LOUISE & HERBERT

opera
LOUISE & HERBERT
LOUISE & HERBERT
categoria Installazione
soggetto Politico/Sociale, Natura, Figura umana, Bellezza, Astratto
tags
base 200 cm
altezza 200 cm
profondità 200 cm
anno 2015
Videoinstallazione assemblaggio di legno, organza, carta, ferro, elementi vegetali.

Lo spettatore si addentra nell’intimità del ricordo di tre differenti relazioni amorose, superando i confini tra privato e pubblico, biografico e generale, vita e morte ed infine i confini tra le identità nelle installazioni dedicate ai personaggi della raccolta di poesie “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Master, “Louise & Herbert” e “Francis (Il cuore malato)” e nell’installazione “Effimeri Parati” e nelle opere “Guest/Ghost” ispirate invece alla vicenda del duca Alessandro de’ Medici. In “Louise & Herbert” i vari elementi presenti nell’installazione rimandano direttamente agli elementi presenti nelle due poesie. L’opera celebra l’istante prima che il sogno si infranga conservando al suo interno fiori di clematidi realizzati di carta ad origami e rami essiccati, entrambi neri. Federica ha desiderato per molto tempo poter affrontare alcune delle storie di Spoon River nel suo linguaggio visuale, per poter raccontare qualcosa di se stessa che non sarebbe stato possibile raccontare in un altro modo. Gli artisti raccontano sempre qualcosa di se stessi, siano essi scrittori, poeti, cantautori o artisti visivi. Nell’Antologia sono rare le caricature polemiche, Masters ha fatto dell’ardore, di ognuna delle centinaia di anime sepolte sulla collina, il suo ardore, parlandoci veramente attraverso la bocca di ognuna. I protagonisti delle poesie appaiono così palpitanti, vivi per assurdo, nella loro diafana entità di trapassati, di pure parvenze. Presenze effimere, eteree, leggere come le presenze raccontate di volta in volta sui veli dell’artista, come la serie di volti in continuo mutamento, proiettati sui veli dell’installazione: uomini, donne, Herbert, Louise, volti conosciuti e sconosciuti, il volto dell’artista, i volti degli altri. In questo volto uomo-donna in continuo mutamento si rinnova l’attimo eterno dell’incontro-scontro dei due protagonisti, che trovano l’identificazione, nonostante tutto, nell’essere sommati l’uno all’altra, nell’essere per sempre insieme. Questa profonda identificazione, che avviene come una stratificazione, comporta delle letture su più livelli. In Louise è possibile riconoscere Frida Kahlo, ed in Herbert il nonno dell’artista, Goretto. Federica ha scelto si inserire dei frammenti di questi volti per rappresentare i due protagonisti delle poesie, per raccontare una storia parallela a quella narrata nell’Antologia: nonno-Herbert lascia Louise-Frida che simbolicamente rappresenta l’arte: come Herbert, Goretto sceglie un futuro più sicuro, più certo, forse meno emozionante, ma sincero. Per questo motivo è impossibile non riconoscersi, fondersi e confondersi in qualche modo nell’Antologia, nei suoi protagonisti, così estremamente contemporanei, a un secolo di distanza dalla pubblicazione dell’Antologia e a più di 70 anni dalla traduzione in italiano. Volti, come specchi nei quali riconoscersi e immedesimarsi come nelle poesie di Masters. Volti come epitaffi, leggere lapidi, sguardi congelati nel tempo che ci osservano e attraverso i loro occhi, guardandoci negli occhi, ci comunicano le loro verità. Masters strappa a tutti una confessione, una risposta definitiva, non per ricavarne un documento scientifico o sociale, ma per sete di verità umana, schiettezza, diretta ispirazione alla vita. Ciascun protagonista porta la sua situazione, i suoi ricordi, i suoi luoghi, le sue parole, tutto ciò che è suo. Nella vita si è spesso costretti a dire il falso, ad auto-convincerci del falso, a pensare il falso; nella morte, le voci di Spoon River sono invece estremamente sincere: perché per loro non c’è più competizione o invidia, nelle loro parole c’è finalmente tutto ciò che in vita non è possibile comunicare. Sostanzialmente alla base di ogni storia raccontata in Spoon River c’è l’invidia, che ogni protagonista cerca di superare in qualche modo, ma solo coloro che risolvono l’invidia nell’amore sia esso per una donna o un uomo, per un’ideale o per una passione riescono a riappacificarsi con la vita. La sincerità della morte è la sincerità dell’artista che attraverso le sue opere ha la facoltà, molto spesso, di comunicare ciò che non potrebbe o vorrebbe comunicare semplicemente a voce, tutto ciò che non ha la forza di raccontare o dire. Aprendo a caso l’Antologia, che aveva scoperto grazie a Cesare Pavese, Fernanda si imbatté nella poesia “Francis Turner” rimanendo molto colpita in particolare dalle parole degli ultimi due versi “mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi fuggì”. È a questa poesia e in particolare a questi versi che fa riferimento l’installazione “Francis (Il Cuore malato)”, nella quale l’artista ha focalizzato la propria attenzione sulla coppa di vetro nera, foriera di presagi funerei, fragilissima e al tempo stesso contenuta in un altrettanto fragile teca. Una coppa pernio di un equilibrio che il protagonista non può alterare, se non rischiando la sua stessa vita, una coppa che non può e non deve essere toccata, dato i tanti neri affilati aculei che sporgono dai bordi della teca stessa. Francis può solo sorseggiare la vita a piccole dosi, può avvicinarsi alla felicità, all’amore, ma senza goderne a pieno, infatti, nel momento stesso in cui decide di prendere a piene mani ciò che la vita gli offre, l’anima di Francis sfugge, proprio da quelle labbra che hanno appena toccato la felicità di un bacio. Alla parete accanto alla teca sono poste 14 immagini fotografiche a doppia esposizione stampate su carta cotone e organza. Immagini sognanti, surreali, quasi dadaiste, che ricreano il clima di quel pomeriggio di giugno nel giardino di acacie, catalpe e pergole di viti mescolati ai rimandi biografici di Masters stesso: le case dello scrittore, il fiume Spoon, il cimitero sulla collina. Immagini dove i volti di Francis, Edgar e Mary si mescolano e confondono. Immagini frammentarie che si susseguono, come le poesie dell’antologia, ma che danno luogo a un tutt’uno: l’espressione letteraria di Masters e in parallelo l’analisi visiva di Federica e che arrivano a far agire la catena degli avvenimenti nel cerchio della sensibilità di una o più persone. Oltre alle immagini frammentarie, accanto alla teca si staglia un piccolo velo intelaiato su un leggero stelo di metallo, una struttura che richiama uno specchio da toilette e allo stesso tempo la foto di una lapide. Sul velo è riportato un ritratto, composto da un “collage” che unisce il volto dell’artista a quello di Antonio Gramsci, vicino per ideali e per passione, il cui cuore malato, oggi, non sono altri che i valori, i sogni, gli ideali abbandonati, dimenticati, traditi dalla società contemporanea. Questa profonda identificazione, che avviene come una stratificazione, comporta ancora una volta inevitabilmente delle letture su più livelli. La videoinstallazione “Effimeri Parati” e le opere di luce “Guest/Ghost” che ne derivano, traggono liberamente spunto da suggestioni legate in particolar modo ad alcune vicende artistiche e umane di Giorgio Vasari, che hanno trovato riscontro e sollecitato la mia ricerca e progettazione. Nel percorso artistico di Vasari, come in quello di molti altri suoi contemporanei, un capitolo importante è occupato dalla progettazione e realizzazione di scenografie spettacolari, ma del tutto effimere per particolari eventi. A Firenze nel 1536, Vasari, dirige gli imponenti apparati urbani in occasione dell’entrata trionfale in città dell’imperatore Carlo V e del matrimonio tra il duca Alessandro I de’ Medici e la figlia di Carlo V; Margherita d’Austria. Per festeggiare questo importante matrimonio fu rappresentata una commedia scritta da Lorenzino de’ Medici, amico fidato e compagno del duca Alessandro in bagordi e festini. Secondo Vasari, Lorenzino stava già tramando contro Alessandro in cerca dell’occasione propizia per ucciderlo. Durante la costruzione del teatro e l’allestimento dello spettacolo, infatti, Lorenzino fece numerosi sopralluoghi per controllare il procedere dei lavori e con la scusa di dare risalto alla scena e favorire l’acustica chiese a Aristotile da Sangallo e Giorgio Vasari, di creare maggiori spazi intorno alla scena abbattendo pareti e alleggerendo le impalcature, accorgimenti che avrebbero reso le gradinate insicure mettendo a rischio la stabilità dell’intera struttura. Temendo la mala fede di Lorenzino, Vasari lo minacciò di riferire tutto al duca, facendolo così desistere nell’intento. Ma i festeggiamenti nuziali furono turbati da un’eclissi solare che sembrò un fosco presagio. Il duca Alessandro I si rivelò dispotico e intransigente, colpì la popolazione con balzelli continui e soprusi, confische, bandi e condanne a morte, oltre a condurre una vita dissoluta e dissennata. La situazione divenne insopportabile anche per le famiglie più prossime ai Medici e il giorno dell’Epifania del 1537 Lorenzino, attirò in un tranello Alessandro e lo uccise a pugnalate. Morto il duca, la moglie Margherita si rifugiò nella Fortezza da Basso portando con sé tutti i suoi beni preziosi. Ed è proprio la figura di Margherita protagonista delle opere, che si fa carico della riflessione. Margherita, giovane vedova, della quale la leggenda narra che si sia presentata vestita ancora a lutto, al cospetto della famiglia Farnese della quale avrebbe successivamente sposato Ottavio. Margherita, quindicenne che sembra giocare con i fiori, con i gigli simbolo di Firenze e di purezza, ma che in realtà conosce già molto bene le dinamiche dell’epoca in cui vive, rappresentata dall’eclissi di sole. Margherita, donna che non accetta le imposizioni e che cerca indipendenza e autodeterminazione. Questo stralcio di storia dell’arte misto a storia fiorentina è il pretesto per riflettere sull’effimero, sulla labilità, sull’apparenza ed estrema fugacità dell’arte, della vita e della società, caratteristiche che osservate oggi attraverso i nostri occhi, rendono quell’anno 1536 molto familiare. Ieri come oggi gli intrighi di palazzo, ieri come oggi un artista che cerca di farsi strada nonostante le avversità gli sottraggano il terreno da sotto i piedi. Ieri come oggi, gli artisti accettano le sfide e si confrontano con temi e luoghi, sapendo molto spesso che il loro lavoro vivrà in un determinato tempo in un determinato spazio. Ieri come oggi gli artisti cercano indipendenza e autodeterminazione. Non è questa forse la sfida del site-specific e più in generale dell’arte? Sì, e tutto ciò rende Vasari ancora più contemporaneo.
artista
Federica Gonnelli
Artista, Firenze
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