opera
Paesaggio familiare #2
categoria | Pittura |
soggetto | Paesaggio |
tags | street marks, asphalt, landscape, paint |
base | 59 cm |
altezza | 49 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2021 |
bitume, asfalto, spray acrilici su retro di dipinto a olio su cartone telato
Una mattonella di asfalto, entro la cornice dorata di un dipinto ad olio su cartone di pittore minore, che ho solo girato, lavorando sul retro. Gesto comune nella pratica artistica quello di riutilizzare opere precedenti al posto di supporti nuovi, in parte motivato dall’economia (specialmente quando un’artista è agli esordi, non ne fa mai abbastanza! seppure oggi sarebbe molto più IN dire che lo fa per spirito ecologista), in questo caso soprattutto per questioni legate all’autore del dipinto a olio.
Armando Pelliccioni (1883-1963), pittore bolognese, anche critico d’arte e zio di mio nonno materno, rappresenta un caso curioso, infatti seppur il suo lavoro sia classificato come di valore artistico piuttosto discutibile, in quanto bolognese, suoi oli e disegni sono nelle collezioni permanenti di Mambo e Fondazione Carisbo. Il dipinto in questione, soggetto un anonimo paesaggio boschivo, sulle pareti del corridoio della prima casa che ricordo di aver abitato, quella dei nonni materni di Via Galliera, 34 a Bologna, faceva il paio con un secondo dipinto delle medesime dimensioni. Di entrambi ho sempre pensato la parte più preziosa fossero le massicce cornici in legno intagliato e dorato, eppure trascorrevo momenti interminabili a centellinare con lo sguardo la superficie pittorica: non più alberi e prati solo sgargianti pennellate materiche, diverso paesaggio in cui perdersi piacevolmente.
L’opera mia, esemplare di una serie che sto portando avanti, reca alcuni segni in cui spesso ci si imbatte camminando su strada, forse tracciati da operai stradali o operatori delle forze dell’ordine. Riproduzioni fedeli, eccetto per il colore. Appunti di paesaggio, quello mio consueto. Segni comunque sempre più o meno indecifrabili sorta di tag su piano orizzontale, di cui mi approprio. Frammenti di paesaggio dal medesimo effetto ipnotico delle dense pennellate dell’antenato pittore.
Una mattonella di asfalto, entro la cornice dorata di un dipinto ad olio su cartone di pittore minore, che ho solo girato, lavorando sul retro. Gesto comune nella pratica artistica quello di riutilizzare opere precedenti al posto di supporti nuovi, in parte motivato dall’economia (specialmente quando un’artista è agli esordi, non ne fa mai abbastanza! seppure oggi sarebbe molto più IN dire che lo fa per spirito ecologista), in questo caso soprattutto per questioni legate all’autore del dipinto a olio.
Armando Pelliccioni (1883-1963), pittore bolognese, anche critico d’arte e zio di mio nonno materno, rappresenta un caso curioso, infatti seppur il suo lavoro sia classificato come di valore artistico piuttosto discutibile, in quanto bolognese, suoi oli e disegni sono nelle collezioni permanenti di Mambo e Fondazione Carisbo. Il dipinto in questione, soggetto un anonimo paesaggio boschivo, sulle pareti del corridoio della prima casa che ricordo di aver abitato, quella dei nonni materni di Via Galliera, 34 a Bologna, faceva il paio con un secondo dipinto delle medesime dimensioni. Di entrambi ho sempre pensato la parte più preziosa fossero le massicce cornici in legno intagliato e dorato, eppure trascorrevo momenti interminabili a centellinare con lo sguardo la superficie pittorica: non più alberi e prati solo sgargianti pennellate materiche, diverso paesaggio in cui perdersi piacevolmente.
L’opera mia, esemplare di una serie che sto portando avanti, reca alcuni segni in cui spesso ci si imbatte camminando su strada, forse tracciati da operai stradali o operatori delle forze dell’ordine. Riproduzioni fedeli, eccetto per il colore. Appunti di paesaggio, quello mio consueto. Segni comunque sempre più o meno indecifrabili sorta di tag su piano orizzontale, di cui mi approprio. Frammenti di paesaggio dal medesimo effetto ipnotico delle dense pennellate dell’antenato pittore.