opera
Montagne (Google Earth view)
categoria | Pittura |
soggetto | Paesaggio, Natura |
tags | |
base | 188 cm |
altezza | 198 cm |
profondità | 4 cm |
anno | 2012 |
Montagne(Google Earth view), fango, ocra dei monti pisani, caolino, isatis tinctoria pigmento, reseda luteola estratto, mordente di corteccia, succhi vegetali su tela di cotone grezza, 198 x 188 cm, 2012
"…sto lavorando su di un nuovo ciclo, dove vedute, planimetrie tratte da immagini digitali sono restituite attraverso il succo, gli estratti, il fango, le argille, le cortecce e i pigmenti di cui è composto il paesaggio reale e che per la maggior parte raccolgo da sola.
In questo lavoro convergono due visioni di paesaggio: una digitale, globale, fredda e una locale ed esperita direttamente, la mia.
Un paesaggio distante e visto dall’alto ed uno privato e interiore, percorso a piedi.
Una riflessione sull’estetica del paesaggio, sempre più caratterizzata dalla scomparsa del reale.
Il lavoro è nato osservando su Google la visione dall’alto dei luoghi in cui vivo e lavoro, sembravano dipinti informali o antiche vedute a volo d’uccello con qualcosa di meccanico e sintetico…"
dal testo per Osservazione della natura in stato di quiete, a cura di Paola Bortolotti, Museo Marino Marini, 2012
La serie di vedute a volo d'uccello di paesaggi tratti da programmi digitali come Google Earth e dipinti con materiali e pigmenti che raccolgo nel paesaggio reale, ricorda la tecnica settecentesca dei succhi d'erba, dipinti con pigmenti naturali su tela grezza che venivano spesso usati come paramentisacri.
Le immagini della tecnologia formano la nostra estetica del paesaggio un po' come con le incisioni tratte dai dipinti dei grandi paesaggisti circolavano formando l'estetica della propria epoca.
I nostri sogni, le nostre visioni e percezioni sono basate sempre più sulla realtà virtuale Nessun luogo alla fine corrisponde davvero a quell'immagine, eppure quell'immagine definisce il nostro modo di percepire, di vedere il mondo.
Ho pensato di restituire alla visione digitale il succo delle piante, delle bacche, delle cortecce, le tracce delle argille di cui quei paesaggi sono composti.
Da diversi anni ormai grazie a questo lavoro ho iniziato a riappropriarmi della conoscenza del mondo minerale e vegetale, a riconoscere piante eduli che uso in cucina e altre da cui si può trarre pigmenti e che uso per dingere e disegnare come l'erica o la rubia peregrina, a conservare i semi e a coltivare nel mio orto alcune antiche piante tintoree come il guado e la reseda.
"…sto lavorando su di un nuovo ciclo, dove vedute, planimetrie tratte da immagini digitali sono restituite attraverso il succo, gli estratti, il fango, le argille, le cortecce e i pigmenti di cui è composto il paesaggio reale e che per la maggior parte raccolgo da sola.
In questo lavoro convergono due visioni di paesaggio: una digitale, globale, fredda e una locale ed esperita direttamente, la mia.
Un paesaggio distante e visto dall’alto ed uno privato e interiore, percorso a piedi.
Una riflessione sull’estetica del paesaggio, sempre più caratterizzata dalla scomparsa del reale.
Il lavoro è nato osservando su Google la visione dall’alto dei luoghi in cui vivo e lavoro, sembravano dipinti informali o antiche vedute a volo d’uccello con qualcosa di meccanico e sintetico…"
dal testo per Osservazione della natura in stato di quiete, a cura di Paola Bortolotti, Museo Marino Marini, 2012
La serie di vedute a volo d'uccello di paesaggi tratti da programmi digitali come Google Earth e dipinti con materiali e pigmenti che raccolgo nel paesaggio reale, ricorda la tecnica settecentesca dei succhi d'erba, dipinti con pigmenti naturali su tela grezza che venivano spesso usati come paramentisacri.
Le immagini della tecnologia formano la nostra estetica del paesaggio un po' come con le incisioni tratte dai dipinti dei grandi paesaggisti circolavano formando l'estetica della propria epoca.
I nostri sogni, le nostre visioni e percezioni sono basate sempre più sulla realtà virtuale Nessun luogo alla fine corrisponde davvero a quell'immagine, eppure quell'immagine definisce il nostro modo di percepire, di vedere il mondo.
Ho pensato di restituire alla visione digitale il succo delle piante, delle bacche, delle cortecce, le tracce delle argille di cui quei paesaggi sono composti.
Da diversi anni ormai grazie a questo lavoro ho iniziato a riappropriarmi della conoscenza del mondo minerale e vegetale, a riconoscere piante eduli che uso in cucina e altre da cui si può trarre pigmenti e che uso per dingere e disegnare come l'erica o la rubia peregrina, a conservare i semi e a coltivare nel mio orto alcune antiche piante tintoree come il guado e la reseda.