opera
Non mi ricordo (serie)
categoria | Fotografia |
soggetto | Figura umana, Politico/Sociale |
tags | Alzheimer , set photography |
base | 125 cm |
altezza | 100 cm |
profondità | 2 cm |
anno | 2015 |
Serie di fotografie digitali, Stampa lamda su dibond 125x100 cm.
Non mi ricordo.
Le storie narrate nelle mie fotografie sono storie di persone che passano da una condizione della vita a un altra, ovvero da un momento di normalità, a uno stato di demenza progressivamente degenerativa e invalidante, la malattia di Alzheimer.
La memoria è la facoltà di conservare, rievocare e riconoscere le tracce di impressioni ricevute. Quando richiamiamo in noi un ricordo, tentiamo di riprodurre e collocare nel tempo le percezioni passate. Anche quando ci proponiamo di rievocare un’immagine nel modo più fedele possibile, la memoria ci inganna: Il ricordo non è mai una riproduzione fedelissima di una percezione passata, è sempre qualcosa di nuovo e di diverso, perché una parte, seppur piccolissima, delle tracce lasciata in noi va quasi sempre perduta, e perché al residuo delle percezioni passate, si aggiunge spesso, inconsciamente, qualcosa di estraneo.
La Malattia Invisibile.
Il sintomo più comune della malattia è l’incapacità di acquisire nuove informazione e la difficoltà nel collocare eventi passati in un corretto arco temporale. Le persone affette vivono in un mondo che è non più adatto alle loro esigenze, dove la praticità acquisita nel corso degli anni, per svolgere anche i compiti più semplici, va perduta, ma sopravvive quasi sempre qualcosa del patrimonio mentale già acquisito: i ricordi più importanti che custodiscono gelosamente.
Produttore di ricordi.
Attori, parenti e persone affette dalla malattia hanno deciso di recitare in un piccolo teatro messo in scena, per esprimere il mio pensiero riguardo il comportamento della memoria. Ho preparato e fotografato delle scene silenziose e ferme, congelate dalla nitidezza delle espressioni, e ho provato la sensazione di avere a disposizione tutto il tempo del mondo per studiarle e prepararle.
La possibilità di avere avuto del tempo per raccontare le mie idee da mettere in pratica ai soggetti scelti, e contemporaneamente conoscere i racconti del loro passato, mi ha permesso di lanciarmi in un percorso parallelo alla fotografia messa in scena, basato sulle singole esperienze della loro vita.
Diretti dalle mie parole e ripresi in un loro ambiente familiare, hanno affermato la loro interazione con spazi vissuti quotidianamente, tralasciando tuttavia il fatto che stesse accadendo qualcosa di irregolare, che i mobili nelle stanze venissero addirittura spostati e una luce, talvolta un po’ gelida, li avvolgesse.
Immortalando espressioni vere invece che simulate, traspare la consapevolezza di un individuo che a un certo momento della propria vita perde il filo, per proiettarsi e immaginarsi momentaneamente in quel mondo invisibile dato dalla mancanza di percezione della realtà e del tempo come forma lineare, dove il prima e il dopo riescono a fondersi e confondersi.
“Come una ballerina sulle punte delle sue scarpette, piano, fa dei passi indietro, quando qualcuno tira il filo del sipario, le luci si spengono, e cala il silenzio.”
Non mi ricordo.
Le storie narrate nelle mie fotografie sono storie di persone che passano da una condizione della vita a un altra, ovvero da un momento di normalità, a uno stato di demenza progressivamente degenerativa e invalidante, la malattia di Alzheimer.
La memoria è la facoltà di conservare, rievocare e riconoscere le tracce di impressioni ricevute. Quando richiamiamo in noi un ricordo, tentiamo di riprodurre e collocare nel tempo le percezioni passate. Anche quando ci proponiamo di rievocare un’immagine nel modo più fedele possibile, la memoria ci inganna: Il ricordo non è mai una riproduzione fedelissima di una percezione passata, è sempre qualcosa di nuovo e di diverso, perché una parte, seppur piccolissima, delle tracce lasciata in noi va quasi sempre perduta, e perché al residuo delle percezioni passate, si aggiunge spesso, inconsciamente, qualcosa di estraneo.
La Malattia Invisibile.
Il sintomo più comune della malattia è l’incapacità di acquisire nuove informazione e la difficoltà nel collocare eventi passati in un corretto arco temporale. Le persone affette vivono in un mondo che è non più adatto alle loro esigenze, dove la praticità acquisita nel corso degli anni, per svolgere anche i compiti più semplici, va perduta, ma sopravvive quasi sempre qualcosa del patrimonio mentale già acquisito: i ricordi più importanti che custodiscono gelosamente.
Produttore di ricordi.
Attori, parenti e persone affette dalla malattia hanno deciso di recitare in un piccolo teatro messo in scena, per esprimere il mio pensiero riguardo il comportamento della memoria. Ho preparato e fotografato delle scene silenziose e ferme, congelate dalla nitidezza delle espressioni, e ho provato la sensazione di avere a disposizione tutto il tempo del mondo per studiarle e prepararle.
La possibilità di avere avuto del tempo per raccontare le mie idee da mettere in pratica ai soggetti scelti, e contemporaneamente conoscere i racconti del loro passato, mi ha permesso di lanciarmi in un percorso parallelo alla fotografia messa in scena, basato sulle singole esperienze della loro vita.
Diretti dalle mie parole e ripresi in un loro ambiente familiare, hanno affermato la loro interazione con spazi vissuti quotidianamente, tralasciando tuttavia il fatto che stesse accadendo qualcosa di irregolare, che i mobili nelle stanze venissero addirittura spostati e una luce, talvolta un po’ gelida, li avvolgesse.
Immortalando espressioni vere invece che simulate, traspare la consapevolezza di un individuo che a un certo momento della propria vita perde il filo, per proiettarsi e immaginarsi momentaneamente in quel mondo invisibile dato dalla mancanza di percezione della realtà e del tempo come forma lineare, dove il prima e il dopo riescono a fondersi e confondersi.
“Come una ballerina sulle punte delle sue scarpette, piano, fa dei passi indietro, quando qualcuno tira il filo del sipario, le luci si spengono, e cala il silenzio.”