opera
Deserto #937
categoria | Pittura |
soggetto | Politico/Sociale, Astratto |
tags | ovatta, nero, reti metalliche, pigmenti |
base | 90 cm |
altezza | 180 cm |
profondità | 5 cm |
anno | 2022 |
acrilico e pigmenti su ovatta sintetica, rete industriale
[...] Per Costanzo la dimensione del fare coincide con l’esplorazione dei confini del lessico scultoreo che di volta in volta vengono reinventati. Accade con i Deserti, brandelli di ovatta incastonati dentro telai reticolari; anch’essi sono soglie, spazi di mediazione tra due dimensioni, luoghi da investigare con cura perché evidenziano una dimensione altra, misteriosa, altera. L’ovatta sta a indicare la capacità della scultura di essere mutante, di estraniarsi da un confine (che è poi quello della rete metallica), di tentare nuove vie, ulteriori forme da comporre e ricomporre.
Lorenzo Madaro
È così che succede nei suoi Deserti (2021-2022), dove l’azione pittorica viene riconcepita dal riempimento di ovatta in uno spazio retinato. La grandezza di ogni formato è direttamente proporzionale al tempo che l’artista ha passato sul suo divano nello studio a riposarsi (coinvolto in altre azioni: del leggere, del divagare, del sognare). L’ovatta d’altro canto è proprio ciò che permette la sofficità dei nostri pensieri e che al tempo stesso resta celata allo sguardo.
L’opera misura il tempo di sosta del lavoro più che il lavoro in sé. Forse perché l’artista riconosce nella pausa lo sviluppo di reti di idee, così come il corpo in allenamento sviluppa la massa muscolare a riposo. Quest’ultima serie mostra come l’artista sia pienamente consapevole dell’indeterminazione del tempo, e del fatto che l’opera d’arte debba porsi come un dispositivo di prolungamento dell’occhio verso questi molteplici sguardi sul mondo, che non è univoco e quindi racchiudibile in un’immagine definita, ma un’immagine aperta così come sono aperte le variabili di descrizione dei tempi e degli spazi del mondo, da quelli reali a quelli mentali e linguistici, da quelli sognati, intravisti o semplicemente immaginati.
Marcello Francolini | Studio visit | La Qudriennale di Roma
[...] Per Costanzo la dimensione del fare coincide con l’esplorazione dei confini del lessico scultoreo che di volta in volta vengono reinventati. Accade con i Deserti, brandelli di ovatta incastonati dentro telai reticolari; anch’essi sono soglie, spazi di mediazione tra due dimensioni, luoghi da investigare con cura perché evidenziano una dimensione altra, misteriosa, altera. L’ovatta sta a indicare la capacità della scultura di essere mutante, di estraniarsi da un confine (che è poi quello della rete metallica), di tentare nuove vie, ulteriori forme da comporre e ricomporre.
Lorenzo Madaro
È così che succede nei suoi Deserti (2021-2022), dove l’azione pittorica viene riconcepita dal riempimento di ovatta in uno spazio retinato. La grandezza di ogni formato è direttamente proporzionale al tempo che l’artista ha passato sul suo divano nello studio a riposarsi (coinvolto in altre azioni: del leggere, del divagare, del sognare). L’ovatta d’altro canto è proprio ciò che permette la sofficità dei nostri pensieri e che al tempo stesso resta celata allo sguardo.
L’opera misura il tempo di sosta del lavoro più che il lavoro in sé. Forse perché l’artista riconosce nella pausa lo sviluppo di reti di idee, così come il corpo in allenamento sviluppa la massa muscolare a riposo. Quest’ultima serie mostra come l’artista sia pienamente consapevole dell’indeterminazione del tempo, e del fatto che l’opera d’arte debba porsi come un dispositivo di prolungamento dell’occhio verso questi molteplici sguardi sul mondo, che non è univoco e quindi racchiudibile in un’immagine definita, ma un’immagine aperta così come sono aperte le variabili di descrizione dei tempi e degli spazi del mondo, da quelli reali a quelli mentali e linguistici, da quelli sognati, intravisti o semplicemente immaginati.
Marcello Francolini | Studio visit | La Qudriennale di Roma