opera
Spazio
categoria | Installazione |
soggetto | Viaggi, Paesaggio, Architettura |
tags | inside, installation, asphalt, room floor, carpet, space, road marking, landscape, memories, family, journey, overlap, outside, world |
base | 300 cm |
altezza | 380 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2022 |
bitume, asfalto, cemento, sabbia e vernice stradale bianca su feltro da imbianchino, 11,5 metri quadri
Il mio attuale studio coincide con l’appartamento, al primo piano di un complesso condominiale degli anni sessanta, nella prima periferia ovest di Bologna, in cui ho vissuto con mia madre dai 12 anni fino alla sua scomparsa e in seguito fino al 2012. Due anni fa decisi di trasformarlo in spazio di lavoro, partendo proprio dall’ex camera da letto di mia madre, attraverso la realizzazione della pavimentazione in asfalto.
La stanza senza porta si trova sulla destra alla fine di un corto corridoio. Il pavimento già dalla soglia diffonde un tenue, ma caratteristico odore e una linea bianca di carreggiata corre parallela alla parete di sinistra ove spicca un enorme vecchio guardaroba, che contribuisce ad accentuare il contrasto e il senso di straniamento. Spazio è il nome dell’intervento, di fatto un tappeto di circa 11,5 metri quadri per oltre 200 Kg di peso, che semplicemente ricopre e mi piace pensare anche protegge, il marmo originale. Dunque una porzione a grandezza naturale del mio spazio di movimento preferito riportata, ricostruita, inglobata all’interno di un altro spazio ex-familiare ora di lavoro.
Perciò Spazio è insieme dentro e fuori. Un dentro che è casa, famiglia, ricordo, rifugio, sicurezza e un fuori che è letteralmente un pezzo di mondo. Familiare sì, ma di recente acquisizione. Sintesi del mio dunque (non torre, piuttosto strada d’appartamento; non d’avorio, piuttosto d’asfalto, bitume, pittura stradale, acrilica e oro), ben custodito, celato dall’ordinario aspetto di un edificio residenziale di nessun particolare pregio ai margini della città.
Il mio attuale studio coincide con l’appartamento, al primo piano di un complesso condominiale degli anni sessanta, nella prima periferia ovest di Bologna, in cui ho vissuto con mia madre dai 12 anni fino alla sua scomparsa e in seguito fino al 2012. Due anni fa decisi di trasformarlo in spazio di lavoro, partendo proprio dall’ex camera da letto di mia madre, attraverso la realizzazione della pavimentazione in asfalto.
La stanza senza porta si trova sulla destra alla fine di un corto corridoio. Il pavimento già dalla soglia diffonde un tenue, ma caratteristico odore e una linea bianca di carreggiata corre parallela alla parete di sinistra ove spicca un enorme vecchio guardaroba, che contribuisce ad accentuare il contrasto e il senso di straniamento. Spazio è il nome dell’intervento, di fatto un tappeto di circa 11,5 metri quadri per oltre 200 Kg di peso, che semplicemente ricopre e mi piace pensare anche protegge, il marmo originale. Dunque una porzione a grandezza naturale del mio spazio di movimento preferito riportata, ricostruita, inglobata all’interno di un altro spazio ex-familiare ora di lavoro.
Perciò Spazio è insieme dentro e fuori. Un dentro che è casa, famiglia, ricordo, rifugio, sicurezza e un fuori che è letteralmente un pezzo di mondo. Familiare sì, ma di recente acquisizione. Sintesi del mio dunque (non torre, piuttosto strada d’appartamento; non d’avorio, piuttosto d’asfalto, bitume, pittura stradale, acrilica e oro), ben custodito, celato dall’ordinario aspetto di un edificio residenziale di nessun particolare pregio ai margini della città.