opera
Non c’è un cazzo da ridere
categoria | Installazione |
soggetto | Politico/Sociale |
tags | |
base | 45 cm |
altezza | 45 cm |
profondità | 3 cm |
anno | 2021 |
spray su plexiglas, cartone, legno mdf (5 pz.)
L’azione del viaggiare viene intesa come metafora
pop di un periodo storico importate e grave come quello che stiamo vivendo:
durante i lockdown infatti l’unico protagonista ad arricchirsi e ad avere avuto
l’onore di mobilità è stato soltanto uno: il trionfo incontrastato della merce - nella
fattispecie, nell’analisi di Simone il magnate Amazon e l’incremento incredibile
dello shopping online. E’ così che un elemento di cultura popolare di massa come
lo smile viene tradotto in un’espressione decisamente “sad” attraverso il
ribaltamento semantico e segnico del logo di Amazon. Non ci rimane molto da
ridere, dunque, se proviamo a empatizzare con tutti quei lavoratori che
quotidianamente subiscono orari di lavoro massacranti e condizioni pessime,
ottimizzante soltanto alla crescita economica a discapito di un’umanità, che
sempre di più, sembra latitare quando si tratta di noti brand che popolano la nostra
vita. Quello raccontato da Simone è un viaggio pasoliniano, profondamente critico
verso un mondo capitalista che ancora non comprende quanto un certo tipo di
progresso equivalga disastrosamente in un regresso - di tipo qualitativo, umano e
morale. Simone ci restituisce con un’icona pop, in maniera immediata, colorata e
ironica, giocosa e scanzonata, una tristezza da condividere - che tutti noi
dovremmo indossare per potere riflettere e tornare seriamente a ridere.
L’azione del viaggiare viene intesa come metafora
pop di un periodo storico importate e grave come quello che stiamo vivendo:
durante i lockdown infatti l’unico protagonista ad arricchirsi e ad avere avuto
l’onore di mobilità è stato soltanto uno: il trionfo incontrastato della merce - nella
fattispecie, nell’analisi di Simone il magnate Amazon e l’incremento incredibile
dello shopping online. E’ così che un elemento di cultura popolare di massa come
lo smile viene tradotto in un’espressione decisamente “sad” attraverso il
ribaltamento semantico e segnico del logo di Amazon. Non ci rimane molto da
ridere, dunque, se proviamo a empatizzare con tutti quei lavoratori che
quotidianamente subiscono orari di lavoro massacranti e condizioni pessime,
ottimizzante soltanto alla crescita economica a discapito di un’umanità, che
sempre di più, sembra latitare quando si tratta di noti brand che popolano la nostra
vita. Quello raccontato da Simone è un viaggio pasoliniano, profondamente critico
verso un mondo capitalista che ancora non comprende quanto un certo tipo di
progresso equivalga disastrosamente in un regresso - di tipo qualitativo, umano e
morale. Simone ci restituisce con un’icona pop, in maniera immediata, colorata e
ironica, giocosa e scanzonata, una tristezza da condividere - che tutti noi
dovremmo indossare per potere riflettere e tornare seriamente a ridere.