TESI – TRA LE ATTESE

opera
TESI – TRA LE ATTESE
TESI – TRA LE ATTESE
categoria Installazione
soggetto Natura, Figura umana
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base 160 cm
altezza 102 cm
profondità 5 cm
anno 2018
Assemblaggio di immagine fotografica rielaborata digitalmente stampata su stoffa e organza, supporto di legno. 2 elementi 102x77x5 cm ciascuno.

“Dall’immagine tesa
vigilo l’istante
con imminenza di attesa –
e non aspetto nessuno.”

Clemente Rebora, (1885 – 1957), presbitero, poeta e insegnante.

L’attesa è quello spazio/tempo prima che accada qualcosa, un evento, al quale etimologicamente siamo rivolti, su di esso siamo concentrati - tesi -. Secondi, metri, minuti, chilometri, indifferentemente dall’entità, l’attesa è solo apparentemente uno spazio/tempo vuoto e immobile. Foneticamente, nella sua pronuncia, la parola attesa rappresenta perfettamente il suo significato e può essere contratta o prolungata a piacere, come graficamente può essere spezzata o assemblata. L’attesa è quella tensione, quella carica, quell’energia, non necessariamente consapevole, che in chi la sa riconoscere, convoglia la forza necessaria al compimento dell’azione e ad attivare - volontariamente - l’attesa stessa. Nell’attesa infatti, qualcosa si sta compiendo, in modo ineluttabile, in un senso o nell’altro, determinando la riuscita o meno di ciò che si attende. Fino a che l’attesa non si è compiuta tutto può accadere. Nell’attesa si può decidere di cambiare obiettivo o modalità di raggiungimento dello stesso e tutto questo è determinato dalla volontà del soggetto, contemporaneamente l’attesa è soggetta al cambiamento dovuto ad agenti esterni incontrollabili. L’attesa non ha verso. L’attesa non è utile o necessaria, l’attesa comunque non è mai vana. L’attesa è imprescindibile. Conclusa un’attesa immediatamente e inesorabilmente ne inizia un’altra. Siamo tutti in attesa. Si nasce da un’attesa, tutta la nostra vita è un’attesa, siamo in costante - più o meno evidente - movimento tra le attese, - tesi - tra le attese. L’attesa non è mai facile, come ci insegna Machiavelli, ma per chi non riesce ad apprezzarla in questi termini, ci sarà sofferenza, insoddisfazione, delusione, passività nel subire - volontariamente - l’attesa, senza sfruttarne la forza propulsiva. Theodor Kröger afferma che chi non impara l’attesa, inevitabilmente muore. Come nella vita e nell’arte in generale, l’attesa è insita anche nel percorso di Federica. Nel suo studio “InCUBOAzione”, le opere aspettano il momento giusto per manifestare i propri sintomi. “Incubazióne”, infatti, nella storia delle religioni, sta a significare l’uso di dormire in un santuario in attesa di ricevere, nel sogno, rivelazioni divine. L’attesa è lo spazio/tempo di comprensione dell’opera. L’attesa è quello spazio/tempo che si interpone tra chi osserva l’opera e il velo d’organza. L’attesa è lo spazio/tempo della visione dell’opera prima che si oltrepassi il velo. Un velo che ogni volta mostra, racconta qualcosa di diverso, ma che allo stesso tempo impone uno slancio - frutto dell’energia contenuta nell’attesa - agli osservatori che vogliono scoprire cosa vi si cela dietro. Come scrive Søren Kierkegaard: “Che cos'è l'attesa? Una freccia che vola e che resta conficcata nel bersaglio. Che cos'è la sua realizzazione? Una freccia che oltrepassa il bersaglio”, oltrepassare il velo, oltrepassare ogni stratificazione materiale e di significato di cui è composta l’opera, è compiere l’attesa, una dopo l’altra, così che non possa mai dirsi completamente esaurita la lettura. Il senso dell'opera d'arte, è nella stratificazione di trasparenze: la “densità” di un'opera deve consentire di intravedere quanto è oggetto della rappresentazione – dell’attesa. L’attesa è uno strale che può procedere in entrambe le direzioni. Prendendo spunto dalla filosofia di Democrito e successivamente di Epicuro si potrebbe affermare che nell’attesa le sensazioni, attraverso le quali l’osservatore coglie i dati sensibili, avvengono per mezzo del contatto diretto; flussi di atomi superficiali che partono dagli oggetti e ci colpiscono, colpiscono i nostri sensi, determinando e imprimendo in noi le immagini delle cose stesse e il compimento dell’attesa. Nell’attesa è la realtà stessa che si fa presente all’uomo. Il progetto si sviluppa come un breve percorso composto da opere diverse per forma, entità, tipologia di assemblaggio, installate a parete con una diramazione tridimensionale e video/sonora. Opere che contraddistinguono e identificano fortemente l'artista per l’utilizzo delle trasparenze e delle stratificazioni di immagini fotografiche, nuove tecnologie e oggetti, mediante l’utilizzo dell’organza, sempre al limite tra quelle discipline che solitamente relegano in compartimenti stagni le varie arti, coniugando suono, scultura, segno e fotografia. Opere che sarebbe meglio definire come parti di un tutto e che sviluppano in un crescendo la riflessione sull’attesa ed in particolare sull’attesa determinata dalle dinamiche tra osservatore ed opera. In un movimento che contraddistingue ogni sua ricerca, l'artista utilizza il dato, l’elemento particolare e personale per permettere l’analisi generale e condivisa. In questo caso, l’esperienza dell’attesa e il suo compimento nell’approccio all’opera d’arte, diviene riferimento, codice per decifrare, conoscere e interagire con il presente, con il mondo che ci circonda e oltre. L’attesa, l’attendere è rivolger l’animo a qualcosa, a qualcuno, prestare attenzione, ascoltare, dedicarsi, prendersi cura. L’attesa infatti prende forma attraverso un oggetto scultoreo tridimensionale: un’asta alle cui estremità sono poste due sfere, nella quale si proietta e materializza simbolicamente lo spazio/tempo. Le due estremità rappresentano, indistintamente e senza una gerarchia, i soggetti coinvolti, chi aspetta e l’evento atteso, l’osservatore e il velo, l’essere vivente e il mondo che lo circonda. L’asta è l’attesa stessa, il flusso di atomi trasmessi, l’energia, la tensione dell’attesa che scorre, corre da una estremità all’altra, da un’attesa all’altra, all’infinito. Ancora foneticamente e graficamente la parola attesa si sviluppa tra due estremi identici, tra i quali si inserisce “tes” - che richiama appunto “tesi”, da tendere, allontanare gli estremi l’uno dall’altro, tirando per quanto è possibile o opportuno, in modo che l’oggetto occupi per intero la lunghezza o la superficie di cui è capace - la variabilità dello spazio/tempo dell’attesa - e di conseguenza “Tesi - tra le attese”. Questa asta non è solo un elemento scultoreo, ma un determinante strumento di indagine, misurazione, comparazione e creazione dell’attesa, che si traduce e declina nelle varie opere. È un dialogo con lo spazio nella sovrapposizione di immagini fotografiche, una traccia negli assemblaggi su carta e infine suono, un suono che tende all’infinito, solo apparentemente monotono, ma estremamente vibrante come l’attesa.
artista
Federica Gonnelli
Artista, Firenze
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