opera
Meditation Surface
categoria | Installazione |
soggetto | Architettura |
tags | #abstracto, #blackandwhite, #oldstyle, #RefinCeramiche, #pierluigi_lanzillotta, #plain, #doodle, #meditation, #meditationsurface, #improvisation |
base | 60 cm |
altezza | 60 cm |
profondità | 1 cm |
anno | 2019 |
composizione modulare temporanea in lastre di gres 60x60cm
Labirinti di segni e pensieri
di Fulvio Chimento
La produzione artistica di Pier Lanzillotta (Modena, 1982) si caratterizza per una certa trasversalità linguistica.
Nei lavori di questo artista c’è un quid che si manifesta in modo ripetitivo e ossessivo: pare che le sue opere suggeriscano dei percorsi per identificare il materiale deposto nell’inconscio. Lanzillotta sembra interessato a portare alla luce soprattutto informazioni legate alla propria infanzia, per farle divenire patrimonio collettivo. Il tratto distintivo dei suoi disegni, per esempio, il segno nero su carta bianca, è presente in forma similare già in tenera età: le prime prove che attestano questo tratto risalgono al 1993, quando Lanzillotta era poco più di un bambino. Alcuni di questi disegni “puerili” sono stati presentati in occasione della mostra Delay 1993-2013 al Museo Civico di Castelfranco (2013).
Nella sua produzione più recente, Lanzillotta ha portato a estreme conseguenze la componente lenticolare presente in origine nel suo lavoro. In questa evoluzione sembra aver seguito il consiglio di uno dei suoi “padri spirituali”, quel William Blake che ci suggerisce di “vedere l’universo in un granello di sabbia”. Il segno grafico dell’artista, quando lo si osserva a distanza, si caratterizza per un’apparente semplicità, mentre avvicinandosi all’opera presenta una complessità che invita all’analisi introspettiva. Il suo disegno è simile (concettualmente) al lavoro compiuto da un incisore: scavato piuttosto che tracciato, sottrae graficamente inquadrando minimi frammenti di spazio. I lavori di Lanzillotta, per essere apprezzati integralmente, devono essere osservati da vicino, possibilmente disposti orizzontalmente, non necessariamente a parete. La componente geometrica ha una valenza determinante in questi disegni: la dimensione labirintica delle tracce diviene, in alcuni casi, claustrofobica, fino a intrappolare la psiche del fruitore in questa dimensione segnica. L’artista non suggerisce una via d’uscita dal labirinto, anche per questo i suoi lavori rifuggono dal compiacimento dello spettatore.
La produzione di Lanzillotta è connessa alla sua passione per la ricerca musicale. Del Lanzillotta “musicista” si può rintracciare la ripetitività del gesto segnico nei suoi lavori su carta. La musica è utilizzata come sottofondo in grado di ispirare le opere, che vengono eseguite a mano in modo quasi automatico, come in un flusso di coscienza. Quello di Lanzillotta non è un lavoro “facile”, né nella realizzazione, né nella fruizione: è un lavoro lento, che raramente vive di slanci, e che non offre un approdo sicuro.
Labirinti di segni e pensieri
di Fulvio Chimento
La produzione artistica di Pier Lanzillotta (Modena, 1982) si caratterizza per una certa trasversalità linguistica.
Nei lavori di questo artista c’è un quid che si manifesta in modo ripetitivo e ossessivo: pare che le sue opere suggeriscano dei percorsi per identificare il materiale deposto nell’inconscio. Lanzillotta sembra interessato a portare alla luce soprattutto informazioni legate alla propria infanzia, per farle divenire patrimonio collettivo. Il tratto distintivo dei suoi disegni, per esempio, il segno nero su carta bianca, è presente in forma similare già in tenera età: le prime prove che attestano questo tratto risalgono al 1993, quando Lanzillotta era poco più di un bambino. Alcuni di questi disegni “puerili” sono stati presentati in occasione della mostra Delay 1993-2013 al Museo Civico di Castelfranco (2013).
Nella sua produzione più recente, Lanzillotta ha portato a estreme conseguenze la componente lenticolare presente in origine nel suo lavoro. In questa evoluzione sembra aver seguito il consiglio di uno dei suoi “padri spirituali”, quel William Blake che ci suggerisce di “vedere l’universo in un granello di sabbia”. Il segno grafico dell’artista, quando lo si osserva a distanza, si caratterizza per un’apparente semplicità, mentre avvicinandosi all’opera presenta una complessità che invita all’analisi introspettiva. Il suo disegno è simile (concettualmente) al lavoro compiuto da un incisore: scavato piuttosto che tracciato, sottrae graficamente inquadrando minimi frammenti di spazio. I lavori di Lanzillotta, per essere apprezzati integralmente, devono essere osservati da vicino, possibilmente disposti orizzontalmente, non necessariamente a parete. La componente geometrica ha una valenza determinante in questi disegni: la dimensione labirintica delle tracce diviene, in alcuni casi, claustrofobica, fino a intrappolare la psiche del fruitore in questa dimensione segnica. L’artista non suggerisce una via d’uscita dal labirinto, anche per questo i suoi lavori rifuggono dal compiacimento dello spettatore.
La produzione di Lanzillotta è connessa alla sua passione per la ricerca musicale. Del Lanzillotta “musicista” si può rintracciare la ripetitività del gesto segnico nei suoi lavori su carta. La musica è utilizzata come sottofondo in grado di ispirare le opere, che vengono eseguite a mano in modo quasi automatico, come in un flusso di coscienza. Quello di Lanzillotta non è un lavoro “facile”, né nella realizzazione, né nella fruizione: è un lavoro lento, che raramente vive di slanci, e che non offre un approdo sicuro.