opera
Mappa geomorfologica
categoria | Disegno |
soggetto | Paesaggio, Natura |
tags | |
base | 297 cm |
altezza | 220 cm |
profondità | 4 cm |
anno | 2013 |
Mappa geomorfologica, capsule di papavero fresche e capsule di papavero secche con inchiostro nero premute su tela di cotone, 220x297 cm, 2013/2014, ph. D. Barsuglia
I disegni a capsula di papavero rappresentano un ciclo rituale, aperto iniziato nel 2008 che riprende ad ogni stagione di fioritura.
Il paesaggio ibrido e contaminato della campagna toscana è molto lontano dalla propria immagine idealizzata.
I papaveri non crescono più tra il grano a causa dei pesticidi selettivi, si trovano invece facilmente nei campi abbandonati o destinati allo sfalcio, negli spazi vacanti e residui, nei cantieri, lungo le ferrovie, in tutti quei luoghi che sfuggono al controllo dell'uomo e che Clement identifica come il nostro inconscio.
Questa pianta selvatica e pioniera, continua a crescere, come una antica persistenza, nella campagna frammentata intorno al mio studio.
Uso le capsule per tracciare grandi mappe delle zone rurali e urbane di raccolta.
Ogni capsula è una matrice, che lascia un segno diverso dall'altro, un pixel naturale che compone le immagini, segna le curve di livello e traccia il diagramma dello spazio e del tempo.
Nella traccia misteriosa a forma di stella o di croce si sedimenta la memoria del gioco infantile di tatuarsi le mani e la fronte con il segno violetto, ma anche l'antica simbologia, radicata in tutto il Mediterraneo, che vede nel papavero un fiore capace di aprire le porte di altri mondi.
Queste mappe mi ricordano le antiche Sale delle carte geografiche, le restituzioni geografiche su grande scala da percorrere con lo sguardo e in cui farsi attirare. A differenza delle carte cinquecentesche però non mostrano luoghi lontani e di conquista, ma raccontano il rapporto inestricabile tra la geografia vegetale e la geografia umana, ci restituiscono ad un ruolo comprimario, a nuove possibilità di relazione, ci suggeriscono nuove geografie e configurazioni.
Ogni mappa è un tentativo di ridisegnare il mondo.
Seguendo il ciclo naturale del fiore raccolgo i papaveri in luoghi e momenti diversi della stagione, muovendomi nello spazio come un animale, utilizzo le capsule fresche con il loro pigmento naturale che cambia nel tempo mentre a fine stagione raccolgo le capsule secche che uso invece intinte nell'inchiostro e che lasciano un segno deciso, nitido, grafico. Ogni mappa può richiedere da uno a due anni (stagioni di fioritura) per essere completata. Ogni anno, a fine stagione, restituisco i semi delle capsule al paesaggio per nuove fioriture.
I disegni a capsula di papavero rappresentano un ciclo rituale, aperto iniziato nel 2008 che riprende ad ogni stagione di fioritura.
Il paesaggio ibrido e contaminato della campagna toscana è molto lontano dalla propria immagine idealizzata.
I papaveri non crescono più tra il grano a causa dei pesticidi selettivi, si trovano invece facilmente nei campi abbandonati o destinati allo sfalcio, negli spazi vacanti e residui, nei cantieri, lungo le ferrovie, in tutti quei luoghi che sfuggono al controllo dell'uomo e che Clement identifica come il nostro inconscio.
Questa pianta selvatica e pioniera, continua a crescere, come una antica persistenza, nella campagna frammentata intorno al mio studio.
Uso le capsule per tracciare grandi mappe delle zone rurali e urbane di raccolta.
Ogni capsula è una matrice, che lascia un segno diverso dall'altro, un pixel naturale che compone le immagini, segna le curve di livello e traccia il diagramma dello spazio e del tempo.
Nella traccia misteriosa a forma di stella o di croce si sedimenta la memoria del gioco infantile di tatuarsi le mani e la fronte con il segno violetto, ma anche l'antica simbologia, radicata in tutto il Mediterraneo, che vede nel papavero un fiore capace di aprire le porte di altri mondi.
Queste mappe mi ricordano le antiche Sale delle carte geografiche, le restituzioni geografiche su grande scala da percorrere con lo sguardo e in cui farsi attirare. A differenza delle carte cinquecentesche però non mostrano luoghi lontani e di conquista, ma raccontano il rapporto inestricabile tra la geografia vegetale e la geografia umana, ci restituiscono ad un ruolo comprimario, a nuove possibilità di relazione, ci suggeriscono nuove geografie e configurazioni.
Ogni mappa è un tentativo di ridisegnare il mondo.
Seguendo il ciclo naturale del fiore raccolgo i papaveri in luoghi e momenti diversi della stagione, muovendomi nello spazio come un animale, utilizzo le capsule fresche con il loro pigmento naturale che cambia nel tempo mentre a fine stagione raccolgo le capsule secche che uso invece intinte nell'inchiostro e che lasciano un segno deciso, nitido, grafico. Ogni mappa può richiedere da uno a due anni (stagioni di fioritura) per essere completata. Ogni anno, a fine stagione, restituisco i semi delle capsule al paesaggio per nuove fioriture.