opera
Stanza fotogenica#21
categoria | Fotografia |
soggetto | Architettura |
tags | spazio, prospettiva, room, fine art, light, luce artificiale , interior design, staged photography |
base | 80 cm |
altezza | 80 cm |
profondità | 5 cm |
anno | 2022 |
Stefano Tubaro | progetto “Stanze fotogeniche” | 2019 - in corso
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Stanza fotogenica#21, stampa fine art giclée ai pigmenti di colore su carta cotone, 3 esemplari, assemblaggio su pannello acid free, cornice in legno di faggio
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Rullini, pinzette, bacinelle, caricatori di diapositive, spirali di caricamento della pellicola, ‘telaietti’. Sono questi gli oggetti di un passato fotografico che Stefano Tubaro raccoglie e posiziona su carta per rilanciare, off camera, identità nuove. L’esposizione multipla (alla luce) crea moltiplicazione fantastica che narra di regole che furono, di storie nuove, di invenzione. E narra di una passione grande, quella dell’autore, per la fotografia. Nascono pezzi unici che conoscono il corrispettivo positivo in una genetica volta a condurre il riguardante fuori dal dato di partenza in modo da creare con fare moltiplicativo superfici, spazi… stanze. Dove il fotografo si chiude, dopo una vita di oggettività e colore, come in un mondo fantastico per trovare la personale dimensione di avvolgimento e pensiero. Gli umili servitori dell’analogico non si leggono più, ma sono lì. Rimangono come memoria connaturata delle “stanze fotogeniche”, costruite manualmente dal fotografo come teatrini e volte, come dice il titolo, ad elevare esteticamente la realtà. Rifotografate, questa volta in digitale, rendono omaggio alla fotografia, alla sua storia materiale, al suo potere di trasformazione in termine di sogno, utopia, visione e cambiamento. Le stanze di Tubaro questo raccontano in una dichiarazione d’amore per un mondo che, cambiando, cambia il mondo nella memoria di se stesso. “Fotogenicamente”.
Francesca Agostinelli
(testo per il Festival Fotografia Europea, Reggio Emilia, 2020)
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[…] Infine le Stanze fotogeniche rappresentano la summa di una ricerca pressoché inesauribile. Stefano Tubaro ignora la realtà circostante (chiusa e pandemica). Eludendo ogni sistema di riferimento naturalistico egli crea ambienti scenografici realizzati in laboratorio, dove tutto è progettato ex ante. “Vere finzioni” di luoghi architettonici mai abitati, queste stanze hanno pareti e pavimentazioni decorate da texture cinetiche, realizzate appositamente in camera oscura su carta fotosensibile. L’artista suggerisce circuiti percettivi inesplorati, che trascendono il reale. L’assenza di elementi d’arredo impedisce la percezione in scala degli spazi che paiono immensi o di piccole dimensioni; in queste “sculture del vuoto” si oltrepassa il presente in vista di possibili scenari diversi e di tempi vitali. Varia di molto la lettura visiva dei luoghi, influenzata dal numero delle sorgenti che illuminano le stanze e dal loro posizionamento: giocare con queste variabili permette a Stefano Tubaro di ottenere effetti poetici emotivamente coinvolgenti, a seconda dell’intento e dell’esposizione dei colori ora più eterei e allusivi: l’indaco, i grigi polverosi azzurrognoli, le sfumature tenui dei rosa antichi, le trasparenze degli ori e dei riverberi argentei di certi tramonti siderali. Le fonti di luce trasversale, a volte direzionate dall’alto, creano equilibri di ombre in grado di modellare gli spazi nella loro interezza. La creazione di contrasti tra le luci d’accento e quelle di atmosfera affida all’illuminazione l’istituzione di una gerarchia percettiva che valorizza singole zone, gli angoli in particolare, o i confini più lontani che si raggiungono trapassando le aperture. Attraverso sottili tagli longilinei si generano lampi luminosi, bagliori e lame cromatiche sui soffitti e le pareti che aggiungono un delicato effetto di tridimensionalità alla lettura visiva. In essa le possibilità sono molte e dipendono da cosa l’artista desidera esaltare: una finestra tonda? Il suolo sospeso ed etereo? La morbidezza dello sfondo che sconfina nel silenzio dato? D’altronde la luce/colore, nelle opere recenti di Stefano Tubaro, non è solo “oggetto” della percezione, ma qualcosa che non può esaurirsi nel suo fenomeno, è un concetto simbolico, rivelatore di un tempo sconnesso, interiore, per certi aspetti meditativo e spirituale. Si concretizza così, nell’immagine delle Stanze fotogeniche, l’evento/specchio della natura personale-intimistica della sua poetica. Ogni autentica ispirazione artistica di Stefano Tubaro, nella tensione fattuale più concreta, supera i limiti del già dato o del già presupposto e apre finalmente al non ancora.
Alessandra Santin
(testo di presentazione nel catalogo della mostra “Tracce luminose” Fotografie 1997-2022, Sala Veruda di Palazzo Costanzi, Trieste, 2023)
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Stanza fotogenica#21, stampa fine art giclée ai pigmenti di colore su carta cotone, 3 esemplari, assemblaggio su pannello acid free, cornice in legno di faggio
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Rullini, pinzette, bacinelle, caricatori di diapositive, spirali di caricamento della pellicola, ‘telaietti’. Sono questi gli oggetti di un passato fotografico che Stefano Tubaro raccoglie e posiziona su carta per rilanciare, off camera, identità nuove. L’esposizione multipla (alla luce) crea moltiplicazione fantastica che narra di regole che furono, di storie nuove, di invenzione. E narra di una passione grande, quella dell’autore, per la fotografia. Nascono pezzi unici che conoscono il corrispettivo positivo in una genetica volta a condurre il riguardante fuori dal dato di partenza in modo da creare con fare moltiplicativo superfici, spazi… stanze. Dove il fotografo si chiude, dopo una vita di oggettività e colore, come in un mondo fantastico per trovare la personale dimensione di avvolgimento e pensiero. Gli umili servitori dell’analogico non si leggono più, ma sono lì. Rimangono come memoria connaturata delle “stanze fotogeniche”, costruite manualmente dal fotografo come teatrini e volte, come dice il titolo, ad elevare esteticamente la realtà. Rifotografate, questa volta in digitale, rendono omaggio alla fotografia, alla sua storia materiale, al suo potere di trasformazione in termine di sogno, utopia, visione e cambiamento. Le stanze di Tubaro questo raccontano in una dichiarazione d’amore per un mondo che, cambiando, cambia il mondo nella memoria di se stesso. “Fotogenicamente”.
Francesca Agostinelli
(testo per il Festival Fotografia Europea, Reggio Emilia, 2020)
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[…] Infine le Stanze fotogeniche rappresentano la summa di una ricerca pressoché inesauribile. Stefano Tubaro ignora la realtà circostante (chiusa e pandemica). Eludendo ogni sistema di riferimento naturalistico egli crea ambienti scenografici realizzati in laboratorio, dove tutto è progettato ex ante. “Vere finzioni” di luoghi architettonici mai abitati, queste stanze hanno pareti e pavimentazioni decorate da texture cinetiche, realizzate appositamente in camera oscura su carta fotosensibile. L’artista suggerisce circuiti percettivi inesplorati, che trascendono il reale. L’assenza di elementi d’arredo impedisce la percezione in scala degli spazi che paiono immensi o di piccole dimensioni; in queste “sculture del vuoto” si oltrepassa il presente in vista di possibili scenari diversi e di tempi vitali. Varia di molto la lettura visiva dei luoghi, influenzata dal numero delle sorgenti che illuminano le stanze e dal loro posizionamento: giocare con queste variabili permette a Stefano Tubaro di ottenere effetti poetici emotivamente coinvolgenti, a seconda dell’intento e dell’esposizione dei colori ora più eterei e allusivi: l’indaco, i grigi polverosi azzurrognoli, le sfumature tenui dei rosa antichi, le trasparenze degli ori e dei riverberi argentei di certi tramonti siderali. Le fonti di luce trasversale, a volte direzionate dall’alto, creano equilibri di ombre in grado di modellare gli spazi nella loro interezza. La creazione di contrasti tra le luci d’accento e quelle di atmosfera affida all’illuminazione l’istituzione di una gerarchia percettiva che valorizza singole zone, gli angoli in particolare, o i confini più lontani che si raggiungono trapassando le aperture. Attraverso sottili tagli longilinei si generano lampi luminosi, bagliori e lame cromatiche sui soffitti e le pareti che aggiungono un delicato effetto di tridimensionalità alla lettura visiva. In essa le possibilità sono molte e dipendono da cosa l’artista desidera esaltare: una finestra tonda? Il suolo sospeso ed etereo? La morbidezza dello sfondo che sconfina nel silenzio dato? D’altronde la luce/colore, nelle opere recenti di Stefano Tubaro, non è solo “oggetto” della percezione, ma qualcosa che non può esaurirsi nel suo fenomeno, è un concetto simbolico, rivelatore di un tempo sconnesso, interiore, per certi aspetti meditativo e spirituale. Si concretizza così, nell’immagine delle Stanze fotogeniche, l’evento/specchio della natura personale-intimistica della sua poetica. Ogni autentica ispirazione artistica di Stefano Tubaro, nella tensione fattuale più concreta, supera i limiti del già dato o del già presupposto e apre finalmente al non ancora.
Alessandra Santin
(testo di presentazione nel catalogo della mostra “Tracce luminose” Fotografie 1997-2022, Sala Veruda di Palazzo Costanzi, Trieste, 2023)