opera
L’Ermeneuta, Autoritratto
categoria | Pittura |
soggetto | Figura umana |
tags | |
base | 35 cm |
altezza | 50 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2018 |
Tecnica mista su tavola (pastello, acrilico, foglia d'oro)
L’ermeneutica a partire dall’etimo greco hermeneutikè (téchne), “interpretazione, traduzione”, ha individuato nei secoli il processo di ricostruzione della semantica profonda dei testi, per canonizzarsi in procedimento più intrinsecamente storico, avente cura della mens auctoris.
L’ermeneuta, immerso in uno spazio aureo, per antonomasia intraducibile, è qui proposto in chiave di personale autoritratto, appropriato delle iconografie ambigue del bagatto, primo dei tarocchi, tramite la mano destra posata sul tavolo, che reca inciso il numero I, e l’affiorante bacchetta di legno. A tale figura viene attribuito ruolo di illusionista, tributario di una fittizia speculazione esoterica, basata sulla cabala ebraica, che investe l’intero gioco dei tarocchi; riferimento vivo nella raffigurazione tramite l’aleph, prima lettera dell’alfabeto ebraico, segnata nell’angolo del tavolo in basso a destra, in un gioco di corrispondenza tra il nome dell’autore (Stefano, dal greco Stephanos che letteralmente significa “corona”) e il paragone della lettera alla prima Sephirah della cabala (Kether, identificata nella Corona).
Il ritratto, manifesta dunque le sue intenzioni e si spoglia della sua apparente ambiguità, per vestirsi di nuova ironia: l’ermeneuta è qui figura satirica, filosofo munito per l’interpretazione dei soli mezzi del prestigiatore
L’ermeneutica a partire dall’etimo greco hermeneutikè (téchne), “interpretazione, traduzione”, ha individuato nei secoli il processo di ricostruzione della semantica profonda dei testi, per canonizzarsi in procedimento più intrinsecamente storico, avente cura della mens auctoris.
L’ermeneuta, immerso in uno spazio aureo, per antonomasia intraducibile, è qui proposto in chiave di personale autoritratto, appropriato delle iconografie ambigue del bagatto, primo dei tarocchi, tramite la mano destra posata sul tavolo, che reca inciso il numero I, e l’affiorante bacchetta di legno. A tale figura viene attribuito ruolo di illusionista, tributario di una fittizia speculazione esoterica, basata sulla cabala ebraica, che investe l’intero gioco dei tarocchi; riferimento vivo nella raffigurazione tramite l’aleph, prima lettera dell’alfabeto ebraico, segnata nell’angolo del tavolo in basso a destra, in un gioco di corrispondenza tra il nome dell’autore (Stefano, dal greco Stephanos che letteralmente significa “corona”) e il paragone della lettera alla prima Sephirah della cabala (Kether, identificata nella Corona).
Il ritratto, manifesta dunque le sue intenzioni e si spoglia della sua apparente ambiguità, per vestirsi di nuova ironia: l’ermeneuta è qui figura satirica, filosofo munito per l’interpretazione dei soli mezzi del prestigiatore