Marilena De Stefano

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Nell'intricato giardino dell’arte contemporanea, in cui ormai è possibile qualunque cosa, ho quasi sempre proposto una varietà di lavori coerenti con la mia natura iperkitch.
La combinazione dei materiali svariati è il prodotto di un’operazione d’innesto che ho sviluppato sulla pianta dell’arte Barocca, sulla quale, avevo già operato gli innesti di una ricerca artistica tutta al femminile, generando ramificazioni complesse e contaminate.  Ma prima di praticare l’innesto, ho realizzato più di un taglio sul tronco barocco e, durante prove e saggi, non potevo non lasciarmi inebriare da un clima di sospensione e di attesa, per cui, l’esperienza dei miei lavori tagliano i ponti con il compiacimento con cui molta arte contemporanea viene consumata. Più precisamente si può dire che il mio lavoro si sviluppa attraverso la necessità di sottolineare la perdita di significato della storia nel contesto culturale del nostro presente, un presente sospeso, continuo dove le immagini di un mondo ben informato non può evitare di subire l’interferenza dell’esistenza o delle nozioni di violenza, guerra, fame, AIDS, inquinamento e inferiorità del sottosviluppo. Per cui, attraverso il “noi” e non attraverso l’ “io”, ho cercato di elaborare all’interno dei miei ultimi lavori le cinque emergenze: violenza, disuguaglianze, emarginazione, sopravvivenza e disastri ambientali. In tutto questo la dominante narrativa è: non siamo non-indifferenti.
Essere non-indifferenti significa essere sociale e inevitabilmente responsabili dell’epoca in cui si vive.
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