opera
L’attesa
categoria | Scultura |
soggetto | Figura umana |
tags | attesa, gianni lucchesi, wait, ferro, bronzo |
base | 20 cm |
altezza | 15 cm |
profondità | 15 cm |
anno | 2021 |
L’attesa
La paura del contagio. L’isolamento. Lo spazio ed il tempo compressi del mondo contemporaneo che improvvisamente si dilatano, si rarefanno, rallentano sino a bloccarsi in una sorta di metafisica sospensione, dove l’attesa diviene una componente essenziale del quotidiano: così, una lunga, interminabile, rarefatta fila di persone e carrelli in prossimità di un qualsiasi, lontano supermercato diviene emblema di una nuova condizione dell’essere, ai tempi del Coronavirus. Il tempo veloce della spesa compulsiva diviene lento, immobile, essenziale, la frenesia iperattiva diviene lentezza, lo spazio multidirezionale diviene unico, grande e al contempo ristretto nel raggio della propria ombra.
Ognuno è solo, sospeso e isolato dal mondo; inganna il tempo, chiudendosi nei propri pensieri o affidandosi allo smartphone, imprescindibile strumento che riesce a concretizzare virtualmente il bisogno di socialità. Fuori dal tempo e dallo spazio nella propria postazione, riscopre apprezza o sente più intensamente gli aspetti più semplici de essenziali dell’esistenza: il valore di ciò che conta, gli affetti, l’ineluttabilità della vita, la piccolezza dell’essere umano e la grandiosità della natura, l’effetto rigenerante e terapeutico dell’arte in generale.
L’isolamento e l’attesa divengono così anche stimoli al pensiero e alla creazione: gli scatti rubati dal vivo, dalla ugualitaria postazione dell’artista in coda, si traducono in vibrante segno grafico, che fa risaltare il bitume diluito sul fondo candido quasi abbagliante della carta, senza inizio, né fine. Un’icona cogente, essenziale e profonda della contemporaneità nella nuova dimensione del Coronavirus.
Ferro bronzo
La paura del contagio. L’isolamento. Lo spazio ed il tempo compressi del mondo contemporaneo che improvvisamente si dilatano, si rarefanno, rallentano sino a bloccarsi in una sorta di metafisica sospensione, dove l’attesa diviene una componente essenziale del quotidiano: così, una lunga, interminabile, rarefatta fila di persone e carrelli in prossimità di un qualsiasi, lontano supermercato diviene emblema di una nuova condizione dell’essere, ai tempi del Coronavirus. Il tempo veloce della spesa compulsiva diviene lento, immobile, essenziale, la frenesia iperattiva diviene lentezza, lo spazio multidirezionale diviene unico, grande e al contempo ristretto nel raggio della propria ombra.
Ognuno è solo, sospeso e isolato dal mondo; inganna il tempo, chiudendosi nei propri pensieri o affidandosi allo smartphone, imprescindibile strumento che riesce a concretizzare virtualmente il bisogno di socialità. Fuori dal tempo e dallo spazio nella propria postazione, riscopre apprezza o sente più intensamente gli aspetti più semplici de essenziali dell’esistenza: il valore di ciò che conta, gli affetti, l’ineluttabilità della vita, la piccolezza dell’essere umano e la grandiosità della natura, l’effetto rigenerante e terapeutico dell’arte in generale.
L’isolamento e l’attesa divengono così anche stimoli al pensiero e alla creazione: gli scatti rubati dal vivo, dalla ugualitaria postazione dell’artista in coda, si traducono in vibrante segno grafico, che fa risaltare il bitume diluito sul fondo candido quasi abbagliante della carta, senza inizio, né fine. Un’icona cogente, essenziale e profonda della contemporaneità nella nuova dimensione del Coronavirus.
Ferro bronzo