opera
Live
categoria | Video |
soggetto | Politico/Sociale |
tags | |
minuti | 14 |
secondi | 9 |
anno | 2023 |
Live (2023)
Video, 14’09”
1/3
Estratto da 'SNITCH. Fenomenologia di un’Italia che cambia' testo critico di Alessio Vigni
“[...] Il titolo è Live (2023), parola che ci proietta nella dimensione di un’esibizione musicale dal vivo. L’ambiente in cui si svolge la performance è vero, sincero, siamo ben lontani dal white cube espositivo, qui sembra di essere nel “basso-fondo” di un club, in attesa di un concerto trap. Lo spazio tra pubblico e scena performativa, così come accade in uno spettacolo dal vivo, è separato da alcune transenne di ferro che bloccano il passaggio. Al di là di esse troviamo quattro casse acustiche di cui solo tre hanno una margherita adagiata sulla parte superiore. La musica di sottofondo che riempie lo spazio si blocca, tre individui con lo ski mask entrano in scena, prendono i tre fiori in mano e si siedono.
m’ama, non m’ama, m’ama, non m’ama...
Nel silenzio più assoluto i tre personaggi canticchiano il gioco di origine francese, ognuno con la propria margherita. Nella scena, tutto lascia presagire che quel rituale finirà sicuramente con un amore negato.
non m’ama
Di nuovo silenzio. Uno dei tre performer si alza, apre una sedia pieghevole da campeggio e ci si siede sopra. Ancora una volta si attinge dalla simbologia dell’estetica trap, dove questa particolare seduta è un elemento immancabile dei video musicali, oltre a essere il simbolo di un preciso stile di vita: è l’effimero “trono” dove spacciatori o membri di gang trascorrono gran parte delle loro giornate. A terra un corpo giace immobile, uno dei tre maranza si posiziona accanto a lui e inizia a squarciare la morbidezza di un piumino, estrae le piume e le usa per delimitare la salma a terra. Il calore umano viene violentemente negato: la giacca imbottita, tipica dell’estetica trap, viene svuotata lentamente perdendo ogni sua funzione originale. Quelle piume vengono utilizzate nel disperato tentativo di soccorrere il corpo ormai esanime disteso a terra. Il gesto si rivela inutile, così come sarebbe inutile qualsiasi altro aiuto offerto da chi è destinato a vivere quella stessa situazione. Alla scena assiste il personaggio seduto sulla sedia, che però, invece di osservare quella violenza, guarda negli occhi il pubblico, richiamando tutte le attenzioni su di sé. Quello sguardo ci pone in una situazione di difficoltà, ci attira e involontariamente (o volontariamente) scegliamo di distogliere i nostri occhi dalla scena a terra. Improvvisamente quella connessione visiva viene interrotta dal gesto del performer seduto che, ruotando lo ski mask, nega definitivamente qualsiasi ulteriore occasione di riflessione. Quel gesto di omertà sembra decretare la fine di qualsiasi opportunità di salvezza. Uno dei tre maranza adesso indossa un casco integrale nero e si posiziona di fronte a un suo compagno, il quale con il flash dello smartphone prova a illuminare l’oscurità di quel moderno elmetto, quasi in cerca dell’identità di colui che si cela al suo interno. La gestualità è quella tipica di un concerto, dove con la luce artificiale del proprio cellulare si tenta di stabilire una relazione e un momento “intimo” con chi si esibisce di fronte a noi. Il terzo maranza si avvicina al pubblico e posiziona uno specchietto retrovisore di un TMax* su una transenna. L’oggetto è rivolto verso i tre performer e il pubblico non può leggere cosa viene scritto sulla superficie specchiante: “Objects in the mirror are closer than they appear”**. Si tratta della frase obbligatoria che deve essere posizionata sugli specchietti di auto e moto. Questi strumenti ottici se da una parte aiutano ad ampliare il campo visivo di chi guida, dall’altra rendono gli oggetti più piccoli di quanto non siano realmente, facendoli sembrare ancora più lontani. La distanza tra chi osserva e chi viene osservato appare qualcosa di fittizio, una barriera che può essere abbattuta solo se si è capaci e si ha la volontà di comprendere veramente quello che abbiamo di fronte agli occhi. Passano pochi minuti e la divisione tra “spettacolo” e pubblico viene annullata e ogni distanza è azzerata: i tre performer portano le transenne sul fondo della sala e aprono lo spazio. Non c’è più differenza tra quello che si osserva e chi osserva, tutte le logiche di uno spettacolo live vengono azzerate. La finzione della performance, ammesso che mai ce ne sia stata una, sembra essere stata solo una percezione superficiale del pubblico. Con questo gesto i tre maranza ci invitano a entrare in quella che capiamo essere una concreta presentazione della realtà. Adesso, tre aste a giraffa, quelle solitamente utilizzate per sorreggere i microfoni, vengono posizionate al centro della scena. Questa volta però, i tre oggetti reggono solo torce ultraviolette che una volta accese fanno comparire alle pareti dei “graffiti” fino a quel momento rimasti invisibili. Nella prima immagine si intravede uno skyline facilmente riconoscibile, quello di City Life a Milano, il complesso residenziale simbolo di prestigio e ricchezza. Sul lato opposto invece compaiono alcuni palazzi degradati, il cosiddetto “blocco”, a richiamare l’estetica della periferia: l’ambiente in cui la trap italiana è nata e si è diffusa inizialmente. Infine, sulla parete di fondo, la luce ultravioletta rivela la scritta: “UNA SVOLTA ARRIVERÀ PRIMA O POI”. Un presagio che suona quasi come un monito. Il disagio che viene vissuto da chi proviene da contesti di periferia assume, adesso, un sapore più dolce. Se all’inizio della performance ogni tentativo di empatia era stato annientato dall’indifferenza altrui, questa luce “diversa” sembra farci scoprire una nuova possibilità. Decostruire, analizzare e interpretare permette a ogni individuo di arrivare alla profondità delle cose e di vedere, per la prima volta, certi aspetti che, senza gli strumenti giusti, sarebbero rimasti nascosti per sempre.”
*TMax è uno scooter dell’azienda giapponese Yamaha Motor, ampiamente utilizzato nella scena trap italiana. La sua presenza
viene registrata in gran parte dei video di questo genere musicale.
**trad. “Gli oggetti nello specchio sono più vicini di quanto appaiano”.
Video, 14’09”
1/3
Estratto da 'SNITCH. Fenomenologia di un’Italia che cambia' testo critico di Alessio Vigni
“[...] Il titolo è Live (2023), parola che ci proietta nella dimensione di un’esibizione musicale dal vivo. L’ambiente in cui si svolge la performance è vero, sincero, siamo ben lontani dal white cube espositivo, qui sembra di essere nel “basso-fondo” di un club, in attesa di un concerto trap. Lo spazio tra pubblico e scena performativa, così come accade in uno spettacolo dal vivo, è separato da alcune transenne di ferro che bloccano il passaggio. Al di là di esse troviamo quattro casse acustiche di cui solo tre hanno una margherita adagiata sulla parte superiore. La musica di sottofondo che riempie lo spazio si blocca, tre individui con lo ski mask entrano in scena, prendono i tre fiori in mano e si siedono.
m’ama, non m’ama, m’ama, non m’ama...
Nel silenzio più assoluto i tre personaggi canticchiano il gioco di origine francese, ognuno con la propria margherita. Nella scena, tutto lascia presagire che quel rituale finirà sicuramente con un amore negato.
non m’ama
Di nuovo silenzio. Uno dei tre performer si alza, apre una sedia pieghevole da campeggio e ci si siede sopra. Ancora una volta si attinge dalla simbologia dell’estetica trap, dove questa particolare seduta è un elemento immancabile dei video musicali, oltre a essere il simbolo di un preciso stile di vita: è l’effimero “trono” dove spacciatori o membri di gang trascorrono gran parte delle loro giornate. A terra un corpo giace immobile, uno dei tre maranza si posiziona accanto a lui e inizia a squarciare la morbidezza di un piumino, estrae le piume e le usa per delimitare la salma a terra. Il calore umano viene violentemente negato: la giacca imbottita, tipica dell’estetica trap, viene svuotata lentamente perdendo ogni sua funzione originale. Quelle piume vengono utilizzate nel disperato tentativo di soccorrere il corpo ormai esanime disteso a terra. Il gesto si rivela inutile, così come sarebbe inutile qualsiasi altro aiuto offerto da chi è destinato a vivere quella stessa situazione. Alla scena assiste il personaggio seduto sulla sedia, che però, invece di osservare quella violenza, guarda negli occhi il pubblico, richiamando tutte le attenzioni su di sé. Quello sguardo ci pone in una situazione di difficoltà, ci attira e involontariamente (o volontariamente) scegliamo di distogliere i nostri occhi dalla scena a terra. Improvvisamente quella connessione visiva viene interrotta dal gesto del performer seduto che, ruotando lo ski mask, nega definitivamente qualsiasi ulteriore occasione di riflessione. Quel gesto di omertà sembra decretare la fine di qualsiasi opportunità di salvezza. Uno dei tre maranza adesso indossa un casco integrale nero e si posiziona di fronte a un suo compagno, il quale con il flash dello smartphone prova a illuminare l’oscurità di quel moderno elmetto, quasi in cerca dell’identità di colui che si cela al suo interno. La gestualità è quella tipica di un concerto, dove con la luce artificiale del proprio cellulare si tenta di stabilire una relazione e un momento “intimo” con chi si esibisce di fronte a noi. Il terzo maranza si avvicina al pubblico e posiziona uno specchietto retrovisore di un TMax* su una transenna. L’oggetto è rivolto verso i tre performer e il pubblico non può leggere cosa viene scritto sulla superficie specchiante: “Objects in the mirror are closer than they appear”**. Si tratta della frase obbligatoria che deve essere posizionata sugli specchietti di auto e moto. Questi strumenti ottici se da una parte aiutano ad ampliare il campo visivo di chi guida, dall’altra rendono gli oggetti più piccoli di quanto non siano realmente, facendoli sembrare ancora più lontani. La distanza tra chi osserva e chi viene osservato appare qualcosa di fittizio, una barriera che può essere abbattuta solo se si è capaci e si ha la volontà di comprendere veramente quello che abbiamo di fronte agli occhi. Passano pochi minuti e la divisione tra “spettacolo” e pubblico viene annullata e ogni distanza è azzerata: i tre performer portano le transenne sul fondo della sala e aprono lo spazio. Non c’è più differenza tra quello che si osserva e chi osserva, tutte le logiche di uno spettacolo live vengono azzerate. La finzione della performance, ammesso che mai ce ne sia stata una, sembra essere stata solo una percezione superficiale del pubblico. Con questo gesto i tre maranza ci invitano a entrare in quella che capiamo essere una concreta presentazione della realtà. Adesso, tre aste a giraffa, quelle solitamente utilizzate per sorreggere i microfoni, vengono posizionate al centro della scena. Questa volta però, i tre oggetti reggono solo torce ultraviolette che una volta accese fanno comparire alle pareti dei “graffiti” fino a quel momento rimasti invisibili. Nella prima immagine si intravede uno skyline facilmente riconoscibile, quello di City Life a Milano, il complesso residenziale simbolo di prestigio e ricchezza. Sul lato opposto invece compaiono alcuni palazzi degradati, il cosiddetto “blocco”, a richiamare l’estetica della periferia: l’ambiente in cui la trap italiana è nata e si è diffusa inizialmente. Infine, sulla parete di fondo, la luce ultravioletta rivela la scritta: “UNA SVOLTA ARRIVERÀ PRIMA O POI”. Un presagio che suona quasi come un monito. Il disagio che viene vissuto da chi proviene da contesti di periferia assume, adesso, un sapore più dolce. Se all’inizio della performance ogni tentativo di empatia era stato annientato dall’indifferenza altrui, questa luce “diversa” sembra farci scoprire una nuova possibilità. Decostruire, analizzare e interpretare permette a ogni individuo di arrivare alla profondità delle cose e di vedere, per la prima volta, certi aspetti che, senza gli strumenti giusti, sarebbero rimasti nascosti per sempre.”
*TMax è uno scooter dell’azienda giapponese Yamaha Motor, ampiamente utilizzato nella scena trap italiana. La sua presenza
viene registrata in gran parte dei video di questo genere musicale.
**trad. “Gli oggetti nello specchio sono più vicini di quanto appaiano”.