opera
Nadir
categoria | Pittura |
soggetto | Astratto |
tags | astratto |
base | 40 cm |
altezza | 40 cm |
profondità | 4 cm |
anno | 2024 |
Acrilico su tela.
Dipinto originale.
Parte della serie Mirage at Noon.
Mirage At Noon è una chimera, l’illusione di forme che diventano soggetti. Il sogno di moduli che si uniscono, si impilano e creano strutture nuove.
Le nature morte, sviluppate inizialmente su piani singoli, erano i principali soggetti di Alessandro Pixa fino a qualche anno fa, quando gli oggetti estrapolati da questi scenari vengono gradualmente uniti in una differente combinazione: ognuno si impila sull’altro a creare una materia nuova, trovando inediti e inaspettati punti di congiunzione. Il passo successivo lo si raggiunge nel momento in cui quegli stessi oggetti non sono più riconoscibili di per sé, ma si rivelano semplici forme. La nuova composizione si crea sull’idea che le geometrie sovrapposte siano soggetti individuabili ma che, in equilibrio tra loro, trovino la resistenza di rievocare ciò che è o non è astratto. La libertà di unire astratto e concreto in questa dinamica di costruzione permette a questo progetto di essere imprevedibile e potenzialmente infinito.
Mirage At Noon è la massima espressione di questa ricerca: l’incarnazione di una visione del mondo come in uno stato di coscienza alterato, in cui totem fittizi si reggono immobili in un’ambientazione che si posiziona nell’incontro tra illusorio e reale.
È un confine indefinito, in cui la luce è quella calda del deserto roccioso, con un sole rovente allo zenit che punta dritto e implacabile a un terreno sempre più segnato dalla sofferenza. Il Mezzogiorno ci costringe a scontrarci con tutto ciò che ormai è cenere, che non può più essere salvato.
Questa ricerca si presenta come un’esperienza visiva e concettuale che spinge l’osservatore a esplorare la sottile linea di confine tra ciò che è tangibile e ciò che è effimero. In questo mondo sospeso tra illusione e realtà, le costruzioni immobili diventano icone di un’ambiguità intrinseca, mentre la luce del deserto fonde e confonde, svelando la complessità di un’esperienza artistica che va oltre la superficie visibile. Ogni campitura e sezione di superficie, ha un valore in queste composizioni: all’interno di uno stesso soggetto convivono varie tonalità e texture che gli conferiscono una lettura multipla, permettendogli di assumere una personalità poliedrica e complessa, ritrovando negli sfondi l’usura e la ruvidità del paesaggio ottenuta con l’applicazione di ritagli di carta sulla tela.
L’aria è incandescente e l’orizzonte è infinito. Quello che vediamo esiste davvero, oppure è solo un miraggio? E la speranza, anch’essa è frutto di un’allucinazione?
Dipinto originale.
Parte della serie Mirage at Noon.
Mirage At Noon è una chimera, l’illusione di forme che diventano soggetti. Il sogno di moduli che si uniscono, si impilano e creano strutture nuove.
Le nature morte, sviluppate inizialmente su piani singoli, erano i principali soggetti di Alessandro Pixa fino a qualche anno fa, quando gli oggetti estrapolati da questi scenari vengono gradualmente uniti in una differente combinazione: ognuno si impila sull’altro a creare una materia nuova, trovando inediti e inaspettati punti di congiunzione. Il passo successivo lo si raggiunge nel momento in cui quegli stessi oggetti non sono più riconoscibili di per sé, ma si rivelano semplici forme. La nuova composizione si crea sull’idea che le geometrie sovrapposte siano soggetti individuabili ma che, in equilibrio tra loro, trovino la resistenza di rievocare ciò che è o non è astratto. La libertà di unire astratto e concreto in questa dinamica di costruzione permette a questo progetto di essere imprevedibile e potenzialmente infinito.
Mirage At Noon è la massima espressione di questa ricerca: l’incarnazione di una visione del mondo come in uno stato di coscienza alterato, in cui totem fittizi si reggono immobili in un’ambientazione che si posiziona nell’incontro tra illusorio e reale.
È un confine indefinito, in cui la luce è quella calda del deserto roccioso, con un sole rovente allo zenit che punta dritto e implacabile a un terreno sempre più segnato dalla sofferenza. Il Mezzogiorno ci costringe a scontrarci con tutto ciò che ormai è cenere, che non può più essere salvato.
Questa ricerca si presenta come un’esperienza visiva e concettuale che spinge l’osservatore a esplorare la sottile linea di confine tra ciò che è tangibile e ciò che è effimero. In questo mondo sospeso tra illusione e realtà, le costruzioni immobili diventano icone di un’ambiguità intrinseca, mentre la luce del deserto fonde e confonde, svelando la complessità di un’esperienza artistica che va oltre la superficie visibile. Ogni campitura e sezione di superficie, ha un valore in queste composizioni: all’interno di uno stesso soggetto convivono varie tonalità e texture che gli conferiscono una lettura multipla, permettendogli di assumere una personalità poliedrica e complessa, ritrovando negli sfondi l’usura e la ruvidità del paesaggio ottenuta con l’applicazione di ritagli di carta sulla tela.
L’aria è incandescente e l’orizzonte è infinito. Quello che vediamo esiste davvero, oppure è solo un miraggio? E la speranza, anch’essa è frutto di un’allucinazione?