opera
Le antenne di Tangeri guardano il mare
categoria | Fotografia |
soggetto | Politico/Sociale, Figura umana, Architettura |
tags | #desiderio, #confine, #immaginario, #sintonizzazione, #distanze |
base | 50 cm |
altezza | 70 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2020 |
collage fotografico, tiratura 1/1
Descrizione: Quest'opera fa parte di una serie di dodici collage fotografici. Essa nasce durante un soggiorno a Tangeri, sullo stretto di Gibilterra (le antiche colonne d’Ercole) a soli trenta chilometri di mare dalla Spagna. Così vicina all’Europa ma irrimediabilmente separata. La sera il vento porta le voci di Tarifa, in lontananza se ne vedono le luci, ma gli abitanti sanno benissimo di potervi accedere esclusivamente con un visto (giornaliero o più esteso, ma pur sempre a scadenza). L’Europa e la sua ricchezza balugina loro di fronte e scarica frotte di turisti per la gita giornaliera nella kasbah. La medina è stretta, arroccata e colpisce per la quantità enorme di antenne paraboliche che la avvolge, quasi un muro di orecchie che le fa da scudo. Esse sono lo strumento attraverso il quale il mondo occidentale la raggiunge. Per contro, sono rimasta estremamente colpita dalla quantità di gente che semplicemente sosta e guarda il mare. Sono immagini statiche, di tempi sospesi, di ascolti, di sintonizzazioni altre. Antenne inanimate e antenne animate. Ecco che il mare non è solo distanza da attraversare, ma anche distanza tra la realtà di un mondo e la sua rappresentazione fittizia.
I collage sono stati realizzati sovrapponendo le due immagini: sopra l’immagine della città, in cui è stata ricavata fisicamente (ritagliandola) una finestra da cui si affaccia l’immagine delle persone che guardano il mare. Sono state utilizzate due carte fotografiche diverse per accentuare ulteriormente il contrasto: carta fine art matte per il paesaggio, carta fotografica opaca per le persone che guardano il mare.
Descrizione: Quest'opera fa parte di una serie di dodici collage fotografici. Essa nasce durante un soggiorno a Tangeri, sullo stretto di Gibilterra (le antiche colonne d’Ercole) a soli trenta chilometri di mare dalla Spagna. Così vicina all’Europa ma irrimediabilmente separata. La sera il vento porta le voci di Tarifa, in lontananza se ne vedono le luci, ma gli abitanti sanno benissimo di potervi accedere esclusivamente con un visto (giornaliero o più esteso, ma pur sempre a scadenza). L’Europa e la sua ricchezza balugina loro di fronte e scarica frotte di turisti per la gita giornaliera nella kasbah. La medina è stretta, arroccata e colpisce per la quantità enorme di antenne paraboliche che la avvolge, quasi un muro di orecchie che le fa da scudo. Esse sono lo strumento attraverso il quale il mondo occidentale la raggiunge. Per contro, sono rimasta estremamente colpita dalla quantità di gente che semplicemente sosta e guarda il mare. Sono immagini statiche, di tempi sospesi, di ascolti, di sintonizzazioni altre. Antenne inanimate e antenne animate. Ecco che il mare non è solo distanza da attraversare, ma anche distanza tra la realtà di un mondo e la sua rappresentazione fittizia.
I collage sono stati realizzati sovrapponendo le due immagini: sopra l’immagine della città, in cui è stata ricavata fisicamente (ritagliandola) una finestra da cui si affaccia l’immagine delle persone che guardano il mare. Sono state utilizzate due carte fotografiche diverse per accentuare ulteriormente il contrasto: carta fine art matte per il paesaggio, carta fotografica opaca per le persone che guardano il mare.