opera
Piccola Natura Morta
categoria | Performance |
soggetto | Politico/Sociale, Figura umana |
tags | Video sculpture, Identity, Symbolism |
minuti | 40 |
secondi | 0 |
anno | 2021 |
Identità e corporeità tra oggetto e simbologia.
In una indagine tra dinamiche familiari, declinazioni identitarie, ruoli femminili, processi di
integrazione ed estraneazione, la mostra Piccola Natura Morta di Anica Huck, nella
fragilità e instabilità della percezione e costruzione individuale, si articola come un
componimento in tre tempi, dove la ritualità reifica forme sociali e culturali in una
dimensione processuale, analitica, destrutturante.
Nella live performance Family Tree l’artista, lungo i segni di uno schema genealogico
appartenente all’archivio del bisnonno e risalente al regime nazista tedesco degli anni
’30, interrompe e destruttura la continuità e la persistenza dello stampo ordinativo
ideologico e sociale, delineato nel certificato ariano, mangiando le linearità dell’apparato
di controllo nell’orizzontalità delle radici familiari, distruggendo e al contempo
introiettando la mappatura di un vincolo parentale a volte oppressivo, di una memoria
feroce formulata in una asettica procedura modulare.
Un atto nutritivo si traspone in una azione estirpatrice della permanenza dell'oggetto,
delle sue ombre semantiche, di una storia oppressiva che non si disperde, ma viene
inghiottita ed elaborata come cibo avvelenato, come forma luttuosa e violenta, esaurita,
compresa e alienata nella sua disgregazione.
Il gesto, l’evidenza della parola scritta e la processualità dell’atto costituiscono un
sistema simbolico che si sviluppa oltre il racconto, rivolgendo l’attenzione sull’aspetto
testimoniale affidato all’osservatore, sull’azione volitiva portata sulla materia
documentale ed emotiva, sulla linearità genitoriale interrotta, scissa da una specifica
soggettività, elaborazione di una possibile rottura del vincolo affettivo che segue le
inclinazioni sociali.
Nella videoperformance Piccola Natura Morta il ruolo femminile nella dialettica
personale, sociale e culturale viene analizzato attraverso l’atto di indossare i propri
monili, in una sovrapposizione continua e incessante.
Le collane, come strumento duplice di affermazione personale ed esaltazione attraente
ed estensiva associata alla corporeità e al genere femminile, incarnano una dimensione
oggettuale del corpo esposto allo sguardo. L’artista, nella ripetizione ipnotica dell’azione che accumula gioielli, si pone come sedimento di femminilità concomitanti e coincidenti che attraversano epoche, culture, assoggettamenti, portando il peso di una estetica cliché oggettivante.
Nel video, in una chiara ispirazione al dipinto di Caravaggio raffigurante la Maddalena penitente, la natura morta di monili e gemme dell’opera tardo cinquecentesca viene rivolta come protagonista, principio e sintesi oltre la vanitas, tra liberazione ed evidenza di un giogo sociale gravoso.
Nella videoperformance Àlzati, Prendi il Tuo Letto e Va’ a Casa Tua nei girali d’edera che percorrono la cornice musiva e circondano il capo dell’artista intenta alla meditazione, lo sfondo diviene tassello narrativo avvolto da un silenzio sostenuto che ripercorre tracce mnestiche di radici culturali innestate in coordinate dimensionali dove si pone in raccoglimento il corpo dell’artista.
Nella ripresa di una fraseologia religiosa ricorrente, il titolo riflette e rimanda in chiave ironica ad un contesto discriminativo dell’alterità al quale l’artista ambivalentemente risponde con una proiezione assimilativa di una identità policulturale e al contempo con una astrazione cosciente che attraversa la memoria, lo stato contemplativo libero, oltre i confini spaziali e temporali.
Nell’equilibrio imperturbabile che accompagna la videoperformance, corpo e sfondo si uniscono in una continuità che esclude la parola, divenuta corpo fisico, inteso come materia di composizione e integrazione delle diversità culturali, processo introiettivo e inclusivo di una estraneità che si integra nella cornice prospettica di un fondale aperto ed estensivo.
In un percorso che unisce e attraversa il luogo, l’atto performativo, lo spazio reale della corporeità ricreato nella riproduzione digitale e vissuto nella interazione con il fruitore, il corpo è sfondo e accento riflessivo dell’azione, materia prima di simbologie, oggetto sociale e culturale che l’artista pone come indagine percettiva ed entità permeabile alle tracce collettive, relazionali e d’identità.
In una indagine tra dinamiche familiari, declinazioni identitarie, ruoli femminili, processi di
integrazione ed estraneazione, la mostra Piccola Natura Morta di Anica Huck, nella
fragilità e instabilità della percezione e costruzione individuale, si articola come un
componimento in tre tempi, dove la ritualità reifica forme sociali e culturali in una
dimensione processuale, analitica, destrutturante.
Nella live performance Family Tree l’artista, lungo i segni di uno schema genealogico
appartenente all’archivio del bisnonno e risalente al regime nazista tedesco degli anni
’30, interrompe e destruttura la continuità e la persistenza dello stampo ordinativo
ideologico e sociale, delineato nel certificato ariano, mangiando le linearità dell’apparato
di controllo nell’orizzontalità delle radici familiari, distruggendo e al contempo
introiettando la mappatura di un vincolo parentale a volte oppressivo, di una memoria
feroce formulata in una asettica procedura modulare.
Un atto nutritivo si traspone in una azione estirpatrice della permanenza dell'oggetto,
delle sue ombre semantiche, di una storia oppressiva che non si disperde, ma viene
inghiottita ed elaborata come cibo avvelenato, come forma luttuosa e violenta, esaurita,
compresa e alienata nella sua disgregazione.
Il gesto, l’evidenza della parola scritta e la processualità dell’atto costituiscono un
sistema simbolico che si sviluppa oltre il racconto, rivolgendo l’attenzione sull’aspetto
testimoniale affidato all’osservatore, sull’azione volitiva portata sulla materia
documentale ed emotiva, sulla linearità genitoriale interrotta, scissa da una specifica
soggettività, elaborazione di una possibile rottura del vincolo affettivo che segue le
inclinazioni sociali.
Nella videoperformance Piccola Natura Morta il ruolo femminile nella dialettica
personale, sociale e culturale viene analizzato attraverso l’atto di indossare i propri
monili, in una sovrapposizione continua e incessante.
Le collane, come strumento duplice di affermazione personale ed esaltazione attraente
ed estensiva associata alla corporeità e al genere femminile, incarnano una dimensione
oggettuale del corpo esposto allo sguardo. L’artista, nella ripetizione ipnotica dell’azione che accumula gioielli, si pone come sedimento di femminilità concomitanti e coincidenti che attraversano epoche, culture, assoggettamenti, portando il peso di una estetica cliché oggettivante.
Nel video, in una chiara ispirazione al dipinto di Caravaggio raffigurante la Maddalena penitente, la natura morta di monili e gemme dell’opera tardo cinquecentesca viene rivolta come protagonista, principio e sintesi oltre la vanitas, tra liberazione ed evidenza di un giogo sociale gravoso.
Nella videoperformance Àlzati, Prendi il Tuo Letto e Va’ a Casa Tua nei girali d’edera che percorrono la cornice musiva e circondano il capo dell’artista intenta alla meditazione, lo sfondo diviene tassello narrativo avvolto da un silenzio sostenuto che ripercorre tracce mnestiche di radici culturali innestate in coordinate dimensionali dove si pone in raccoglimento il corpo dell’artista.
Nella ripresa di una fraseologia religiosa ricorrente, il titolo riflette e rimanda in chiave ironica ad un contesto discriminativo dell’alterità al quale l’artista ambivalentemente risponde con una proiezione assimilativa di una identità policulturale e al contempo con una astrazione cosciente che attraversa la memoria, lo stato contemplativo libero, oltre i confini spaziali e temporali.
Nell’equilibrio imperturbabile che accompagna la videoperformance, corpo e sfondo si uniscono in una continuità che esclude la parola, divenuta corpo fisico, inteso come materia di composizione e integrazione delle diversità culturali, processo introiettivo e inclusivo di una estraneità che si integra nella cornice prospettica di un fondale aperto ed estensivo.
In un percorso che unisce e attraversa il luogo, l’atto performativo, lo spazio reale della corporeità ricreato nella riproduzione digitale e vissuto nella interazione con il fruitore, il corpo è sfondo e accento riflessivo dell’azione, materia prima di simbologie, oggetto sociale e culturale che l’artista pone come indagine percettiva ed entità permeabile alle tracce collettive, relazionali e d’identità.