opera
Zavorre
categoria | Installazione |
soggetto | Politico/Sociale, Figura umana, Architettura |
tags | transformation, trasformazione, light, peso e leggerezza, luce, alto e basso, weight and lightness, segreti, secrets, site specific installation |
base | 600 cm |
altezza | 400 cm |
profondità | 300 cm |
anno | 2012 |
ZAVORRE installazione site specific
testo di Mauro Zanchi
Zavorre è un’installazione monumentale, in dialogo con la struttura circolare dell’argano antico, con l’idea e la memoria del suo movimento, in una corrispondenza di rimandi evocativi tra tempo presente e passato. Lavorare con la sostanza dei pesi e delle zavorre lascia trasparire il grande desiderio di potere approdare alle terre della leggerezza, accettando di stare fuori luogo e fuori tempo. Stare in sospensione per frazioni di tempo o per periodi lunghi, lasciando scorrere il flusso del pensiero e contemporaneamente lasciare spazio alla non-azione, in equilibrio tra pragmatismo occidentale e filosofia taoista. Dove il Non-agire non è passività, bensì uno stato consapevole che ogni cosa è in perpetua mutazione, che il mondo diviene in termini dinamici e che l’inazione è necessaria per non contrastare lo sviluppo spontaneo della vita. Nel principio del Wu-wei palpita la scelta di non attuare nulla che possa in qualche modo contravvenire alla natura delle cose. Con questa prospettiva, l’artista pensa che la scelta di stare in “elevazione gravante” possa facilitare uno spontaneo processo evolutivo. In funzione anche di attivare una sottrazione di peso, attraverso una sospensione come desiderio: “Zavorre è un esperimento. La prova provata che la somma di peso più peso è uguale a leggerezza. Quindi per sentire la leggerezza bisogna essere pesanti e almeno in due? Forse prima bisogna essere pesanti, perché la leggerezza non è inconsistenza?”.
Luiselli crea macchine sospensorie della coscienza, per chi vorrebbe dirigersi verso l’alto, tendendo l’ascolto sulla “voce del vuoto sotto di noi che ci attira” (M. Kundera), per sentire la paura di cadere, la vertigine, l’emozione del brivido sublime, il richiamo ebbro verso la debolezza di lasciarsi andare, oltre i vincoli del peso, che sono altresì necessari. Il percorso immaginato da Luiselli segue la mobilità del pensiero. Lascia presagire la possibilità di un’elevazione, il segreto della leggerezza, ritrovati orizzonti, per guardare la realtà con gli occhi di qualcun altro e trovarvi riflessa la propria. Proprio come la rondine che svolge le sue narrazioni per il principe felice di Oscar Wilde, nel racconto di sempre nuove visioni, per chi non può più vedere, se non nell’immaginazione, la profondità di campo di un paesaggio ritrovato.
testo di Mauro Zanchi
Zavorre è un’installazione monumentale, in dialogo con la struttura circolare dell’argano antico, con l’idea e la memoria del suo movimento, in una corrispondenza di rimandi evocativi tra tempo presente e passato. Lavorare con la sostanza dei pesi e delle zavorre lascia trasparire il grande desiderio di potere approdare alle terre della leggerezza, accettando di stare fuori luogo e fuori tempo. Stare in sospensione per frazioni di tempo o per periodi lunghi, lasciando scorrere il flusso del pensiero e contemporaneamente lasciare spazio alla non-azione, in equilibrio tra pragmatismo occidentale e filosofia taoista. Dove il Non-agire non è passività, bensì uno stato consapevole che ogni cosa è in perpetua mutazione, che il mondo diviene in termini dinamici e che l’inazione è necessaria per non contrastare lo sviluppo spontaneo della vita. Nel principio del Wu-wei palpita la scelta di non attuare nulla che possa in qualche modo contravvenire alla natura delle cose. Con questa prospettiva, l’artista pensa che la scelta di stare in “elevazione gravante” possa facilitare uno spontaneo processo evolutivo. In funzione anche di attivare una sottrazione di peso, attraverso una sospensione come desiderio: “Zavorre è un esperimento. La prova provata che la somma di peso più peso è uguale a leggerezza. Quindi per sentire la leggerezza bisogna essere pesanti e almeno in due? Forse prima bisogna essere pesanti, perché la leggerezza non è inconsistenza?”.
Luiselli crea macchine sospensorie della coscienza, per chi vorrebbe dirigersi verso l’alto, tendendo l’ascolto sulla “voce del vuoto sotto di noi che ci attira” (M. Kundera), per sentire la paura di cadere, la vertigine, l’emozione del brivido sublime, il richiamo ebbro verso la debolezza di lasciarsi andare, oltre i vincoli del peso, che sono altresì necessari. Il percorso immaginato da Luiselli segue la mobilità del pensiero. Lascia presagire la possibilità di un’elevazione, il segreto della leggerezza, ritrovati orizzonti, per guardare la realtà con gli occhi di qualcun altro e trovarvi riflessa la propria. Proprio come la rondine che svolge le sue narrazioni per il principe felice di Oscar Wilde, nel racconto di sempre nuove visioni, per chi non può più vedere, se non nell’immaginazione, la profondità di campo di un paesaggio ritrovato.