opera
Piccola farmacia portatile
categoria | Installazione |
soggetto | Figura umana, Politico/Sociale |
tags | disagio psicologico, paura, disturbi alimentari |
base | 80 cm |
altezza | 60 cm |
profondità | 9 cm |
anno | 2021 |
“Piccola farmacia portatile” presenta i risvolti emotivi e psicologici della pandemia, portandoli pian piano in luce.
Non è andato tutto bene. Non va tutto bene.
Le distanze prossimali sono diventate sociali ed emotive. Il distanziamento non ci salvato da noi stessi.
Liberi da restrizioni, siamo ora intrappolati dal nostro disagio.
Ogni opera in scatola interpreta in maniera surreale un nostro disagio psicologico che occupa metaforicamente tutto lo spazio, lente deformata per guardare il mondo, in un dialogo concettuale tra supporto – scatolette di pesce -, sfondo, omini in miniatura, oggetti e titoli poetici.
Lo scarto, il riciclo e l’uso di materiali non convenzionali sono il punto di partenza per recuperare valore e raccontare di noi come comunità e allo stesso tempo come singoli.
Eccoci allora inseguire ossessioni di controllo e indorare le nostre catene fino alla presunzione di essere i migliori e rimanere aggrappati alla linea di galleggiamento ormai esanimi, satolli anche di un cibo che non sazia più né il corpo né lo spirito o schiavi delle nostre dipendenze, volontà di controllo del mondo e bisogno assoluto in un piacere che non consola più.
La serie si innesta sul percorso iniziato dalla serie “Janas”, 90 lavori e storie virali con ready-made, oggetti e installazioni, concepite e realizzate durante il periodo del lockdown, Case interiori per restituire spazi di vita, benessere e visibilità alle persone recluse nelle loro abitazioni, recuperando una dimensione sociale.
In maniera paradossale la ”Piccola farmacia portatile” però non cura: i contenitori per i medicamenti sono desolatamente vuoti. Non ci sono soluzioni preconfezionate e semplici perché senza consapevolezza non ci può essere cura.
La serie non è completa ma in divenire, costante osservazione dell’emergere di nuovi disagi.
TECNICA MISTA, ALLUMINIO, RESINE PLASTICHE, CARTE DI RECUPERO E OGGETTI DI VARI MATERIALI, VETRO E LEGNO
Non è andato tutto bene. Non va tutto bene.
Le distanze prossimali sono diventate sociali ed emotive. Il distanziamento non ci salvato da noi stessi.
Liberi da restrizioni, siamo ora intrappolati dal nostro disagio.
Ogni opera in scatola interpreta in maniera surreale un nostro disagio psicologico che occupa metaforicamente tutto lo spazio, lente deformata per guardare il mondo, in un dialogo concettuale tra supporto – scatolette di pesce -, sfondo, omini in miniatura, oggetti e titoli poetici.
Lo scarto, il riciclo e l’uso di materiali non convenzionali sono il punto di partenza per recuperare valore e raccontare di noi come comunità e allo stesso tempo come singoli.
Eccoci allora inseguire ossessioni di controllo e indorare le nostre catene fino alla presunzione di essere i migliori e rimanere aggrappati alla linea di galleggiamento ormai esanimi, satolli anche di un cibo che non sazia più né il corpo né lo spirito o schiavi delle nostre dipendenze, volontà di controllo del mondo e bisogno assoluto in un piacere che non consola più.
La serie si innesta sul percorso iniziato dalla serie “Janas”, 90 lavori e storie virali con ready-made, oggetti e installazioni, concepite e realizzate durante il periodo del lockdown, Case interiori per restituire spazi di vita, benessere e visibilità alle persone recluse nelle loro abitazioni, recuperando una dimensione sociale.
In maniera paradossale la ”Piccola farmacia portatile” però non cura: i contenitori per i medicamenti sono desolatamente vuoti. Non ci sono soluzioni preconfezionate e semplici perché senza consapevolezza non ci può essere cura.
La serie non è completa ma in divenire, costante osservazione dell’emergere di nuovi disagi.
TECNICA MISTA, ALLUMINIO, RESINE PLASTICHE, CARTE DI RECUPERO E OGGETTI DI VARI MATERIALI, VETRO E LEGNO