opera
Deimatico
categoria | Altro |
soggetto | Animale, Figura umana, Natura, Nudo |
tags | spine, metamorfosi, pelle, cambiamento, difesa, paura |
base | 100 cm |
altezza | 200 cm |
profondità | 50 cm |
anno | 2021 |
Ogni lavoro artistico è sempre autobiografico, tuttavia, mai come in questo caso mi sono resa manifesta agli occhi degli altri. In questo progetto, per la prima volta, avevo un bisogno ineluttabile: io dovevo essere l’animale al centro della mia opera. L’idea alla base di questo lavoro era pronta da anni, in attesa nelle pagine di un quaderno, ma solamente quando ho intuito di non avere più paura di mostrarmi vulnerabile, si è potuta concretizzare.
Deimatico è un progetto che parla della paura. Nel regno animale il comportamento deimatico è di fatto un'esibizione di minaccia volta a spaventare, intimidire o anche solo a distrarre quelli che sono i propri predatori. Si allungano le spine non per offesa ma per difesa.
L’opera, attraverso 6 scatti fotografici, racconta i diversi strati di questa urgenza: l’esigenza di protezione, il desiderio di farsi animale, l’aggressività volta alla propria conservazione, l’insicurezza camuffata. Infine, una pelle reale, con tutte le sue spine ancora attaccate, ci parla di scoprirsi ed esporsi, di togliere lo strato di spine e paure per convivere con il nostro corpo fragile e corruttibile. Quello che non vediamo è la fase intermedia delle due narrazioni, l’Ecdysis, ovvero, il processo
della muta in cui la vecchia pelle viene abbandonata a seguito di un’enorme sforzo fisico ed emotivo. Non siamo tenuti a vedere questa misteriosa evoluzione, essa può solo essere
immaginata. Ciò che resta è una forma vuota che testimonia l’esito della metamorfosi.
Questo progetto è stato realizzato in collaborazione con il fotografo Massimiliano Camellini.
Deimatico è un progetto che parla della paura. Nel regno animale il comportamento deimatico è di fatto un'esibizione di minaccia volta a spaventare, intimidire o anche solo a distrarre quelli che sono i propri predatori. Si allungano le spine non per offesa ma per difesa.
L’opera, attraverso 6 scatti fotografici, racconta i diversi strati di questa urgenza: l’esigenza di protezione, il desiderio di farsi animale, l’aggressività volta alla propria conservazione, l’insicurezza camuffata. Infine, una pelle reale, con tutte le sue spine ancora attaccate, ci parla di scoprirsi ed esporsi, di togliere lo strato di spine e paure per convivere con il nostro corpo fragile e corruttibile. Quello che non vediamo è la fase intermedia delle due narrazioni, l’Ecdysis, ovvero, il processo
della muta in cui la vecchia pelle viene abbandonata a seguito di un’enorme sforzo fisico ed emotivo. Non siamo tenuti a vedere questa misteriosa evoluzione, essa può solo essere
immaginata. Ciò che resta è una forma vuota che testimonia l’esito della metamorfosi.
Questo progetto è stato realizzato in collaborazione con il fotografo Massimiliano Camellini.