opera
Hanami
categoria | Digital art |
soggetto | Figura umana, Natura, Paesaggio |
tags | |
base | 100 cm |
altezza | 100 cm |
profondità | 4 cm |
anno | 2024 |
New media su carta Hahnemühle Museum Etching
Il corpo umano non è separato dalla natura, ma ne è un'estensione.
Questo ciclo di opere non si limita a sovvertire la tradizionale visione dualistica tra uomo e ambiente: esplora una fusione profonda, dove il corpo e il paesaggio non si incontrano, ma si fondono. Non è solo estetica, è una riflessione sulla condizione umana nel presente.
Viviamo un'epoca in cui l'identità è liquida, i confini tra reale e virtuale si sfaldano, e il corpo si ibrida con l’ambiente e la tecnologia. È il secolo della dissoluzione: dell’identità, delle frontiere, delle distinzioni tra naturale e artificiale. In questo scenario di crisi multiple — ecologica, identitaria, tecnologica, politica — queste opere sono una risposta visiva alla complessità del nostro tempo. Raccontano un corpo in trasformazione, in tensione con il mondo, ma ancora capace di ridefinirsi.
Lo scioglimento dei ghiacci, l'innalzamento dei mari, l'espansione urbana e la desertificazione non sono solo eventi esterni, ma segni che si incidono su di noi, trasformando i corpi in superfici geologiche, cartografie viventi della crisi. Il paesaggio diventa memoria incisa nella carne, plasmando non solo ciò che ci circonda, ma anche ciò che siamo. E se ogni confine si dissolve, come possiamo definirci?
Il corpo umano non è separato dalla natura, ma ne è un'estensione.
Questo ciclo di opere non si limita a sovvertire la tradizionale visione dualistica tra uomo e ambiente: esplora una fusione profonda, dove il corpo e il paesaggio non si incontrano, ma si fondono. Non è solo estetica, è una riflessione sulla condizione umana nel presente.
Viviamo un'epoca in cui l'identità è liquida, i confini tra reale e virtuale si sfaldano, e il corpo si ibrida con l’ambiente e la tecnologia. È il secolo della dissoluzione: dell’identità, delle frontiere, delle distinzioni tra naturale e artificiale. In questo scenario di crisi multiple — ecologica, identitaria, tecnologica, politica — queste opere sono una risposta visiva alla complessità del nostro tempo. Raccontano un corpo in trasformazione, in tensione con il mondo, ma ancora capace di ridefinirsi.
Lo scioglimento dei ghiacci, l'innalzamento dei mari, l'espansione urbana e la desertificazione non sono solo eventi esterni, ma segni che si incidono su di noi, trasformando i corpi in superfici geologiche, cartografie viventi della crisi. Il paesaggio diventa memoria incisa nella carne, plasmando non solo ciò che ci circonda, ma anche ciò che siamo. E se ogni confine si dissolve, come possiamo definirci?