opera
Sinfonietta
categoria | Installazione |
soggetto | Astratto |
tags | Pinacoteca "Antonio Sapone", sinfonietta, site specific, Leoš Janáček, gente di mare, Gaeta |
base | 10000 cm |
altezza | 550 cm |
profondità | 3000 cm |
anno | 2016 |
E' un'installazione site specific per la Pinacoteca di arte contemporanea "Antonio Sapone" di Gaeta, dedicata alla gente di mare. E' in ferro zincato, lamiera verniciata a fuoco e tubi di rame . E' formata dai tubi di aerazione e da grosse bobine provenienti dall'officina meccanica della Scuola Nautica che aveva sede alcuni decenni fa proprio nel Palazzo San Giacomo dove ora si trova la Civica Pinacoteca. All'inizio era stata pensata come fontana, senza le grosse bobine.
Sul pieghevole della Pinacoteca possiamo leggere:
"Installazione realizzata con tubi di aerazione e bobine della sottostante officina meccanica dell’Istituto Professionale per le attività Marinare dismesso dopo aver formato generazioni di marittimi. Il titolo è ispirato all’omonima opera di Leos Janaceck.
"Hanno collaborato alla realizzazione dell’opera: Antonio Lieto e Vincenzo Lieto; Artigiani: Vlorel Toma, Sergiu Toma, Andrea Di Maccio, Pasquale Leccese, Ivano Vecchio; contributo alla progettazione tecnica: Olaf Andre Bohr.
"È l’arte, ancora una volta, a dare il buon esempio praticando i talenti del riciclo e cioè recuperando e conferendo valore e significati nuovi a quanto è stato accantonato o rifiutato nella nostra società dei consumi e degli sprechi; e intanto aprendosi all’altro e cioè entrando nel vivo di un contesto, così da riscoprirlo e da rinvigorirlo, così da candidarsi a occasione e a strumento di socializzazione e di partecipazione comunitaria; e infine componendosi in un’opera in cui resiste, e guarda lontano, la memoria.
Protagonista rigorosa e appassionata di un’arte pubblica e relazionale, a forte vocazione ecologica, tesa a rendere esemplare e convinta testimonianza, con Sinfonietta (un nome sinestetico, prestato alla scultura dalla musica, che reca tracce anche di reimpieghi letterari) Kika Bohr costruisce un’installazione che ri-assembla trouvailles e componenti dismessi, legati strettamente alla storia materiale di Gaeta e ai suoi mestieri per mare, per ambientarli, con discrezione, con eleganza, senza invadenza alcuna, in uno spazio – una sorta di cavea negli esterni della Pinacoteca – che è conservato integro per quel che concerne misure e assetto, ma che, nel mentre, ne viene riqualificato, eletto ad una funzione simbolica, reso idealmente praticabile, riempito di preesistenze rivelate e di vissuto potenziale.
Attorniato da sei cilindri cavi, che sono fatti aggettare al modo di larghe epperò temperate infiorescenze le quali disegnano un arcipelago ovvero segnano emersioni in una laguna, al centro dell’area su cui insiste, si slancia un elemento e svetta alto: dirama alcuni brevi bracci e frattanto ne riceve tacche di colore.
Sembra che convogli acqua e la proietti – perciò zampilli in forma di pistilli appena accennati – e anzi la doni, bene comune e comune necessità vitale, seme e progetto, origine nuova, nell’habitat di cui è presidio. Epperò non gli è estraneo il senso dell’avvistare, che è proprio di un faro o di un periscopio: dell’avvistare come guardare oltre, come aprire finalmente gli occhi che teniamo chiusi. Epperò non disdice l’idea di un congegno verticale fatto per accogliere i suoni e per emetterli, per rielaborarli e per trasmetterli facendosi ponte.
Questo elemento che svetta discreto è una specie di obelisco. È una sentinella della memoria. È annuncio di vite di mare sedimentate nelle nostre vite. È totem con una sua laica sacralità. Per questo gli è dato mandato di invitare, di chiamare e di riunire intorno a sé, in una piazza ideale, una collettività ritrovata, scolpendo il messaggio della forza liberatoria e della promessa di emancipazione umana contenute nella cultura e nell’arte.
(prof. Marcello Carlino)
Sul pieghevole della Pinacoteca possiamo leggere:
"Installazione realizzata con tubi di aerazione e bobine della sottostante officina meccanica dell’Istituto Professionale per le attività Marinare dismesso dopo aver formato generazioni di marittimi. Il titolo è ispirato all’omonima opera di Leos Janaceck.
"Hanno collaborato alla realizzazione dell’opera: Antonio Lieto e Vincenzo Lieto; Artigiani: Vlorel Toma, Sergiu Toma, Andrea Di Maccio, Pasquale Leccese, Ivano Vecchio; contributo alla progettazione tecnica: Olaf Andre Bohr.
"È l’arte, ancora una volta, a dare il buon esempio praticando i talenti del riciclo e cioè recuperando e conferendo valore e significati nuovi a quanto è stato accantonato o rifiutato nella nostra società dei consumi e degli sprechi; e intanto aprendosi all’altro e cioè entrando nel vivo di un contesto, così da riscoprirlo e da rinvigorirlo, così da candidarsi a occasione e a strumento di socializzazione e di partecipazione comunitaria; e infine componendosi in un’opera in cui resiste, e guarda lontano, la memoria.
Protagonista rigorosa e appassionata di un’arte pubblica e relazionale, a forte vocazione ecologica, tesa a rendere esemplare e convinta testimonianza, con Sinfonietta (un nome sinestetico, prestato alla scultura dalla musica, che reca tracce anche di reimpieghi letterari) Kika Bohr costruisce un’installazione che ri-assembla trouvailles e componenti dismessi, legati strettamente alla storia materiale di Gaeta e ai suoi mestieri per mare, per ambientarli, con discrezione, con eleganza, senza invadenza alcuna, in uno spazio – una sorta di cavea negli esterni della Pinacoteca – che è conservato integro per quel che concerne misure e assetto, ma che, nel mentre, ne viene riqualificato, eletto ad una funzione simbolica, reso idealmente praticabile, riempito di preesistenze rivelate e di vissuto potenziale.
Attorniato da sei cilindri cavi, che sono fatti aggettare al modo di larghe epperò temperate infiorescenze le quali disegnano un arcipelago ovvero segnano emersioni in una laguna, al centro dell’area su cui insiste, si slancia un elemento e svetta alto: dirama alcuni brevi bracci e frattanto ne riceve tacche di colore.
Sembra che convogli acqua e la proietti – perciò zampilli in forma di pistilli appena accennati – e anzi la doni, bene comune e comune necessità vitale, seme e progetto, origine nuova, nell’habitat di cui è presidio. Epperò non gli è estraneo il senso dell’avvistare, che è proprio di un faro o di un periscopio: dell’avvistare come guardare oltre, come aprire finalmente gli occhi che teniamo chiusi. Epperò non disdice l’idea di un congegno verticale fatto per accogliere i suoni e per emetterli, per rielaborarli e per trasmetterli facendosi ponte.
Questo elemento che svetta discreto è una specie di obelisco. È una sentinella della memoria. È annuncio di vite di mare sedimentate nelle nostre vite. È totem con una sua laica sacralità. Per questo gli è dato mandato di invitare, di chiamare e di riunire intorno a sé, in una piazza ideale, una collettività ritrovata, scolpendo il messaggio della forza liberatoria e della promessa di emancipazione umana contenute nella cultura e nell’arte.
(prof. Marcello Carlino)