opera
Polaroid – Ceci est une Caméra
categoria | Installazione |
soggetto | Figura umana, Astratto |
tags | Digital Art, Warhol, Surrealismo, Arte concettuale, Magritte, Pop Art, Polaroid |
base | 50 cm |
altezza | 50 cm |
profondità | 5 cm |
anno | 2019 |
Stampa serigrafica su plexiglas, eink display, pellicola riflettente, one-board computer, modulo fotocamera, batterie e alimentazioni esterne. Multiplo: 10 esemplari.
Polaroid ha molti strati, sia fisici che di lettura. Dietro al pannello di plexiglas serigrafato con l’immagine di una fotocamera istantanea, celato da una pellicola riflettente a specchio, si nasconde un piccolo modulo fotocamera connesso ad un mini-computer ed una stampante Zink Polaroid, tutto compresso nello spessore di una normale cornice. Un algoritmo di Computer Vision eseguito sul piccolo computer interno analizza i fotogrammi e cattura automaticamente la faccia degli spettatori. A quel punto una AI valuta i fotogrammi basandosi su modelli addestrati dall’autore e, a sua discrezione, sceglie la foto, la stampa e la espelle da una fessura nel bordo inferiore della cornice. Se il soggetto è facilmente collegabile alla Pop Art, il titolo porta alla mente 'La Trahison des images' di Magritte.
«Chi oserebbe pretendere che l'immagine di una pipa sia una pipa? Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro? Nessuno. Quindi, non è una pipa». In questo caso invece, la fotocamera istantanea nel quadro non è più solo una mera rappresentazione, ma diventa l'oggetto stesso e, possibilmente, qualcosa in più. Ha cambiato il suo design ma ha mantenuto tutte le caratteristiche che rendono quella “cosa” una fotocamera. Il concetto prende il sopravvento sulla fisicità, comprimendola in uno spazio di pochi centimetri. La rappresentazione diventa quindi solo un trucco per nascondere e mascherare il meccanismo intimo dell'oggetto stesso, celarlo allo spettatore. Questo meccanismo non serve per auto-distruggere l’opera (Banksy) ma al contrario le permette di generare automaticamente qualcosa di nuovo. L'opera, da osservata, inizia quindi ad osservare e creare a sua volta.
Polaroid ha molti strati, sia fisici che di lettura. Dietro al pannello di plexiglas serigrafato con l’immagine di una fotocamera istantanea, celato da una pellicola riflettente a specchio, si nasconde un piccolo modulo fotocamera connesso ad un mini-computer ed una stampante Zink Polaroid, tutto compresso nello spessore di una normale cornice. Un algoritmo di Computer Vision eseguito sul piccolo computer interno analizza i fotogrammi e cattura automaticamente la faccia degli spettatori. A quel punto una AI valuta i fotogrammi basandosi su modelli addestrati dall’autore e, a sua discrezione, sceglie la foto, la stampa e la espelle da una fessura nel bordo inferiore della cornice. Se il soggetto è facilmente collegabile alla Pop Art, il titolo porta alla mente 'La Trahison des images' di Magritte.
«Chi oserebbe pretendere che l'immagine di una pipa sia una pipa? Chi potrebbe fumare la pipa del mio quadro? Nessuno. Quindi, non è una pipa». In questo caso invece, la fotocamera istantanea nel quadro non è più solo una mera rappresentazione, ma diventa l'oggetto stesso e, possibilmente, qualcosa in più. Ha cambiato il suo design ma ha mantenuto tutte le caratteristiche che rendono quella “cosa” una fotocamera. Il concetto prende il sopravvento sulla fisicità, comprimendola in uno spazio di pochi centimetri. La rappresentazione diventa quindi solo un trucco per nascondere e mascherare il meccanismo intimo dell'oggetto stesso, celarlo allo spettatore. Questo meccanismo non serve per auto-distruggere l’opera (Banksy) ma al contrario le permette di generare automaticamente qualcosa di nuovo. L'opera, da osservata, inizia quindi ad osservare e creare a sua volta.