opera
Labyrinth
categoria | Digital art |
soggetto | Paesaggio, Natura |
tags | dream, sogno, CarlGustavJung, MichaelEnde, trappola, architettura, disorientante , architecture, jung, disorienting, perdersi, getlost, percorso, path, labyrinth, labirinto, interazione, interaction, giocodiluci, lightgame, illusione, illusion, scienza, science, arteescienza, artandscience, arteluminosa, lightart, app, artedigitale, digitalart, infinitymirror, specchinfiniti, trap |
base | 30 cm |
altezza | 30 cm |
profondità | 15 cm |
anno | 2018 |
Il labirinto è il simbolo di un percorso, un viaggio, ma soprattutto di un cambiamento.
Nel labirinto ci si perde fisicamente per ritrovare se stessi.
Come Ulisse si perde tra le onde per poi ritrovare il suo Io più profondo al di là di una sconfinata perdita della propria coscienza attraverso le avventure più disparate.
Secondo Carl Gustav Jung, chiunque veda in sogno un labirinto sta simbolicamente cercando una strada nel percorso tortuoso della vita, per cercare se stesso.
Questa architettura complessa e disorientante nasconde, per chi vi entra, il pericolo di rimanerci intrappolato ma allo stesso tempo, la sfida di trovare un modo astuto per uscirne.
Entrare in un labirinto è una sfida con se stessi, un percorso di cambiamento che si vive in isolamento, privi da condizionamenti del mondo esterno.
Ne «La Storia infinita» di Michael Ende, da cui l’artista ha tratto molte volte spunto per le sue opere, il protagonista fa proprio questo: si perde in mondi fantastici e nuovi, cammina, conosce, vive avventure avvincenti e torna dal suo viaggio totalmente cambiato.
Il labirinto è un luogo sconosciuto da cui si vuole fuggire, è come una cattiva abitudine o un comportamento sbagliato inconscio. È una matassa, un filo aggrovigliato che bisogna sbrogliare, un problema che bisogna risolvere con intelligenza e che muterà in una soluzione: un percorso in cui si inizia sentendosi perduti e si finisce acquisendo consapevolezza e chiarezza. Un viaggio che inizia nell’oscurità e che termina in piena luce, come Dedalo, una volta che, uscito dal labirinto, vola verso il sole.
Nel labirinto ci si perde fisicamente per ritrovare se stessi.
Come Ulisse si perde tra le onde per poi ritrovare il suo Io più profondo al di là di una sconfinata perdita della propria coscienza attraverso le avventure più disparate.
Secondo Carl Gustav Jung, chiunque veda in sogno un labirinto sta simbolicamente cercando una strada nel percorso tortuoso della vita, per cercare se stesso.
Questa architettura complessa e disorientante nasconde, per chi vi entra, il pericolo di rimanerci intrappolato ma allo stesso tempo, la sfida di trovare un modo astuto per uscirne.
Entrare in un labirinto è una sfida con se stessi, un percorso di cambiamento che si vive in isolamento, privi da condizionamenti del mondo esterno.
Ne «La Storia infinita» di Michael Ende, da cui l’artista ha tratto molte volte spunto per le sue opere, il protagonista fa proprio questo: si perde in mondi fantastici e nuovi, cammina, conosce, vive avventure avvincenti e torna dal suo viaggio totalmente cambiato.
Il labirinto è un luogo sconosciuto da cui si vuole fuggire, è come una cattiva abitudine o un comportamento sbagliato inconscio. È una matassa, un filo aggrovigliato che bisogna sbrogliare, un problema che bisogna risolvere con intelligenza e che muterà in una soluzione: un percorso in cui si inizia sentendosi perduti e si finisce acquisendo consapevolezza e chiarezza. Un viaggio che inizia nell’oscurità e che termina in piena luce, come Dedalo, una volta che, uscito dal labirinto, vola verso il sole.