opera
QUELLA COSA CHE NON C’È (FUOCO O CENERE)
categoria | Installazione |
soggetto | Natura, Bellezza, Architettura |
tags | |
base | 288 cm |
altezza | 330 cm |
profondità | 50 cm |
anno | 2017 |
Installazione, assemblaggio di immagine fotografica stampata su organza e materiali vari.
Nell’installazione “Quella” - la determinatezza dell’aggettivo si contrappone alla indeterminatezza del sostantivo - “cosa”. L’indeterminatezza sta nel fatto che non può esserci fuoco o cenere nello stesso momento, o c’è l’uno o c’è l’altra. Nella lingua italiana l’uso del termine “cosa” è talmente ampio da sostituire molti sostantivi, espressioni intere e modi di dire. “Quella cosa che non c’è” è un essere, un avvenimento, un oggetto, un fatto, un fenomeno, una realtà, ma al tempo stesso è un’entità astratta, mentale, senza contorno, vaga. I vari elementi si muovono tutti sul sottile confine tra queste due modalità d’essere di “quella cosa”, nella ricerca di appigli per costruzioni fragili, effimere, virtuali (il velo, il video, lo specchio, il fuoco e la cenere). “Quella cosa che non c’è” si pone come un dispositivo per restituire all’osservatore il mondo, fingendo, allestendo una realtà virtuale, evocando mediante “le cose”. La parola “cosa” deriva dal latino “causa”, che attraverso il senso di “affare” sostituisce “res”. “Cosa” starebbe per la presenza di un’entità, materiale o astratta, che sta in mezzo a due o più persone, come se le cose per loro natura avessero la qualità di stabilire relazioni tra gli esseri umani. Il dialogo che intercorre tra noi e le cose che ci circondano è solo apparentemente muto e si compone a nostra insaputa. Le cose sono sempre “tra noi”, anche quando pensiamo di essere soli, le cose fanno da “tramite” e quando “non ci sono” la loro assenza diviene pesante. Le cose costituiscono il supporto delle nostre passioni ed emozioni. Gli oggetti evocano, provocano stati d’animo, storie, trame, relazioni; sono il supporto della nostra vita affettiva. È inevitabile: aderiamo al mondo e alle cose. E infatti le cose e quindi i vari dispositivi del progetto consentono di non restare distanti, di stabilire una relazione con gli altri osservatori e con il luogo e tutto quanto lo concerne: presenze e fatti passati e presenti. Questo è il filo conduttore di “Quella cosa che non c’è (Fuoco o Cenere), che continua attraverso e per mezzo dell’opera “Relianza”. Un lenzuolo dal celtico lin o lint - lino e celu - coprire, velare e uno specchio che ha come caratteristica principale ed opposta quella di mostrare e riflettere. Una identità celata dal lenzuolo ed uno specchio che rimanda un fascio di luce verso l’osservatore che potrebbe ipoteticamente riflettersi in esso. Un gioco di identità, celate e/o espresse, tra l’artista e lo spettatore che con l’opera si identifica. Questa relazione è detta la relianza: “lo stato di tutti gli esseri che sono connessi, collegati tra loro, in un rapporto di interdipendenza”, la relianza è “l’essere intessuti di relazioni al proprio interno e al tempo stesso con l’ambiente”. Cosa meglio di un tessuto - il velo d’organza, che Federica utilizza costantemente nelle sue opere - composto da trama e ordito, può simboleggiare la relianza con le connessioni e i collegamenti tra gli individui e il luogo? Il movimento dell’osservatore verso l’opera implica di conseguenza l’inevitabile legame tra l’opera e il contesto in cui o per cui è realizzata o inserita. Attorno alle cose converge l’attenzione di tutti gli osservatori, come i convenuti a veglia attorno ad un fuoco, che forse ora è diventato cenere. Non è un fuoco che distrugge, è un fuoco che comunque crea qualcosa diventando cenere.
Nell’installazione “Quella” - la determinatezza dell’aggettivo si contrappone alla indeterminatezza del sostantivo - “cosa”. L’indeterminatezza sta nel fatto che non può esserci fuoco o cenere nello stesso momento, o c’è l’uno o c’è l’altra. Nella lingua italiana l’uso del termine “cosa” è talmente ampio da sostituire molti sostantivi, espressioni intere e modi di dire. “Quella cosa che non c’è” è un essere, un avvenimento, un oggetto, un fatto, un fenomeno, una realtà, ma al tempo stesso è un’entità astratta, mentale, senza contorno, vaga. I vari elementi si muovono tutti sul sottile confine tra queste due modalità d’essere di “quella cosa”, nella ricerca di appigli per costruzioni fragili, effimere, virtuali (il velo, il video, lo specchio, il fuoco e la cenere). “Quella cosa che non c’è” si pone come un dispositivo per restituire all’osservatore il mondo, fingendo, allestendo una realtà virtuale, evocando mediante “le cose”. La parola “cosa” deriva dal latino “causa”, che attraverso il senso di “affare” sostituisce “res”. “Cosa” starebbe per la presenza di un’entità, materiale o astratta, che sta in mezzo a due o più persone, come se le cose per loro natura avessero la qualità di stabilire relazioni tra gli esseri umani. Il dialogo che intercorre tra noi e le cose che ci circondano è solo apparentemente muto e si compone a nostra insaputa. Le cose sono sempre “tra noi”, anche quando pensiamo di essere soli, le cose fanno da “tramite” e quando “non ci sono” la loro assenza diviene pesante. Le cose costituiscono il supporto delle nostre passioni ed emozioni. Gli oggetti evocano, provocano stati d’animo, storie, trame, relazioni; sono il supporto della nostra vita affettiva. È inevitabile: aderiamo al mondo e alle cose. E infatti le cose e quindi i vari dispositivi del progetto consentono di non restare distanti, di stabilire una relazione con gli altri osservatori e con il luogo e tutto quanto lo concerne: presenze e fatti passati e presenti. Questo è il filo conduttore di “Quella cosa che non c’è (Fuoco o Cenere), che continua attraverso e per mezzo dell’opera “Relianza”. Un lenzuolo dal celtico lin o lint - lino e celu - coprire, velare e uno specchio che ha come caratteristica principale ed opposta quella di mostrare e riflettere. Una identità celata dal lenzuolo ed uno specchio che rimanda un fascio di luce verso l’osservatore che potrebbe ipoteticamente riflettersi in esso. Un gioco di identità, celate e/o espresse, tra l’artista e lo spettatore che con l’opera si identifica. Questa relazione è detta la relianza: “lo stato di tutti gli esseri che sono connessi, collegati tra loro, in un rapporto di interdipendenza”, la relianza è “l’essere intessuti di relazioni al proprio interno e al tempo stesso con l’ambiente”. Cosa meglio di un tessuto - il velo d’organza, che Federica utilizza costantemente nelle sue opere - composto da trama e ordito, può simboleggiare la relianza con le connessioni e i collegamenti tra gli individui e il luogo? Il movimento dell’osservatore verso l’opera implica di conseguenza l’inevitabile legame tra l’opera e il contesto in cui o per cui è realizzata o inserita. Attorno alle cose converge l’attenzione di tutti gli osservatori, come i convenuti a veglia attorno ad un fuoco, che forse ora è diventato cenere. Non è un fuoco che distrugge, è un fuoco che comunque crea qualcosa diventando cenere.