opera
eve
categoria | Installazione |
soggetto | Natura |
tags | |
base | 0 cm |
altezza | 0 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2021 |
eve, 2021
mostra personale a MASSIMO, Milano
A cura e con un testo di Paolo Gabriotti
Estratto dal testo curatoriale:
Di fronte a questa amputazione di parole che sta crescendo nel pavimento, non mi resta che
cercare riferimenti, ricucire citazioni da cui far emergere delle suggestioni. Pesco una pagina
di Tim Ingold, un passaggio sulle illusioni prodotte dal mito della volontà: «Pretendere di
avere il controllo in ogni situazione di incertezza esistenziale significa in realtà corteggiare il
disastro». Il controllo formale di Paolo mi fa pensare a un corteggiamento con il disastro, le
sue opere sembrano infatti innervate dalla sensazione dell’incombente, in cui elementi biografici
e riferimenti iconologici si confondono chiamando in causa criticità più ampie, legate
al presente. Al suo rivelarsi, di giorno in giorno, congiuntura di molte fini del mondo – sociale,
ambientale, economica – ma soprattutto all’apparente incapacità storica di esprimerle se non
nell’immobilità di una profezia retroattiva. Lo stesso titolo della mostra, eve, ovvero la vigilia,
nasconde nell’armonia della parola palindroma un riferimento al tempo ciclico, al sentirsi intrappolati
in un’attesa imperitura, che è però sostanzialmente tempo morto perché non sembra
poter trovare risoluzione nell’evento.
(Paolo Gabriotti)
mostra personale a MASSIMO, Milano
A cura e con un testo di Paolo Gabriotti
Estratto dal testo curatoriale:
Di fronte a questa amputazione di parole che sta crescendo nel pavimento, non mi resta che
cercare riferimenti, ricucire citazioni da cui far emergere delle suggestioni. Pesco una pagina
di Tim Ingold, un passaggio sulle illusioni prodotte dal mito della volontà: «Pretendere di
avere il controllo in ogni situazione di incertezza esistenziale significa in realtà corteggiare il
disastro». Il controllo formale di Paolo mi fa pensare a un corteggiamento con il disastro, le
sue opere sembrano infatti innervate dalla sensazione dell’incombente, in cui elementi biografici
e riferimenti iconologici si confondono chiamando in causa criticità più ampie, legate
al presente. Al suo rivelarsi, di giorno in giorno, congiuntura di molte fini del mondo – sociale,
ambientale, economica – ma soprattutto all’apparente incapacità storica di esprimerle se non
nell’immobilità di una profezia retroattiva. Lo stesso titolo della mostra, eve, ovvero la vigilia,
nasconde nell’armonia della parola palindroma un riferimento al tempo ciclico, al sentirsi intrappolati
in un’attesa imperitura, che è però sostanzialmente tempo morto perché non sembra
poter trovare risoluzione nell’evento.
(Paolo Gabriotti)