opera
LIN II
categoria | Altro |
soggetto | Paesaggio, Astratto, Architettura |
tags | Città, Milano IT, Mappa |
base | 100 cm |
altezza | 100 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2018 |
nelle giornate ventose
gli oggetti dormienti della città
rivendicano nelle pieghe delle turbolenze
gli echi del proprio stare silente
animandosi giocosamente
Ci furono momenti, non troppo lontani, in cui ero solito immaginare un tavolo senza fine, sul quale, erano riposte una miriade di carte, mappe, atlanti, rotoli ed arazzi, di ogni forma e misura, intarsiati o meno, decorati e non. Talvolta, mi capitava di consultarne qualcuna, quasi fosse un’estrazione della lotteria, talvolta pensavo alla peculiarità di un simile esercizio, tanto ambizioso quanto inutile nella sua comprensione totalitaria. Sta di fatto, che a una condotta sentimentale di questo genere non ero solito rinunziare con tanta leggerezza, difatti, un giorno, pensai alla possibilità di leggere ognuno di quei momenti, riconoscendo al Dio* la responsabilità di quelle tracce, di quei sentieri, misteriosi e indeterminati, immaginando in ogni parola scritta e sognata il valore ultimo delle stelle. L’accesso a un discorso di questo tipo mi ricorda una vastità infinita, un’infinita ricchezza di luce, la percezione di un’unità fluttuante in cui le cose del mondo danzano in armonia, in una pace immensa, che si fa impenetrabile al gioco delle passioni. Un luogo, dove scopo e volontà si consumano come gocce infuocate nel cielo, un luogo, dove è lecito dimenticare il tramonto delle stelle antiche.
* Ermete Trismegisto, Corpo Ermetico e Asceplio
Stampa a inchiostro su carta
gli oggetti dormienti della città
rivendicano nelle pieghe delle turbolenze
gli echi del proprio stare silente
animandosi giocosamente
Ci furono momenti, non troppo lontani, in cui ero solito immaginare un tavolo senza fine, sul quale, erano riposte una miriade di carte, mappe, atlanti, rotoli ed arazzi, di ogni forma e misura, intarsiati o meno, decorati e non. Talvolta, mi capitava di consultarne qualcuna, quasi fosse un’estrazione della lotteria, talvolta pensavo alla peculiarità di un simile esercizio, tanto ambizioso quanto inutile nella sua comprensione totalitaria. Sta di fatto, che a una condotta sentimentale di questo genere non ero solito rinunziare con tanta leggerezza, difatti, un giorno, pensai alla possibilità di leggere ognuno di quei momenti, riconoscendo al Dio* la responsabilità di quelle tracce, di quei sentieri, misteriosi e indeterminati, immaginando in ogni parola scritta e sognata il valore ultimo delle stelle. L’accesso a un discorso di questo tipo mi ricorda una vastità infinita, un’infinita ricchezza di luce, la percezione di un’unità fluttuante in cui le cose del mondo danzano in armonia, in una pace immensa, che si fa impenetrabile al gioco delle passioni. Un luogo, dove scopo e volontà si consumano come gocce infuocate nel cielo, un luogo, dove è lecito dimenticare il tramonto delle stelle antiche.
* Ermete Trismegisto, Corpo Ermetico e Asceplio
Stampa a inchiostro su carta