opera
Flies (less skin)
categoria | Video |
soggetto | Politico/Sociale, Figura umana, Animale |
tags | Biano e Nero, Poesia, Monologo, Movimenti, Performance, Video, Rumore di fondo |
minuti | 3 |
secondi | 57 |
anno | 2021 |
Il Video Flies (less skin) è chiaramente ispirato all'opera letteraria di Kafka "La Metamorfosi".
È una riflessione dolorosa sull'alienazione dell'essere umano e sull'incomunicabilità.
Protagonista della piece performativa, è un personaggio immaginario in mutazione, dalle sembianze di un’eroina uscita da un film di fantascienza degli anni ’60 /’70, ricoperto di corazze e stratificazioni epiteliali dotate di vie sensoriali alternative, che sviluppa un’avversione per l’ambiente naturale e sociale. Questo stato confusionale lo condurrà a una crisi d’identità più profonda.
“La capacità di restare dentro questa pelle fatta di squame una muta di sopravvivenza…con questa pelle non si sente quasi più nulla.”
“La possibilità di rinascere dalle proprie fragilità…consegnandosi all’amore, che ti strappa la pelle”.
Una tensione opposta, determinata da desideri contrastanti, ha generato un cortocircuito della volontà:
Nelle situazioni più estreme, che modificano in qualche modo la nostra idea di progresso, inteso anche come passo, ritmo, mood, avviene che la nostra parte più istintiva prenda il sopravvento. Qualcuno preferisce non osservare – osservarsi, per timore di non riconoscersi, di subire il giudizio esterno, perdere i riferimenti che rappresentano la nostra comfort zone.
Taluni invece, vivono il travaglio della mutazione e del cambiamento che ne segue, senza compromessi, correndo anche il rischio di divenire voce fuori dal coro, quindi aliena. Ipnotizzante e positivamente angosciante, fa pensare all’incertezza del futuro della specie umana. Siamo arrivati ad un momento cruciale?
Diventeremo macchine, o vincerà la natura umana di chi non vuole arrendersi? Mentre mi dibatto fra queste polarità estreme, muto giorno dopo giorno la mia pelle in corazza ma divengo anche consapevole di perderla. Ricercando una rinnovata umanità.
È una riflessione dolorosa sull'alienazione dell'essere umano e sull'incomunicabilità.
Protagonista della piece performativa, è un personaggio immaginario in mutazione, dalle sembianze di un’eroina uscita da un film di fantascienza degli anni ’60 /’70, ricoperto di corazze e stratificazioni epiteliali dotate di vie sensoriali alternative, che sviluppa un’avversione per l’ambiente naturale e sociale. Questo stato confusionale lo condurrà a una crisi d’identità più profonda.
“La capacità di restare dentro questa pelle fatta di squame una muta di sopravvivenza…con questa pelle non si sente quasi più nulla.”
“La possibilità di rinascere dalle proprie fragilità…consegnandosi all’amore, che ti strappa la pelle”.
Una tensione opposta, determinata da desideri contrastanti, ha generato un cortocircuito della volontà:
Nelle situazioni più estreme, che modificano in qualche modo la nostra idea di progresso, inteso anche come passo, ritmo, mood, avviene che la nostra parte più istintiva prenda il sopravvento. Qualcuno preferisce non osservare – osservarsi, per timore di non riconoscersi, di subire il giudizio esterno, perdere i riferimenti che rappresentano la nostra comfort zone.
Taluni invece, vivono il travaglio della mutazione e del cambiamento che ne segue, senza compromessi, correndo anche il rischio di divenire voce fuori dal coro, quindi aliena. Ipnotizzante e positivamente angosciante, fa pensare all’incertezza del futuro della specie umana. Siamo arrivati ad un momento cruciale?
Diventeremo macchine, o vincerà la natura umana di chi non vuole arrendersi? Mentre mi dibatto fra queste polarità estreme, muto giorno dopo giorno la mia pelle in corazza ma divengo anche consapevole di perderla. Ricercando una rinnovata umanità.