opera
niemandsland
categoria | Disegno |
soggetto | Politico/Sociale |
tags | |
base | 270 cm |
altezza | 530 cm |
profondità | 5 cm |
anno | 2009 |
Niemandsland
Uranologia invertita, riflessa e proiettata, architettura e pittura, questi i principali elementi che confluiscono in un’unica tipologia di arte visiva, ARCHI-PITTURA, termine coniato dal architetto ed artista Carmelo Maria Carollo già nel 2003.
Se una opera d’arte in se contiene una filosofia, deve necessariamente scaturire come la filosofia stessa da incertezze, domande e punti di vista non comuni, ma che vanno oltre il valutabile scientificamente pur restando terreni sotto molti aspetti.
Il quid iniziale e principale che ha portato C.M. Carollo ad intraprendere un percorso sperimentale di fusione tra diverse filosofie, tipologie d’arte e materie di studio, è stata una rielaborazione di concetti poetici nella percezione cosmologica. L’essere umano sente la necessità della poesia oltre la ragione, osservando e trasformando in metafora dei suoi sentimenti gli elementi del macro e micro cosmo…percezione in cui il cielo di notte, le sue stelle e la luna si trasformano, in poesia d’amore, in solitudine, in mancanza d’amore attraverso le parole. A questo punto della riflessione dell’artista subentra l’Uranologia, che come definizione tratta dal testo “Grammatica delle scienze filosofiche” di Benjamin Martin del 1778, è il Discorso sui corpi che soggiornano in cielo, studio che si concentra sull’etere dei corpi celesti, è per tale ragione che nel corso dei secoli e attraverso ogni civiltà le costellazioni assumono sembianze più diverse dagli animali a figure mitologiche. Nelle considerazioni dell’artista non subentra il concetto odierno dell’astrologia traslata in altro, ma resta ben saldo il concetto di cielo come proiezione poetica ed interpretativa. E se fosse il cielo ad osservarci? Cosa vedremmo di noi se ci osservassimo dall’alto con la stessa prospettiva in cui noi osserviamo i corpi celesti?
Le immagini tratte dall’Earth Observing System (Eos), da planimetrie e da cartografie, verrebbero in un certo senso romanzata assumendo le forme della nostra cultura poetica attuale.
Ovviamente gli studi di architettura e la tendenza artistica portano C.M. Carollo, a reinterpretare in chiave pittorica e poetica ciò che da sempre invece era ed è inteso come materiale prettamente tecnico, come le planimetrie di un dato territorio e/o le cartine geografiche.
L’Archi –Pittura diviene in un certo senso una filosofia del linguaggio, materia in cui tutte le società stanziali e urbanizzate, dotate di una relativa densità demografica e di una certa estensione territoriale, purché in possesso della scrittura, vediamo formarsi nuclei di 4 discipline cardinali: matematica, astronomia, diritto e grammatica.
” La filosofia del linguaggio diviene una filosofia prima del linguaggio, questo processo fa della lingua una identità trascendentale.” (Immanuel Kant, filosofo tedesco)
Si tratta quindi di spiegare quali siano le condizioni di possibilità del linguaggio urbano e in che modo esso caratterizzi nello specifico l’essere umano.
GoldCaos ha assemblato i concetti di queste varie discipline, facendo confluire le dinamiche creative in una nuova percezione del linguaggio visivo dall’alto…tavole tecniche (matematica), che diventano astrologia, il diritto dell’espressione sul proprio territorio spesso negato, non compreso e giudicato dalle menti più mediocri, tutto converge verso una grammatica artistica fatta di immagini, e non di parole di massa, pur creando le proprie visioni, su vie, abitazioni, coste, colline…
L’opera Niemandsland porta un nome tedesco, dando merito alla lingua che meglio racconta la filosofia, grazie alla possibilità di creazione di nuovi concetti associando due sostantivi in un’unica parola, niemand (nessuno) e Land (terra), terra di nessuno.
Il nostro racconto visivo, i nostri personaggi, prendono vita sulla planimetria del piano regolatore di Bagheria (Palermo, Sicilia), il nostro paese di origine, e città visitata dal poeta Johann Wolfgang von Goethe nel 1787, che rimase impressionato dai mostri di Villa Palagonia, che inconfondibilmente descrisse e citò ne “La notte della Valpurga del Faust.”
«Per trasmettere tutti gli elementi della pazzia del principe di Palagonia, eccone l'elenco. Uomini: mendicanti dei due sessi, spagnuoli e spagnuole, mori, turchi, gobbi, deformi di tutti i generi, nani, musicanti, pulcinella, soldati vestiti all'antica, dei e dee, costumi francesi antichi, soldati con giberne e uose, esseri mitologici con aggiunte comiche (...) Bestie: parti isolate delle stesse, cavalli con mani d'uomo, corpi umani con teste equine, scimmie deformi, numerosi draghi e serpenti, zampe svariatissime e figure di ogni genere, sdoppiamenti e scambi di teste. Vasi: tutte le varietà di mostri e di cartocci che terminano in pance di vasi e piedistalli. Immaginate tali figure a bizzeffe, senza senso e senza ragione, messe assieme senza scelta né discernimento, immaginate questi zoccoli e piedistalli e deformità allineate a perdita d'occhio: e proverete il penoso sentimento che opprime chi si trova a passare sotto le verghe da questa follia. (...) Ma l'assurdità di una mente priva di gusto si rivela al massimo grado nel fatto che i cornicioni delle costruzioni minori sono sghembi, pendono a destra o a sinistra, così che il senso dell'orizzontale o della verticale, che insomma ci fa uomini ed è fondamento di ogni euritmia, riesce tormentato e torturato in noi. E anche questi tetti sono popolati e decorati di idre di piccoli busti e di orchestre di scimmie ed altre dabbenaggini.»
La nostra città è nota per le sue ville, poeti, artisti come Renato Guttuso e il regista Giuseppe Tornatore (che racconta nel film Baaria, il misticismo, i simboli i nostri retaggi culturali più infimi, ma anche sanguigni e passionali di una Bagheria del passato)
La nostra città e il nostro linguaggio urbano, visivo e più intimo di oggi è noto a noi artisti, abitando in questo territorio pieno di bellezza indescrivibile, ma bastardo allo stesso tempo. Un paese deturpato nella bellezza, corrotto, il bene e il male, il cavaliere, un Don Chisciotte moderno che sovrasta il tutto, mantenendo gli ideali di onestà, affondando la sua spada nel male di questo territorio, la madre sei cretini e dei veleni perennemente gravida, il fico d’india come simbolo di resistenza all’aridità e al provincialismo dilagante, le figure fantastiche e mitologiche, le forze dell’ordine che combattono contro un nemico invisibile ma stratificato come la mafia a forma di medusa ed il suo veleno inaspettato, le sirene e il loro canto ingannevole, una testa di trottola che gira e rigira per restare ferma e non cambiando mai, la morte, la trinacria che richiama il nostro gorgone che pietrifica come Medusa e la sua bellezza, Polifemo, accanto all’autoritratto dell’artista, personificato anche nel cavaliere e nel motociclista, in basso una donna che cerca di infondere amore dalle labbra , un vortice che potrebbe tirare dentro se chiunque, non abbia gli ideali per poter resistere a questo sistema.
“La memoria è un mostro, tu dimentichi, essa no. Archivia le cose, ecco tutto. Le conserva per te, o te le nasconde e le richiama per fartele ricordare, a sua volontà. Credi di avere una memoria, ma è la memoria che ha te.” (John Irving, via un tredicesimo dell’anima)
L’assemblaggio delle singole tavole forma una scarpa immaginaria, simbolo di un percorso, perso, intrapreso. La scarpa come archetipo del viaggio della propria vita fino al proprio percorso di individuazione.
La tipologia di disegno è quasi fumettistico, per esaltare l’ironia della sorte di questo paese, le figure quasi infantili sono volute, ricollegandoci al dubbio del futuro dei nostri figli, le scene si svolgono su 13 tavole, come un tredicesimo dell’anima…caduti tra le braccia di Lucifero, in lotta con la trinità del bene esistente, ma raro. L’opera va esposta in orizzontale, e non appesa, il senso anche espositivo deve essere molto terreno. (Inviamo immagini della miniatura dell’opera integrale, in quanto al momento l’opera non è in esposizione)
Tecniche: stampa del piano regolatore di Bagheria, incollaggio con colla da manifesto su pannelli di legno, disegno, pittura, creazione del pannello nero base in forex verniciato nero, struttura portante ferro verniciata nera
Materiale: carta, carboncino, colori barrette ad olio, pannelli legno colla per manifesti, forex, tubi ferro, vernice nera, vernice lucida trasparente.
Dimensioni:
Altezza: 5,30 metri
Larghezza 2, 70 metri
Spessore: 5 cm
Uranologia invertita, riflessa e proiettata, architettura e pittura, questi i principali elementi che confluiscono in un’unica tipologia di arte visiva, ARCHI-PITTURA, termine coniato dal architetto ed artista Carmelo Maria Carollo già nel 2003.
Se una opera d’arte in se contiene una filosofia, deve necessariamente scaturire come la filosofia stessa da incertezze, domande e punti di vista non comuni, ma che vanno oltre il valutabile scientificamente pur restando terreni sotto molti aspetti.
Il quid iniziale e principale che ha portato C.M. Carollo ad intraprendere un percorso sperimentale di fusione tra diverse filosofie, tipologie d’arte e materie di studio, è stata una rielaborazione di concetti poetici nella percezione cosmologica. L’essere umano sente la necessità della poesia oltre la ragione, osservando e trasformando in metafora dei suoi sentimenti gli elementi del macro e micro cosmo…percezione in cui il cielo di notte, le sue stelle e la luna si trasformano, in poesia d’amore, in solitudine, in mancanza d’amore attraverso le parole. A questo punto della riflessione dell’artista subentra l’Uranologia, che come definizione tratta dal testo “Grammatica delle scienze filosofiche” di Benjamin Martin del 1778, è il Discorso sui corpi che soggiornano in cielo, studio che si concentra sull’etere dei corpi celesti, è per tale ragione che nel corso dei secoli e attraverso ogni civiltà le costellazioni assumono sembianze più diverse dagli animali a figure mitologiche. Nelle considerazioni dell’artista non subentra il concetto odierno dell’astrologia traslata in altro, ma resta ben saldo il concetto di cielo come proiezione poetica ed interpretativa. E se fosse il cielo ad osservarci? Cosa vedremmo di noi se ci osservassimo dall’alto con la stessa prospettiva in cui noi osserviamo i corpi celesti?
Le immagini tratte dall’Earth Observing System (Eos), da planimetrie e da cartografie, verrebbero in un certo senso romanzata assumendo le forme della nostra cultura poetica attuale.
Ovviamente gli studi di architettura e la tendenza artistica portano C.M. Carollo, a reinterpretare in chiave pittorica e poetica ciò che da sempre invece era ed è inteso come materiale prettamente tecnico, come le planimetrie di un dato territorio e/o le cartine geografiche.
L’Archi –Pittura diviene in un certo senso una filosofia del linguaggio, materia in cui tutte le società stanziali e urbanizzate, dotate di una relativa densità demografica e di una certa estensione territoriale, purché in possesso della scrittura, vediamo formarsi nuclei di 4 discipline cardinali: matematica, astronomia, diritto e grammatica.
” La filosofia del linguaggio diviene una filosofia prima del linguaggio, questo processo fa della lingua una identità trascendentale.” (Immanuel Kant, filosofo tedesco)
Si tratta quindi di spiegare quali siano le condizioni di possibilità del linguaggio urbano e in che modo esso caratterizzi nello specifico l’essere umano.
GoldCaos ha assemblato i concetti di queste varie discipline, facendo confluire le dinamiche creative in una nuova percezione del linguaggio visivo dall’alto…tavole tecniche (matematica), che diventano astrologia, il diritto dell’espressione sul proprio territorio spesso negato, non compreso e giudicato dalle menti più mediocri, tutto converge verso una grammatica artistica fatta di immagini, e non di parole di massa, pur creando le proprie visioni, su vie, abitazioni, coste, colline…
L’opera Niemandsland porta un nome tedesco, dando merito alla lingua che meglio racconta la filosofia, grazie alla possibilità di creazione di nuovi concetti associando due sostantivi in un’unica parola, niemand (nessuno) e Land (terra), terra di nessuno.
Il nostro racconto visivo, i nostri personaggi, prendono vita sulla planimetria del piano regolatore di Bagheria (Palermo, Sicilia), il nostro paese di origine, e città visitata dal poeta Johann Wolfgang von Goethe nel 1787, che rimase impressionato dai mostri di Villa Palagonia, che inconfondibilmente descrisse e citò ne “La notte della Valpurga del Faust.”
«Per trasmettere tutti gli elementi della pazzia del principe di Palagonia, eccone l'elenco. Uomini: mendicanti dei due sessi, spagnuoli e spagnuole, mori, turchi, gobbi, deformi di tutti i generi, nani, musicanti, pulcinella, soldati vestiti all'antica, dei e dee, costumi francesi antichi, soldati con giberne e uose, esseri mitologici con aggiunte comiche (...) Bestie: parti isolate delle stesse, cavalli con mani d'uomo, corpi umani con teste equine, scimmie deformi, numerosi draghi e serpenti, zampe svariatissime e figure di ogni genere, sdoppiamenti e scambi di teste. Vasi: tutte le varietà di mostri e di cartocci che terminano in pance di vasi e piedistalli. Immaginate tali figure a bizzeffe, senza senso e senza ragione, messe assieme senza scelta né discernimento, immaginate questi zoccoli e piedistalli e deformità allineate a perdita d'occhio: e proverete il penoso sentimento che opprime chi si trova a passare sotto le verghe da questa follia. (...) Ma l'assurdità di una mente priva di gusto si rivela al massimo grado nel fatto che i cornicioni delle costruzioni minori sono sghembi, pendono a destra o a sinistra, così che il senso dell'orizzontale o della verticale, che insomma ci fa uomini ed è fondamento di ogni euritmia, riesce tormentato e torturato in noi. E anche questi tetti sono popolati e decorati di idre di piccoli busti e di orchestre di scimmie ed altre dabbenaggini.»
La nostra città è nota per le sue ville, poeti, artisti come Renato Guttuso e il regista Giuseppe Tornatore (che racconta nel film Baaria, il misticismo, i simboli i nostri retaggi culturali più infimi, ma anche sanguigni e passionali di una Bagheria del passato)
La nostra città e il nostro linguaggio urbano, visivo e più intimo di oggi è noto a noi artisti, abitando in questo territorio pieno di bellezza indescrivibile, ma bastardo allo stesso tempo. Un paese deturpato nella bellezza, corrotto, il bene e il male, il cavaliere, un Don Chisciotte moderno che sovrasta il tutto, mantenendo gli ideali di onestà, affondando la sua spada nel male di questo territorio, la madre sei cretini e dei veleni perennemente gravida, il fico d’india come simbolo di resistenza all’aridità e al provincialismo dilagante, le figure fantastiche e mitologiche, le forze dell’ordine che combattono contro un nemico invisibile ma stratificato come la mafia a forma di medusa ed il suo veleno inaspettato, le sirene e il loro canto ingannevole, una testa di trottola che gira e rigira per restare ferma e non cambiando mai, la morte, la trinacria che richiama il nostro gorgone che pietrifica come Medusa e la sua bellezza, Polifemo, accanto all’autoritratto dell’artista, personificato anche nel cavaliere e nel motociclista, in basso una donna che cerca di infondere amore dalle labbra , un vortice che potrebbe tirare dentro se chiunque, non abbia gli ideali per poter resistere a questo sistema.
“La memoria è un mostro, tu dimentichi, essa no. Archivia le cose, ecco tutto. Le conserva per te, o te le nasconde e le richiama per fartele ricordare, a sua volontà. Credi di avere una memoria, ma è la memoria che ha te.” (John Irving, via un tredicesimo dell’anima)
L’assemblaggio delle singole tavole forma una scarpa immaginaria, simbolo di un percorso, perso, intrapreso. La scarpa come archetipo del viaggio della propria vita fino al proprio percorso di individuazione.
La tipologia di disegno è quasi fumettistico, per esaltare l’ironia della sorte di questo paese, le figure quasi infantili sono volute, ricollegandoci al dubbio del futuro dei nostri figli, le scene si svolgono su 13 tavole, come un tredicesimo dell’anima…caduti tra le braccia di Lucifero, in lotta con la trinità del bene esistente, ma raro. L’opera va esposta in orizzontale, e non appesa, il senso anche espositivo deve essere molto terreno. (Inviamo immagini della miniatura dell’opera integrale, in quanto al momento l’opera non è in esposizione)
Tecniche: stampa del piano regolatore di Bagheria, incollaggio con colla da manifesto su pannelli di legno, disegno, pittura, creazione del pannello nero base in forex verniciato nero, struttura portante ferro verniciata nera
Materiale: carta, carboncino, colori barrette ad olio, pannelli legno colla per manifesti, forex, tubi ferro, vernice nera, vernice lucida trasparente.
Dimensioni:
Altezza: 5,30 metri
Larghezza 2, 70 metri
Spessore: 5 cm