opera
ROVER LONELY LOVER
categoria | Video |
soggetto | Paesaggio |
tags | |
minuti | 0 |
secondi | 16 |
anno | 2021 |
La vista, l'udito e forse di riflesso, con l'immaginazione, anche gli altri sensi potrebbero essere stimolati da
quest'opera che si ascolta. Il rumore di sottofondo è l'audio captato dal Rover Perseverance mentre
attraversa una sezione del cratere Jezero, nel sedicesimo giorno dal suo atterraggio su Marte, il 17 marzo
2021. Gli ingegneri della Nasa hanno combinato tre segmenti del file audio grezzo, in cui si sentono le ali
metalliche del robot che avanza sul terreno rocciosa del pianeta rosso. Un suono irregolare, che a tratti
assomiglia a quello di un respiratore e potrebbe evocare sensazioni di freddo, ruvidezza ma, sopra ogni
cosa, ha un impatto emotivo straniante, infonde un senso pervasivo di solitudine assoluta. Il rover cerca la
vita, ha la missione di trasmetterne i segnali al pianeta da cui è partito. E' stato spedito lontano da casa e
non c'è nessun altro essere, umano e non, nel mondo sconosciuto che sta perlustrando. Neanche
l'immaginario cinematografico collettivo ci consola dell'angoscia che riceviamo: ET almeno aveva dei simili
nel pianeta da cui veniva e alla fine è tornato a casa. Il Perseverance richiama di più il robottino disneyano
Wall-e, rimasto solo sulla terra abbandonata dagli umani perché invasa dai rifiuti che lui aveva il compito di
compattare. Solo per 700 anni, fino all'arrivo dal cielo di Eve, una robot esploratrice. Qui però si esce dal
campo della fantascienza e alla tenerezza infinita che anche Wall-e ispirava, si aggiunge uno smarrimento
opprimente. Al rumore prodotto e registrato dal robot , che suona alieno anche alle nostre orecchie, si
sovrappongono immagini che vorrebbero alludere a qualche forma di quella vita di cui va in cerca. Un
occhio, una bocca, un fiore, una scritta. Qualsiasi canale di comunicazione che passi attraverso sguardi,
parole, un ambiente naturale che contempli animali e piante e che abbia altri colori , oltre al rosso ferroso
di quella superficie. Compaiono macchie rosse e grigie, come lampi di luce che non lasciano il tempo di
vedere nulla e scompaiono subito, di nuovo, nel buio. Un vortice che vorrebbe condurre la vista chissà
dove. Ma niente. Resta il suono del rover che ha nel nome la perseveranza di chi continua a cercare
ostinatamente la vita, una strada, una via d'uscita, un senso alla direzione che ha preso. Ma riamane solo.
Irrimediabilmente o meno, la lettura resta aperta. Si può immaginare che la costanza venga prima o poi
premiata, o assaporare la commozione spaventosa e struggente di questa rappresentazione della
solitudine, nella sua forma più totale.
quest'opera che si ascolta. Il rumore di sottofondo è l'audio captato dal Rover Perseverance mentre
attraversa una sezione del cratere Jezero, nel sedicesimo giorno dal suo atterraggio su Marte, il 17 marzo
2021. Gli ingegneri della Nasa hanno combinato tre segmenti del file audio grezzo, in cui si sentono le ali
metalliche del robot che avanza sul terreno rocciosa del pianeta rosso. Un suono irregolare, che a tratti
assomiglia a quello di un respiratore e potrebbe evocare sensazioni di freddo, ruvidezza ma, sopra ogni
cosa, ha un impatto emotivo straniante, infonde un senso pervasivo di solitudine assoluta. Il rover cerca la
vita, ha la missione di trasmetterne i segnali al pianeta da cui è partito. E' stato spedito lontano da casa e
non c'è nessun altro essere, umano e non, nel mondo sconosciuto che sta perlustrando. Neanche
l'immaginario cinematografico collettivo ci consola dell'angoscia che riceviamo: ET almeno aveva dei simili
nel pianeta da cui veniva e alla fine è tornato a casa. Il Perseverance richiama di più il robottino disneyano
Wall-e, rimasto solo sulla terra abbandonata dagli umani perché invasa dai rifiuti che lui aveva il compito di
compattare. Solo per 700 anni, fino all'arrivo dal cielo di Eve, una robot esploratrice. Qui però si esce dal
campo della fantascienza e alla tenerezza infinita che anche Wall-e ispirava, si aggiunge uno smarrimento
opprimente. Al rumore prodotto e registrato dal robot , che suona alieno anche alle nostre orecchie, si
sovrappongono immagini che vorrebbero alludere a qualche forma di quella vita di cui va in cerca. Un
occhio, una bocca, un fiore, una scritta. Qualsiasi canale di comunicazione che passi attraverso sguardi,
parole, un ambiente naturale che contempli animali e piante e che abbia altri colori , oltre al rosso ferroso
di quella superficie. Compaiono macchie rosse e grigie, come lampi di luce che non lasciano il tempo di
vedere nulla e scompaiono subito, di nuovo, nel buio. Un vortice che vorrebbe condurre la vista chissà
dove. Ma niente. Resta il suono del rover che ha nel nome la perseveranza di chi continua a cercare
ostinatamente la vita, una strada, una via d'uscita, un senso alla direzione che ha preso. Ma riamane solo.
Irrimediabilmente o meno, la lettura resta aperta. Si può immaginare che la costanza venga prima o poi
premiata, o assaporare la commozione spaventosa e struggente di questa rappresentazione della
solitudine, nella sua forma più totale.