opera
The Post-material archive 02
| categoria | Installazione |
| soggetto | Politico/Sociale, Paesaggio, Figura umana, Architettura, Animale |
| tags | installation, sculpture, post-human, body |
| base | 1000 cm |
| altezza | 500 cm |
| profondità | 750 cm |
| anno | 2025 |
The Post-material Archive 02 indaga le parentele tra esseri viventi e non, le interazioni fra specie e apparati produttivi, e le possibili configurazioni di futuri post-umani. La ricerca di Capucci considera la scultura non come mero esito formale o estetico, ma come pratica attiva, epistemica e pedagogica. Ispirandosi al realismo speculativo e al materialismo vitale, con particolare riferimento al pensiero di Donna Haraway, l'artista esplora la scultura quale strumento diffrattivo capace di riconfigurare le relazioni tra esseri
umani e materia complessa. In questa prospettiva, l'opera scultorea si configura come luogo di memoria, dispositivo per l'elaborazione del lutto e spazio di trasformazione attiva.
La nozione harawayana di Communities of Compost orienta l'indagine di Capucci sulla vitalità e sull'agenzia della materia organica, urbana e industriale, spostando l'attenzione dal risultato formale al processo relazionale che dissolve i confini tra corpo, spazio, specie e infrastrutture.
L'artista utilizza infatti la scultura come apparato capace di generare nuove narrazioni attraverso la stratificazione, l'interferenza e la metamorfosi dei materiali. Tale approccio trova espressione soprattutto nelle installazioni, concepite come ambienti multi-sensoriali ed ecosistemi in trasformazione. Queste composizioni
nascono dalla combinazione di elementi industriali, materiali organici e residui urbani raccolti nei territori attraversati quotidianamente dall'artista: scarti e frammenti che, attraverso processi di modellato scultoreo, assemblaggio, riattivazione e formatura, si configurano come nuove entità corporee ibride. In questo gesto di ricomposizione, l'opera diviene un dispositivo condiviso di memoria e rappresentazione contemporanea, capace di interrogare il modo in cui la nostra relazione attiva con la materia partecipa ai processi di
conoscenza e di costruzione della coscienza collettiva.
Capucci rivolge particolare attenzione all'agenzia dei materiali trascurati o dismessi, interrogando la loro capacità di stimolare consapevolezza, flessibilità cognitiva e responsabilità etica nei confronti delle questioni socio-economiche contemporanee. In questo secondo capitolo del progetto, l'artista invita il pubblico a sostare, ricordare e coltivare nuove forme di coesistenza: forme capaci di emergere e persistere anche fra le rovine del presente, ripensando le relazioni che legano corpi, infrastrutture e sistemi socio-economici attuali.
La produzione del progetto è stata generosamente sostenuta dal Danish Art Council, e le opere sono state concepite e prodotte all'interno dei laboratori di Thoravej 29, messo a disposizione da ArtHub Copenhagen, dove l'artista attualmente svolge la propria ricerca.
umani e materia complessa. In questa prospettiva, l'opera scultorea si configura come luogo di memoria, dispositivo per l'elaborazione del lutto e spazio di trasformazione attiva.
La nozione harawayana di Communities of Compost orienta l'indagine di Capucci sulla vitalità e sull'agenzia della materia organica, urbana e industriale, spostando l'attenzione dal risultato formale al processo relazionale che dissolve i confini tra corpo, spazio, specie e infrastrutture.
L'artista utilizza infatti la scultura come apparato capace di generare nuove narrazioni attraverso la stratificazione, l'interferenza e la metamorfosi dei materiali. Tale approccio trova espressione soprattutto nelle installazioni, concepite come ambienti multi-sensoriali ed ecosistemi in trasformazione. Queste composizioni
nascono dalla combinazione di elementi industriali, materiali organici e residui urbani raccolti nei territori attraversati quotidianamente dall'artista: scarti e frammenti che, attraverso processi di modellato scultoreo, assemblaggio, riattivazione e formatura, si configurano come nuove entità corporee ibride. In questo gesto di ricomposizione, l'opera diviene un dispositivo condiviso di memoria e rappresentazione contemporanea, capace di interrogare il modo in cui la nostra relazione attiva con la materia partecipa ai processi di
conoscenza e di costruzione della coscienza collettiva.
Capucci rivolge particolare attenzione all'agenzia dei materiali trascurati o dismessi, interrogando la loro capacità di stimolare consapevolezza, flessibilità cognitiva e responsabilità etica nei confronti delle questioni socio-economiche contemporanee. In questo secondo capitolo del progetto, l'artista invita il pubblico a sostare, ricordare e coltivare nuove forme di coesistenza: forme capaci di emergere e persistere anche fra le rovine del presente, ripensando le relazioni che legano corpi, infrastrutture e sistemi socio-economici attuali.
La produzione del progetto è stata generosamente sostenuta dal Danish Art Council, e le opere sono state concepite e prodotte all'interno dei laboratori di Thoravej 29, messo a disposizione da ArtHub Copenhagen, dove l'artista attualmente svolge la propria ricerca.











