principalmente al suo interno poetico, ai suoi lati più protetti. Diventa mentore delle sue stesse intimità per partorirle in un mondo quasi acquatico e sommerso. Per portarle ad un livello solo parzialmente visibile ad occhio nudo. Poiché, come avviene per la poesia pittorica di cui l’autrice è portavoce, il suo prodotto rimane comunque aerostatico e fortunatamente immateriale.
Movimenti diluiti e sottili tracciano la nudità dell’essenza, abbandonano ogni tratto corporeo. Cedono all’assenza di schemi, cadono vivi e spogli sulla tela. Immaginario e reale, linea e colore si incontrano, accogliendo l’una nello spazio incompiuto dell’altro, in un’infinita trama in divenire.
Milano, 1986.
Vive e lavora a Milano.
Sono mutuate dalle parole della poetessa statunitense Adrienne Rich, quelle che Martina Antonioni usa per descrivere se stessa: “sono uno strumento a forma di donna che cerca di tradurre le pulsazioni in immagini per il sollievo del corpo e la ricostruzione della mente”.
Traduce, senza strategie di carattere estetico o gerarchie, l’indefinita imperfezione che caratterizza la vita, portandoci in una surrealtà astratta, onirica, ma contemporaneamente ordinaria e concreta.
Si rivolge principalmente al suo interno poetico, ai suoi lati più protetti. Diventa mentore delle sue stesse intimità per partorirle in un mondo quasi acquatico e sommerso. Per portarle ad un livello solo parzialmente visibile ad occhio nudo. Poiché, come avviene per la poesia pittorica di cui l’autrice è portavoce, il suo prodotto rimane comunque aerostatico e fortunatamente immateriale.
Movimenti diluiti e sottili tracciano la nudità dell’essenza, abbandonano ogni tratto corporeo. Cedono all’assenza di schemi, cadono vivi e spogli sulla tela. Immaginario e reale, linea e colore si incontrano, accogliendo l’una nello spazio incompiuto dell’altro, in un’infinita trama in divenire.