Nata in Italia, a Roma, nel 1991, vivo a Londra dal 2009, dove ho completato un BA in Fine Arts and History of Art alla Goldsmiths University (BA) nel 2015 ed un MA in Fine Arts alla Slade School of Fine Art (UCL), nel 2017. Attualmente, il mio lavoro si colloca nel contesto della crisi ecologica odierna ed esplora la vitalità del mondo e visioni non-antropocentriche, utilizzando empatia, vulnerabilita’, ed il concetto di caring for (“prendersi cura di”) come basi per stimolare nuove connessioni con tutto cio’ che e’ altro-da-umano. Le mie installazioni presentano spesso animali o elementi non umani, con l’obiettivo di stimolare un approccio alla vita che abbracci il mondo altro-da-umano, non che lo calpesti. Mi esprimo attraverso video, suono, oggetti, e, recentemente, performances, creando installazioni immersive, contaminando lo spazio dato.
Dal 2010 al 2015, il mio lavoro e’ stato plasmato, quasi involontariamente, dall’esplorazione di due elementi: vulnerabilità e cibo. Ho esaminato e rielaborato il concetto di vulnerabilità a livello fisico, cognitivo, emotivo negli esseri viventi, umani o meno, focalizzandomi sulla vulnerabilità come forma di forza, di potenzialita’, e non di debolezza. Inoltre, mi interessava il cibo per la sua banalita’ di elemento collante tra vita e morte (ci nutre, senza di esso moriamo), ma soprattutto, mi interessava per il suo potenziale: cioe’ il cibo come elemento vivo ed attivo. Seguendo il concetto di ‘vital materiality’ (materialità vitale) di Jane Bennett, ho esplorato la potenzialita’ del cibo come elemento che può influenzare gli esseri umani, non solo nelle dimensioni e nella forma del nostro corpo, ma anche nella nostra predisposizione emotiva ed intellettuale. Inoltre, aprire, sezionare, decontestualizzare il cibo nei miei video, è stato per me un modo per mostrarlo come una cosa viva, un corpo in grado di trasmettere un senso di piacere, dolore, fragilita’. Trovavo nell’esplorazione del cibo un modo per riconnettersi non solo al proprio corpo, al proprio piacere o dolore, ma anche per percepire una profonda connessione tra noi umani e tutto cio’ che non era umano. Nella mia pratica artistica odierna il cibo non compare piu’ come elemento portante, ma gioca un ruolo comunque importante nelle ricerche che riguardano i cambiamenti climatici, che sono alla base del mio lavoro attuale. E’ infatti innegabile come l'industria alimentare sia direttamente collegata alla crisi ecologica odierna e all'aumento delle emissioni di Co2 : cambiare il nostro rapporto con il cibo è un aspetto cruciale se vogliamo proteggere gli ecosistemi di questo pianeta. Il concetto di vulnerabilita’ , inteso principalmente come elemento di potenzialita’, rimane invece presente nel mio lavoro attuale.
Dalla fine del 2016 ho cominciato ad esplorare visioni non-antropocentriche, cercando modi per celebrare la sovranità non umana e la vitalità del mondo. Per arricchire la mia pratica artistica con maggiore conoscenza e consapevolezza in campo di ecologia politica, e per analizzare e comprendere il mondo naturale ed i cambiamenti climatici in modo più approfondito, parallelamente al mio lavoro di arte in studio, ho lavorato per Greenpeace UK da ottobre 2018 a marzo 2020. Attualmente, la mia pratica artistica vuole essere un incoraggiamento all’applicazione del concetto di caring for (“prendersi cura di”) nella relazione tra esseri umani e non umani, fondamentale per affrontare l’attuale crisi ecologica. Il mio lavoro e’ sempre il risultato di una combinazione tra ricerca ed intuizione. Tutto il mio lavoro si snoda tra quell’urgenza di fare arte, di creare, di sperimentare, di produrre ed il desiderio di riuscire a contrastare uno sfruttamento ambientale, guidato solo e soltanto da una ricerca di profitto costante, attraverso la presa di coscienza di essere visceralmente legati e dipendenti dall’ambiente che ci circonda, dal mondo non umano. Nelle mie installazioni ogni elemento e’ indipendente, ma ‘si attiva’ solo in presenza degli altri elementi che lo circondano. Nessun elemento prevale sull’altro: indipendeza, differenza e coesistenza sono la chiave di lettura per comprendere il mio lavoro. Ogni elemento, per quanto piccolo esso sia, ne attiva un altro, innescando quella coesione in un unico corpo che e’ l’installazione.
Dal 2010 al 2015, il mio lavoro e’ stato plasmato, quasi involontariamente, dall’esplorazione di due elementi: vulnerabilità e cibo. Ho esaminato e rielaborato il concetto di vulnerabilità a livello fisico, cognitivo, emotivo negli esseri viventi, umani o meno, focalizzandomi sulla vulnerabilità come forma di forza, di potenzialita’, e non di debolezza. Inoltre, mi interessava il cibo per la sua banalita’ di elemento collante tra vita e morte (ci nutre, senza di esso moriamo), ma soprattutto, mi interessava per il suo potenziale: cioe’ il cibo come elemento vivo ed attivo. Seguendo il concetto di ‘vital materiality’ (materialità vitale) di Jane Bennett, ho esplorato la potenzialita’ del cibo come elemento che può influenzare gli esseri umani, non solo nelle dimensioni e nella forma del nostro corpo, ma anche nella nostra predisposizione emotiva ed intellettuale. Inoltre, aprire, sezionare, decontestualizzare il cibo nei miei video, è stato per me un modo per mostrarlo come una cosa viva, un corpo in grado di trasmettere un senso di piacere, dolore, fragilita’. Trovavo nell’esplorazione del cibo un modo per riconnettersi non solo al proprio corpo, al proprio piacere o dolore, ma anche per percepire una profonda connessione tra noi umani e tutto cio’ che non era umano. Nella mia pratica artistica odierna il cibo non compare piu’ come elemento portante, ma gioca un ruolo comunque importante nelle ricerche che riguardano i cambiamenti climatici, che sono alla base del mio lavoro attuale. E’ infatti innegabile come l'industria alimentare sia direttamente collegata alla crisi ecologica odierna e all'aumento delle emissioni di Co2 : cambiare il nostro rapporto con il cibo è un aspetto cruciale se vogliamo proteggere gli ecosistemi di questo pianeta. Il concetto di vulnerabilita’ , inteso principalmente come elemento di potenzialita’, rimane invece presente nel mio lavoro attuale.
Dalla fine del 2016 ho cominciato ad esplorare visioni non-antropocentriche, cercando modi per celebrare la sovranità non umana e la vitalità del mondo. Per arricchire la mia pratica artistica con maggiore conoscenza e consapevolezza in campo di ecologia politica, e per analizzare e comprendere il mondo naturale ed i cambiamenti climatici in modo più approfondito, parallelamente al mio lavoro di arte in studio, ho lavorato per Greenpeace UK da ottobre 2018 a marzo 2020. Attualmente, la mia pratica artistica vuole essere un incoraggiamento all’applicazione del concetto di caring for (“prendersi cura di”) nella relazione tra esseri umani e non umani, fondamentale per affrontare l’attuale crisi ecologica. Il mio lavoro e’ sempre il risultato di una combinazione tra ricerca ed intuizione. Tutto il mio lavoro si snoda tra quell’urgenza di fare arte, di creare, di sperimentare, di produrre ed il desiderio di riuscire a contrastare uno sfruttamento ambientale, guidato solo e soltanto da una ricerca di profitto costante, attraverso la presa di coscienza di essere visceralmente legati e dipendenti dall’ambiente che ci circonda, dal mondo non umano. Nelle mie installazioni ogni elemento e’ indipendente, ma ‘si attiva’ solo in presenza degli altri elementi che lo circondano. Nessun elemento prevale sull’altro: indipendeza, differenza e coesistenza sono la chiave di lettura per comprendere il mio lavoro. Ogni elemento, per quanto piccolo esso sia, ne attiva un altro, innescando quella coesione in un unico corpo che e’ l’installazione.