ognuno di noi ha dentro delle scimmie. maquette

opera
ognuno di noi ha dentro delle scimmie. maquette
ognuno di noi ha dentro delle scimmie. maquette
categoria Installazione
soggetto Architettura
tags studio spazio Liquido
base 500 cm
altezza 100 cm
profondità 0 cm
anno 2020
installazione - dimensioni ambientali
50 rotoli carta da parati serigrafati a mano, 1 rotolo carta da lucido
rotolo di carta disegnata unica copia, rotoli serigrafati numero di copie
Il giorno dopo l’elezione di Donald Trump l’opinionista Ann Coulter ha pubblicato un programma dettagliato delle priorità per i primi cento giorni del mandato – giorno 1: iniziare a costruire il muro. Giorno 2 continuare a costruire il muro. Giorno 3: continuare a costruire il muro. E così via.. la litania proseguiva. Giorno 100: riferire al popolo americano sui progressi compiuti nella costruzione del muro. Ricordo di aver letto, in quei giorni, un detto americano che diceva “fine words butter no parsnips” = le belle parole e le buone intenzioni non portano a nulla. Mi viene da pensare che con la nozione di con fine, limitare un territorio, nascano le due idee di vicinanza e di limite da non valicare; Due concetti opposti, credo. Border – boundary è una linea di demarcazione ma la parola frontier segnala uno spazio aperto. Il marché delimita i confini del regno/zona addossata alla linea di separazione per l’appunto. Frontiera ci segnala una linea immaginaria, il faccia a faccia con l’altro; quindi una fascia fatta per essere superata, ma invece usata come sinonimo di recinzione o muro. I recinti tengono gli animali al loro posto. Il muro è una formula in codice per indicare un rafforzamento della sicurezza di un confine. I muri non solo riducono gli attraversamenti illegali, ma fanno qualcosa di più: fanno sentire a chi vuole che si faccia qualcosa che “si sta facendo veramente qualcosa”. Possiamo usare tante parole per il cemento armato, il filo spinato, mine e armi di distruzione di massa, veicoli e velivoli armati fino ai denti, atolli usati come portaerei o scogli che nascondono flotte, barriere digitali e ideologiche, muri che separano la politica dalla religione, un oceano o un deserto di mezzo, ma tutti i tracciati dell’uomo sono sempre artificiali. Quest’opera è iniziata come studio geografico personale che segnalava tutte le divisioni territoriali dall’epoca coloniale a quelle attuali, estendendosi in un secondo momento ad una ricerca di forma estetica. Il primo esercizio è stato togliere stati, continenti e mari, lasciare solo i muri innalzati. Gli uomini, inconsapevolmente o no, hanno prodotto una calligrafia sulla terra. Il secondo esercizio è stato mettere su tavola questi segni e le possibili derive sulla terraferma. Il pattern ricorda la fantasia della mimetica militare. Un modello che unisce i due opposti. Mi sono chiesta se non può essere una maquette per carta da parati; un oggetto assolutamente estetico, puramente decorativo e frivolo. Una carta che ricopre un muro. Il terzo, e ultimo esercizio, è un omaggio all’installazione Running Fence, che già nel 1976 edificava muri plasmandoli con il vento. L’installazione sarà posizionata verso la parete di una sala mentre, nel centro, crescerà un muro fluttuante, per creare due sezioni, per creare una membrana.
https://mega.nz/folder/u8kDnSRR#VulZ005nm_815V_iIb9i9A
artista
Elena Tortia
Artista, Torino
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