Tutto il mio lavoro nasce da una necessità personale di non subire più passivamente il gesto di Lucio Fontana che ha innegabilmente ed inevitabilmente traghettato l'arte nella terza dimensione, nello spazio intorno a noi con tutte le conseguenze del caso e a quanto pare dichiarato la fine della pittura e non solo di essa.
Da una profonda necessità di modificare quello stato di cose, a tal punto acquisito che non appena venuto a conoscenza (pensiero spazialista) non esitai ad indagare io stesso al di fuori della tela, abbandonando immediatamente la pittura per anni.
Poi venne la prima idea, che risale al 1993 fu quella di esorcizzare quel taglio mediante la sutura dello stesso, un gesto banale ed apparentemente negazionista ma che in realtà non lo era affatto, almeno non nel mio intento!
La mia intenzione non è mai stata quella di negare le dinamiche artistiche o movimenti susseguitisi e che hanno, come tutto se adeguatamente contestualizzato, una valenza più o meno significativa nel contesto artistico, ma solo permettermi di ri-manere sulla superficie senza sentirmi sorpassato, vecchio o inutile all'arte con la A maiuscola!
Ai galleristi dell'epoca il mio lavoro è sempre apparso come una provocazione, come facessi il verso a L. Fontana, come facessi i baffi alla Gioconda e come tale sterile, senza ulteriori possibilità di sviluppi.
Oggi mi sono riappropriato della superficie per me e per chi vorrà, il mio lavoro vuole essere il superamento del mirabile gesto Fontaniano, non certo una provocazione. E' qualcosa di più grande, forse anche di me... legittima chi nel 21 secolo vuole stare sulla superficie, vuole dare una possibilità reale a chi desidera continuare a dipingere, a chi non ha mai smesso di farlo o a chi vorrebbe iniziare a farlo!
Oggi le mie tele sono diverse dai quei semplici iniziali monotagli ricuciti, ho sviluppato un mio stile, più ludico, più definito. Oggi disegno grazie a tagli e cuciture che hanno sostituito matite e carboncini, a volte anche trascendendo la figurazione, sto percorrendo una sorta di via al contrario, dove dopo essermi riappropriato del supporto, mi riapproprio della materia, del disegno, addirittura della figura... dei colori, sempre rimanendo fedele al concetto originario, al mio credo... legittimare la libertà di restare o tornare sulla tela senza che questo venga considerato semplice nostalgia.
A rafforzare questa mia tesi, convinzione, è stato anche l'ultimo messaggio che Alberto Burri ci ha lasciato e visibile a Città di Castello, dove possiamo vedere nell'ultima piccola stanza dello splendido ed enorme museo antologico a lui dedicato, alcune basiche tele monocrome semplicemente colorate con tinte primarie! Ecco credo proprio che se anche il maestro, dopo una vita al di fuori del comune, al di fuori della superficie se pensiamo agli enormi cretti o cellotex, abbia prima di congedarsi sentito la necessità di tornare ad imbrattare tele che forse sia necessario fare qualcosa.
Rivendico il diritto, dopo essere andato oltre quella porta, oltre quella tela e aver esplorato altre dimensioni e spazi di ritornare indietro, di poterla chiudere come da sempre rappresento attraverso le mie suture, di chiudere quella porta alle mie spalle per andare se possibile oltre o al massimo di lasciarla socchiusa... per non dimenticare che le vie dell'arte sono sempre imprevedibili.
Da una profonda necessità di modificare quello stato di cose, a tal punto acquisito che non appena venuto a conoscenza (pensiero spazialista) non esitai ad indagare io stesso al di fuori della tela, abbandonando immediatamente la pittura per anni.
Poi venne la prima idea, che risale al 1993 fu quella di esorcizzare quel taglio mediante la sutura dello stesso, un gesto banale ed apparentemente negazionista ma che in realtà non lo era affatto, almeno non nel mio intento!
La mia intenzione non è mai stata quella di negare le dinamiche artistiche o movimenti susseguitisi e che hanno, come tutto se adeguatamente contestualizzato, una valenza più o meno significativa nel contesto artistico, ma solo permettermi di ri-manere sulla superficie senza sentirmi sorpassato, vecchio o inutile all'arte con la A maiuscola!
Ai galleristi dell'epoca il mio lavoro è sempre apparso come una provocazione, come facessi il verso a L. Fontana, come facessi i baffi alla Gioconda e come tale sterile, senza ulteriori possibilità di sviluppi.
Oggi mi sono riappropriato della superficie per me e per chi vorrà, il mio lavoro vuole essere il superamento del mirabile gesto Fontaniano, non certo una provocazione. E' qualcosa di più grande, forse anche di me... legittima chi nel 21 secolo vuole stare sulla superficie, vuole dare una possibilità reale a chi desidera continuare a dipingere, a chi non ha mai smesso di farlo o a chi vorrebbe iniziare a farlo!
Oggi le mie tele sono diverse dai quei semplici iniziali monotagli ricuciti, ho sviluppato un mio stile, più ludico, più definito. Oggi disegno grazie a tagli e cuciture che hanno sostituito matite e carboncini, a volte anche trascendendo la figurazione, sto percorrendo una sorta di via al contrario, dove dopo essermi riappropriato del supporto, mi riapproprio della materia, del disegno, addirittura della figura... dei colori, sempre rimanendo fedele al concetto originario, al mio credo... legittimare la libertà di restare o tornare sulla tela senza che questo venga considerato semplice nostalgia.
A rafforzare questa mia tesi, convinzione, è stato anche l'ultimo messaggio che Alberto Burri ci ha lasciato e visibile a Città di Castello, dove possiamo vedere nell'ultima piccola stanza dello splendido ed enorme museo antologico a lui dedicato, alcune basiche tele monocrome semplicemente colorate con tinte primarie! Ecco credo proprio che se anche il maestro, dopo una vita al di fuori del comune, al di fuori della superficie se pensiamo agli enormi cretti o cellotex, abbia prima di congedarsi sentito la necessità di tornare ad imbrattare tele che forse sia necessario fare qualcosa.
Rivendico il diritto, dopo essere andato oltre quella porta, oltre quella tela e aver esplorato altre dimensioni e spazi di ritornare indietro, di poterla chiudere come da sempre rappresento attraverso le mie suture, di chiudere quella porta alle mie spalle per andare se possibile oltre o al massimo di lasciarla socchiusa... per non dimenticare che le vie dell'arte sono sempre imprevedibili.