opera
zoologia fantastica- Il centoteste
categoria | Digital art |
soggetto | Natura, Astratto, Animale |
tags | luis borges, zoologia, fantastica, Bye Bye Butterfly, pauline oliveros, Africa, povere creature, Mary Shelley |
base | 350 cm |
altezza | 270 cm |
profondità | 7 cm |
anno | 2022 |
Questo ciclo di opere che formano la “Zoologia Fantastica” è caratterizzato da due aspetti salienti: l’alterazione, la scomposizione e ricomposizione arbitraria del reale così come lo conosciamo – relativamente agli animali proposti – sfociando in un surrealismo visionario, e la specifica realizzazione tecnica, lucida, impeccabile, graficamente raffinatissima, grazie all’applicazione delle tecnologie digitali e alla controllata composizione dei fotomontaggi.
Tra questi due parametri, tra loro in apparenza contrastanti, si svolge un racconto originale, favoloso e mitologico che evoca un fauna di terra e di aria, rimandandoci ad animali noti, ma del tutto stravolti. L’ispirazione viene dai racconti chimerici di Jorge Luis Borges.
Va ricordato che questo trend dell’alterazione del reale, del gioco combinatorio per cui in una figura s’innesta un qualcosa che con essa non ha nulla a che vedere, o viceversa ne sottrae qualcosa per cui risulta monca o traforata, svuotata, come nel caso dei pachidermi, Giordano Rizzardi lo ha già espletato in altri cicli, in particolare nei “Circensi” _ un mix stravagante ed inquietante di umani ed elementi alieni, artificiali, e nelle “Biciclette, macchine inutili in composizione libera” un divertissement grottesco e raffinatissimo di accostamenti impossibili. L’autore, negli stravolgimenti, sottende un pensiero, una necessità di leggere, tramite la libertà creativa, il mondo, il reale, in modo anticonvenzionale, sottraendosi all’omologazione di una comunicazione appiattita e acritica, sviluppata dai mass-media.
Dando libero sfogo all’immaginazione, alla chimera, all’inverosimile, costruisce un bestiario paradossale che si sottrae alle leggi della gravità, che compare a testa in giù, e pure gli alberi crescono alla rovescia, ambientato in paesaggi a loro volta alterati, resi asettici, lunari, e si propone in diverse modalità. Ossia in grandi composizioni dal titolo allusivo e significativo come “Olimpo”, zoomorfo evidentemente, che raduna animali disparati, per lo più africani, in cui – dice l’autore – “sembra di assistere alle prodigiose metamorfosi grazie a cui Zeus consumava i sui mitologici amplessi”, oppure animali singoli, o accorpati in trittici, o ancora le sequenze di “dialoghi” dove due diverse mitiche creature s’incontrano in un perfetto equilibrio compositivo. C’è anche la sequenza degli insetti, stampati su tela, dalle ramificazioni arboree, costituendo un sorprendente ibrido vegeto- animale. Sembrano evocare l’ibridismo bio-tecnologico oggi in atto, a livello di ricerca e di applicazioni tecno-scientifiche.
Tra questi due parametri, tra loro in apparenza contrastanti, si svolge un racconto originale, favoloso e mitologico che evoca un fauna di terra e di aria, rimandandoci ad animali noti, ma del tutto stravolti. L’ispirazione viene dai racconti chimerici di Jorge Luis Borges.
Va ricordato che questo trend dell’alterazione del reale, del gioco combinatorio per cui in una figura s’innesta un qualcosa che con essa non ha nulla a che vedere, o viceversa ne sottrae qualcosa per cui risulta monca o traforata, svuotata, come nel caso dei pachidermi, Giordano Rizzardi lo ha già espletato in altri cicli, in particolare nei “Circensi” _ un mix stravagante ed inquietante di umani ed elementi alieni, artificiali, e nelle “Biciclette, macchine inutili in composizione libera” un divertissement grottesco e raffinatissimo di accostamenti impossibili. L’autore, negli stravolgimenti, sottende un pensiero, una necessità di leggere, tramite la libertà creativa, il mondo, il reale, in modo anticonvenzionale, sottraendosi all’omologazione di una comunicazione appiattita e acritica, sviluppata dai mass-media.
Dando libero sfogo all’immaginazione, alla chimera, all’inverosimile, costruisce un bestiario paradossale che si sottrae alle leggi della gravità, che compare a testa in giù, e pure gli alberi crescono alla rovescia, ambientato in paesaggi a loro volta alterati, resi asettici, lunari, e si propone in diverse modalità. Ossia in grandi composizioni dal titolo allusivo e significativo come “Olimpo”, zoomorfo evidentemente, che raduna animali disparati, per lo più africani, in cui – dice l’autore – “sembra di assistere alle prodigiose metamorfosi grazie a cui Zeus consumava i sui mitologici amplessi”, oppure animali singoli, o accorpati in trittici, o ancora le sequenze di “dialoghi” dove due diverse mitiche creature s’incontrano in un perfetto equilibrio compositivo. C’è anche la sequenza degli insetti, stampati su tela, dalle ramificazioni arboree, costituendo un sorprendente ibrido vegeto- animale. Sembrano evocare l’ibridismo bio-tecnologico oggi in atto, a livello di ricerca e di applicazioni tecno-scientifiche.