Cerimonia della contemplazione

opera
Cerimonia della contemplazione
Cerimonia della contemplazione
categoria Installazione
soggetto Figura umana
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base 300 cm
altezza 180 cm
profondità 100 cm
anno 2019
L’origine del grano è completamente sconosciuta, come quella di molte altre piante coltivate, in particolare dell’orzo, del fagiolo e del mais. È possibile moltiplicarne le specie, incrociarle o migliorarne la qualità, ma non si è mai riusciti a creare il grano o il mais o una delle piante alimentari di base. In tutte le civiltà esse appaiono, come un dono degli dei, legate all’esistenza umana: nella mitologia, Demetra dona l’orzo e invia Triptolemo a diffondere il grano tra gli uomini. L’installazione è la rappresentazione della “scena della contemplazione”, meglio conosciuta come la cerimonia dei Misteri di Eleusi, che mette perfettamente in rilievo il simbolismo generale del grano; nel corso di un dramma mistico viene commemorata l’unione di Demetra con Zeus. Le divinità, definite solo da una linea d’oro, sorgono una di fronte l’altra con il capo chino in contemplazione del silenzio: al centro dei due, come un’ostia in un ostensorio, un chicco di grano giace riposto in una ciotola di bronzo. L’ostensione silenziosa evoca la perennità delle stagioni, il ritorno delle messi e l’alternanza della morte del chicco e della sua risurrezione. Il culto della dea Demetra era la garanzia di tale permanenza ciclica: «Sembra che si debba cercare il significato religioso della spiga di grano nel sentimento di armonia esistente fra la vita umana e la vita vegetale, ambedue sottomesse a vicissitudini analoghe. Ritornati nella terra i chicchi di grano, il frutto più bello della terra, sono la promessa di altre spighe» (SECG, 154). Ricordiamo poi il verso di Eschilo: «La terra che da sola partorisce tutti gli esseri, li nutre e ne riceve poi nuovamente il germe fecondo» (Coefore, 127). Si può citare anche la preghiera di Esiodo: «Pregate Zeus infernale e la pura Demetra di rendere pesante il grano maturo, sacro a Demetra, proprio quando, iniziando il lavoro dei campi tenendo in mano il manico dell’aratro, toccate il dorso dei buoi che tirano aggiogati.
Così le vostre spighe nel momento della loro maggiore pienezza inclineranno verso terra» (HEST, 465-469, 473).
La scena è immersa nell’ombra del silenzio, solo una piccola luce dall’alto punta il chicco di grano, la luce veicola l’informazione, la luce rischiara l’oscurità, la luce illumina l’ignoto, e che questo illuminare sia prodotto da un uomo, un dio, una torcia o una lampadina, l’effetto è sempre il medesimo: il poter guardare per vedere. La luce è quindi strettamente legata alla conoscenza.
In tutte le religioni antiche si fa riferimento al simbolismo della rinascita che vede nel chicco di grano un elemento cardine in quanto manifestazione esemplare della natura e della sua capacità di rinnovarsi costantemente. La spiga di grano era anche un emblema di Osiride, simbolo della sua morte e risurrezione. Anche nella religione cristiana, quando san Giovanni annuncia la glorificazione di Gesù attraverso la morte, ricorre anch’egli al simbolo del chicco di grano: «Gesù risponde loro dicendo: “E venuta Torà che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità vi dico, se il chicco di grano, caduto nella terra, non è morto, esso rimane solo, se invece è morto porta molto frutto. Chi ama la sua vita, perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la serberà a vita eterna». (Giovanni, 12, 23-25).
- Filo di ottone
- Grano
-Piatto in ceramica
artista
Gianfranco Basso
Artista, Roma
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