arvin golrokh

Painter
Tehran
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Arvin Golrokh
La mia ricerca nelle arti visive si incentra sull’elaborazione delle tecniche tradizionali, in particolare pittura e disegno. Utilizzo il linguaggio della figurazione studiando come le forme conosciute all'occhio umano interagiscono con forme astratte per creare immagini imprevedibili, difficili da riconoscere al primo sguardo. Lascio che le mie opere siano contaminate dai flussi devastanti delle politiche dominanti: non cerco di nasconderli, ma di svelarli. Per me la creazione non deve servire da riparo o da via di fuga, deve accettare di essere noiosa per essere la dimostrazione del reale, di essere fastidiosa nella forma quando è fastidioso il contesto. Un reale noioso deve avere una dimostrazione noiosa. La creazione è un consumo quando la distruzione diventa obiettivo. La ricerca di denaro, lo sviluppo tecnico-scientifico, la industrializzazione massiccia e la tecnocrazia sono di solito i temi che tratto, partendo dalla critica alla società e dal paragone tra presente e passato per mettere in evidenza aspetti caratterizzanti delle classe borghese: la solitudine, la competitività, la paradossale assenza di comunicazione, la normazione.
Nazionalità: Iraniana
Residenza: Torino
Data di nascita: 11/03/1992 a Tehran
- 2019: Laurea specialistica in pittura all'Accademia Albertina di Torino
-2016:Laurea triennale all'Accademia Albertina di Torino
- 2010: Diploma liceo artistico (Tehran)
Prix
2020 • Finalista del concorso Combat Prize categoria pittura (Livorno)
2019 • Primo classificato del concorso Premio Mestre Pittura (Venezia)
2019 • Secondo classificato del premio Nocivelli (Brescia)
2019 • Terzo classificato del concorso di San Giusto Canavese
2018 • Borsa studio del concorso Premio Mestre Pittura (Venezia)
Exhibitions
2020 • Corpi Pe(N)santi - Palazzo Borgatta, nell’ambito del convegno «Il corpo liberato: per una semantica storica della fisicità» organizzato dal Laboratorio  Etno-Antropologico di Rocca Grimalda (AL) con il patrocinio dell’Università di Genova
2020 • Nei nostri occhi, mostra collettiva Crag Gallery, Torino
2019 • Opera acquisita dalla collezione di Cà Pesaro e Musei civici di Venezia per il premio Mestre Pittura
2019 • Mostra personale dei vincitori del concorso Premio Nocivelli a Palazzo Martinengo (Brescia)
2019 • Opera acquisita dalla redazione del Gazzettino di Venezia
2019 • Passione bipolare, mostra collettiva con catalogo alla Fondazione Bevilacqua La Masa, palazzetto Tito, Venezia
2019 • Opera in mostra con catalogo nella seconda edizione di FISAD all’Accademia Albertina di Torino
2019 • Una frisa di metallo, mostra collettiva presso l’ex Ditta Gallo Bartolomeo, Torino
2018 • Torino Here4, mostra collettiva presso La Cavallerizza (Torino)
2018 • Paratissima, Torino
2017 • Torino Here3 Clap, mostra collettiva presso La Cavallerizza (Torino)
2017 • Finalista del concorso casa Gramsci Torino
2015 • Artando, mostra permanente, San Giovanni Rotondo, Foggia
2015 • Incisivo senso del corpo, mostra collettiva presso l’Accademia Albertina di Torino
2013 • Sotto torchio, mostra collettiva presso l’Accademia Albertina di Torino
2011 • Honarestan honaryae ziba, mostra collettiva presso Tajassomi, Teheran
pubblicazioni
• « Corpi Pe(N)santi - Palazzo Borgatta, al Rocca grimalda, 29 Settembre 2020
• «Il Premio Mestre di pittura ad un artista iraniano», ilgazzettino.it, 29 Settembre 2019
• «Premio Mestre i vincitori esporranno a Ca’ Pesaro», nuovavenezia.gelocal.it, 30 Settembre 2019
• «Una Frisa di Metallo», artribune.com, 4 Novembre 2019
• «La vita di Gramsci diventa arte: in vetrina le opere dei ragazzi», lastampa.it, 2 Novembre 2017
• «Mostra passione bi-polare all'istituzione Fondazione Bevilacqua la Masa - Palazzetto Tito Venezia», informazione.it, 10 Novembre 2019    
• «Arvin Golrokh, quando la pittura esplora senza pregiudizi i templi della Scienza», stilearte.com, 30 Ottobre 2019
 
Bibliografia
Recensioni
•Filippo Mollea Ceirano, “Il corpo e i suoi legami: Arvin Gorlokh”. Catalogo della mostra “corpi pensanti”
Arvin Gorlokh (1992), iraniano che da tempo vive e lavora in Italia, utilizza essenzialmente le tecniche tradizionali della pittura (preferibilmente olio su tela o tavola) e del disegno. Nelle sue opere le forme della figurazione tradizionale sono elaborate, scomposte, frammentate, si dissolvono in immagini che spesso devono essere a lungo osservate e studiate prima di rivelarsi.
Spiega egli stesso: «lascio che le mie opere siano contaminate dai flussi devastanti delle politiche dominanti: non cerco di nasconderli, ma di svelarli. Per me la creazione non deve servire da riparo o da via di fuga, deve accettare di essere noiosa per essere la dimostrazione del reale, di essere fastidiosa nella forma quando è fastidioso il contesto. Un reale noioso deve avere una dimostrazione noiosa».
Nei suoi quadri il corpo è spesso soggetto sofferente, prigioniero, vittima delle grettezze dell’episteme borghese o della violenza di classe, come in Alpha soldato, dittico in cui il cadavere di un miliziano, pur manifestando tutti i segni della morte e dell’inizio della decomposizione, pare continuare a tenere la posizione eretta e cercare di interagire con l’ambiente circostante. Anche il tema dell’assenza di comunicazione, della soggezione alle tecnologie imposte dal potere è trattato con grande forza critica: nell’opera Idrofobia di Stato senza guinzaglio un gruppo di persone osserva la figura, frammentata e scomposta, del ‘cane robot’ usato in alcuni paesi come strumento di imposizione delle disposizioni anti-pandemia, mentre sulla destra si intravede la forma evanescente di un cane, simulacro dell’animale vivente obliterato dal suo surrogato tecnologico. L’immagine della ‘macchina’ incombe sugli esseri umani, che si trovano in una posizione sottomessa, di soggezione e, dal canto loro, guardano all’apparecchio con animo misto di timore, ammirazione, illusoria aspettativa di una sua funzione salvifica.
 
•Daniele Astrologo Abadal, Catalogo della mostra “Homo crisis”
La critica della società, l’analisi delle sue ombre avviene col mezzo pittorico, la sua capacità di rappresentare il mondo, mostrandone i lati più riposti. Per farlo Arvin Golrokh ricorre a una pennellata che destruttura la realtà, ne smuove le certezze custodite al suo interno preservandone un’immagine d’insieme. Si riconosce in questa modalità una critica di sintesi applicata a soggetti classici e per questo sempre attuali: scene d’interni, vedute industriali di periferia, ritratti di persone, un mattatoio … tutti soggetti carichi di un espressionismo travolgente. La messa in crisi dell’umanità, come suggerisce il titolo avviene in questi termini e trova riscontro nell’astrazione dei paesaggi, nel vuoto e nel silenzio assordante delle masse e dell’individuo. Crisi antropologica della società contemporanea vittima dell’incalzante progresso e della perdita dei valori che porta alla solitudine dell’individuo e all’assenza di comunicazione. Un senso di autodistruzione presente nella forza esplosiva del colore e una sensazione di spaesamento nella perdita di riferimenti spaziali la cui liquidità sfugge ad ogni ancoraggio razionale.
 
•Maria Chiara Cardini,  commento a De medicis sul Catalogo dei vincitori del premio Nocivelli
L’opera de medici dell’artista Arvin Golrokh, secondo classificato nella sezione pittura, è un grande olio su tela quasi monocromatico.
Originario di Teheran, dove si diploma presso la Art School of Fine Arts, Golrokh conclude gli studi specialistici a Torino all’Accademia Albertina.
La materia pittorica posta sulla tela con grande consapevolezza e libertà, mette in scena attraverso una tavolozza cromatica scarna la “storia della sopravvivenza” umana. L’osservazione di una sala operatoria diventa per l’artista il pretesto per una riflessione sul rapporto tra lavoro e potere. Nello spazio del quadro si svolge la tragedia della conservazione, dove le figure dei medici – nuovi demiurghi – si contrappongono alla finitudine del corpo di un paziente. I personaggi appaiono chiusi nel loro mutismo pur interagendo all’interno dello stesso luogo di terapia.
La qualità nervosa del gesto pittorico unita a una vibrante vivacità, accentua il senso realistico della rappresentazione, anche ispirata da fotografie d’epoca scomposte e ricostruite al fine di creare una rappresentazione unica, nata dall’idea primigenia del pittore. Un collegamento tra passato e presente che sollecita le impressioni più profonde del genere umano, legate al timore della morte e all’aspettativa di una possibile salvezza.
 
•Philippe Daverio, commento a Il libro funebre supremo sul Catalogo del premio Mestre
Per la qualità del gesto pittorico, la capacità di condurre la materia e l’evocazione di misteri arcani accumulati nella storia pittorica del Novecento.
 
 
 
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