opera
Viaggio nei non luoghi
categoria | Fotografia |
soggetto | Architettura |
tags | paesaggio, arte, fotografia |
base | 30 cm |
altezza | 10 cm |
profondità | 2 cm |
anno | 2017 |
L’evoluzione dei linguaggi contemporanei e delle nuove tecnologie, generano nuovi stimoli
creativi e nuove consapevolezze dello sguardo sul mondo che ci circonda.
La mia ricerca fotografica nasce da una riflessione critica in merito ai luoghi massificanti
del contemporaneo, in particolar modo ai centri commerciali, spazi in cui moltitudini di
individui si incrociano senza entrare in relazione, spinti solo dal desiderio di consumare o di
accelerare le operazioni quotidiane. Sono strutture sempre più presenti nella nostra cultura
occidentale, specchio di una società che si identifica nel consumismo. Partendo dal concetto dei
“Nonluoghi”, termine introdotto dall’etno-antropologo francese Marc Augé nel 1992, ho posto l’attenzione alle strutture di accesso ed uscita dei centri commerciali.
I nonluoghi, hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici e
comprendono le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone
e dei beni. Il concetto chiave su cui si basa la mia ricerca, è l’idea che i centri
commerciali siano luoghi alienanti, quindi le stesse strutture di accesso ed uscita sono la
manifestazione della loro estraniazione.
Scopo della mia ricerca fotografica è quello di propone una riflessione in merito alla
visione del paesaggio contemporaneo, immergere lo sguardo del fruitore in labirintiche
strutture di cemento, condurlo a riflettere per offrire la possibilità di scorgere,
tra esse, nuovi orizzonti.
Forme geometriche, lineari, essenziali, generate dall’intreccio di strutture architettoniche,
che sembrano unire, oltre al cemento, cielo e terra, in un abbraccio infinito. Infatti, gli stessi
fotogrammi, elaborati in fase di post-produzione ed accostati in maniera speculare
in un’unica immagine, restituiscono una nuova struttura del “nonluogo”.
In questo “rebus” visivo, in cui lo spazio ed il tempo vengono volutamente compressi,
la soluzione risiede nel continuo flusso immaginario di entrata ed uscita in queste aberranti
ed alienanti strutture architettoniche.
Le strutture, in assenza di flusso “fisico”, si presentano come uno scheletro, creando nuovi orizzonti di possibilità ed interpretazione visiva del paesaggio contemporaneo.
Fotografie in bianco e nero, stampa su carta cotone.
creativi e nuove consapevolezze dello sguardo sul mondo che ci circonda.
La mia ricerca fotografica nasce da una riflessione critica in merito ai luoghi massificanti
del contemporaneo, in particolar modo ai centri commerciali, spazi in cui moltitudini di
individui si incrociano senza entrare in relazione, spinti solo dal desiderio di consumare o di
accelerare le operazioni quotidiane. Sono strutture sempre più presenti nella nostra cultura
occidentale, specchio di una società che si identifica nel consumismo. Partendo dal concetto dei
“Nonluoghi”, termine introdotto dall’etno-antropologo francese Marc Augé nel 1992, ho posto l’attenzione alle strutture di accesso ed uscita dei centri commerciali.
I nonluoghi, hanno la prerogativa di non essere identitari, relazionali e storici e
comprendono le strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone
e dei beni. Il concetto chiave su cui si basa la mia ricerca, è l’idea che i centri
commerciali siano luoghi alienanti, quindi le stesse strutture di accesso ed uscita sono la
manifestazione della loro estraniazione.
Scopo della mia ricerca fotografica è quello di propone una riflessione in merito alla
visione del paesaggio contemporaneo, immergere lo sguardo del fruitore in labirintiche
strutture di cemento, condurlo a riflettere per offrire la possibilità di scorgere,
tra esse, nuovi orizzonti.
Forme geometriche, lineari, essenziali, generate dall’intreccio di strutture architettoniche,
che sembrano unire, oltre al cemento, cielo e terra, in un abbraccio infinito. Infatti, gli stessi
fotogrammi, elaborati in fase di post-produzione ed accostati in maniera speculare
in un’unica immagine, restituiscono una nuova struttura del “nonluogo”.
In questo “rebus” visivo, in cui lo spazio ed il tempo vengono volutamente compressi,
la soluzione risiede nel continuo flusso immaginario di entrata ed uscita in queste aberranti
ed alienanti strutture architettoniche.
Le strutture, in assenza di flusso “fisico”, si presentano come uno scheletro, creando nuovi orizzonti di possibilità ed interpretazione visiva del paesaggio contemporaneo.
Fotografie in bianco e nero, stampa su carta cotone.